Giuseppe? Per capirlo si deve guardarlo accanto a Maria
Giuseppe è una figura di uomo vero, l'uomo giusto, agli antipodi del modello di uomo oggi dominante (e assente). Va capito dentro un rapporto di amore, per questo va guardato accanto a Maria.
Caro direttore,
il 19 marzo è la festa di san Giuseppe. Dieci giorni fa tanto clamore per la festa della donna. Per par-condicio, perché non si fa lo stesso clamore per la festa dello “sposo” e del “padre”, la festa dell’uomo? È la “festa del papà”, lo ricordano gli alunni della scuola primaria con una poesia, un lavoretto…. Buona cosa insegnare la riconoscenza verso il papà!
Sfrutta la festa la pubblicità per ovvi motivi commerciali. Troppo poco per una società senza padri. San Giuseppe però non c’entra! Giuseppe, l’uomo giusto…. nessuno ha voglia di parlarne. Questa festa fa il paio con quella della Sacra Famiglia: silenzio. Non fa notizia parlare di un uomo umile, un carpentiere, un osservante della legge di Dio, un povero rifugiato politico che il potente perseguitava, lui e il suo bambino. Oggi l’uomo sale alla ribalta multimediatica per la sua performance fisica o la sua potenza economica, la sua condivisione del pensiero dominante, utero in affitto, nozze gay, eutanasia a pagamento.
La festa della donna ci ha servito su un piatto multimediale le lunghe (?) sfilate con i soliti slogan, i pugni chiusi, lo sciopero, le rivendicazioni ormai consunte per la parità e per ogni altro “diritto civile” concusso. E la chiamano festa.
Fra le tante realtà che la nostra cultura ha perso, barattandole con rivendicazione, lotte e orge, c’è lo spirito della festa. La matrice giudaico-cristiana che sta a fondamento della nascita dell’Europa ci fa da memoriale della festa. Festa di matrimonio: rituale, comunitario, solenne, gioioso, con canti e danze, abbondante nel vino: le nozze di Cana.
La festa di Pasqua a Gerusalemme: la festa della famiglia riunita attorno ad una mensa ben imbandita di ricche vivande, di calici alzati per le benedizioni rituali. Il padre, in questa festa, nutre i suoi figli passando loro la fede in Dio e il memoriale della loro salvezza. I figli, anche i più piccoli, sono parte integrante di questa veglia solenne, ascoltano e domandano, sono parte del rendimento di grazie “all’Altissimo – benedetto Egli sia – che ci liberò dai nostri oppressori”. C’è una unità così intima e profonda nella notte di Pasqua tra il corpo e lo spirito, tra il ricordo e l’attuazione reale del passaggio del Dio dei Padri, il cui braccio non si è raccorciato, che la dimensione di questa “mensa” della famiglia supera il tempo e la storia.
Giuseppe è l’uomo che in questa circostanza passa al figlio suo e di Maria la sostanza dell’umanità e della santità della storia del suo popolo, e indica al figlio l’attuazione in lui della promessa: la Nuova Alleanza si compie. Per questo Giuseppe, l’uomo del silenzio e dell’obbedienza, è il padre nella misura più nobile ed alta che mai abbia calpestato la polvere della terra.
Impossibile proporre oggi di dar credito ad un uomo la cui virilità è tanto vera quanto silenziosa e nascosta! Come conciliare quel vago aspetto ricercato dell’uomo richiesto oggi, che annota con precisione sistematica l’appuntamento con l’estetista e la palestra sul suo tablet?! Troppo inconciliabile, come modello esteriore, col casto e virile Giuseppe. Ma ancor peggio il raffronto morale e spirituale. Giuseppe è il povero che davanti al potente e corrotto Erode deve fuggire. Padre di un figlio che sarà vittima di intrighi, di ambizioni e opportunismi degli invasori romani, per tutti Pilato, rifiutato dal suo popolo, messo a morte fuori dalle mura della città. Non voglio pensare alle molte rappresentazioni stancamente false che ne hanno fatto un vecchio coi capelli bianchi, incongruente con le nozze celebrate con la giovane donna Maria di Nazareth.
Perché dicevo che la “festa della donna” è tutto tranne che una festa? La festa vera è gioia e accoglienza, è attesa dell’amico, è attesa del dono, è dimensione spirituale, condivisione di riconoscenza per tutto e per tutti. Non c’è spazio per la divisione, la condanna, l’inimicizia. L’uomo e la donna, voluti fin dal principio come amore fatto visibile, non possono essere nemici per essere felici!
Per questo non possiamo comprendere chi è l’uomo Giuseppe se non guardandolo accanto a Maria. Giuseppe, “lo sposo, colui che ama; la sposa, l’amata, colei che riceve l’amore per amare a sua volta” (Mulieris Dignitatem 29). “Di qui l’intuizione di una verità che sembra decidere in modo essenziale la questione della dignità della donna…. la dignità della donna viene misurata dall’ordine dell’amore che è essenzialmente ordine di giustizia e carità” (MD 29).
“L'uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt 19,8). Queste parole di Gesù le interpretiamo spesso solamente in funzione del matrimonio. Hanno anche una dimensione sociale. Nella divisione, nell’antagonismo, nella rivendicazione, nella insana richiesta di uguaglianza dei ruoli, sia in famiglia che nella società, c’è l’origine della incompletezza, della insoddisfazione e della divisione. Giuseppe, lo sposo di Maria, l’uomo giusto, il prescelto per dare il nome al Figlio di Dio: “lo chiamerai Gesù”. “Lo sposo è colui che ama, la sposa è colei che riceve il dono d’amore per amare a sua volta”, al di fuori di questo non c’è giustizia né prosperità.