Giuli, la nomina di mister Lgbt e il complesso del parvenu
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Spano ce l'ha fatta: cacciato per i finanziamenti ai circoli della prostituzione gay dopo le proteste della Meloni, entra come vice capo di gabinetto del neo ministro della Cultura Giuli, il cui pensiero neo pagano è chiaramente più vicino alla Sinistra che ad un ipotetico governo di Destra cattolica.
Non tragga in inganno la favolosa “supercazzola” che il neoministro della Cultura ha consegnato ai posteri nella sua prima uscita parlamentare in occasione della presentazione delle sue linee programmatiche: il problema rappresentato da Alessandro Giuli è di tipo politico e non culturale. Se i social da due giorni sono impazziti per la sconclusionata e incomprensibile citazione di Hegel sull’«ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale delineata dalla quarta rivoluzione globale» (bisognerebbe però che ci spiegasse quali sarebbero state per lui le altre tre, forse l’invenzione della ruota, del libro e del Var?), questo è niente se si pensa al fatto che il neo ministro ha appena fatto entrare al Collegio romano il già defenestrato direttore dell’Unar di cui Giorgia Meloni volle la testa, ottenendola, ai tempi della scandalosa erogazione di 55mila euro ad un collettore di associazioni che praticavano la prostituzione gay.
Lui, Francesco Spano, era in predicato di entrare nella squadra di Giuli che lo ha conosciuto al Maxxi di Roma e come avevamo scritto qualche tempo fa, la nomina sarebbe parsa piuttosto strana. Per non dire scandalosa: cacciato dall’Unar per le proteste di tutto il centrodestra e per manifesta inadeguatezza – la ministra Boschi non poté fare nulla per proteggerlo -, ritorna dalle parti di un incarico governativo proprio grazie ad un ministro targato Fratelli d’Italia. Se non è un problema politico, questo, che cosa è?
La nomina, effettivamente c’è stata. Francesco Spano, l’uomo dei soldi alle combriccole gaie con la scusa dell’antidiscriminazione, diventa così vicecapo di gabinetto di Giuli. Ne dà notizia il Foglio, quotidiano che Giuli ha frequentato per anni, scrivendoci sopra le sue altrettanto incomprensibili elucubrazioni neopagane (per farsi un'idea QUI e QUI). E che la nomina ci sia stata è certo, come la stessa Bussola ha potuto verificare, solo che non è stata ancora pubblicata quindi il quotidiano diretto da Claudio Cerasa deve averlo saputo da qualcuno davvero vicino al suo ex collaboratore. Chissà se non proprio lui.
E ad aggiungere benzina sul fuoco è il fatto, anticipato dal Messaggero - il primo a dare la notizia di Spano nell’inner circle “giulino” - che per Spano è già pronto un ruolo da Capo di gabinetto a gennaio, non appena Giuli si sbarazzerà – sembra – dell’attuale Francesco Giglioli, che il quotidiano romano si incarica di collegare alla vicenda Boccia-Sangiuliano, salvo però dimenticare che fu proprio lui a spiegare all’allora ministro che la cosa non si poteva fare.
Insomma, per i non addetti ai lavori potrebbe essere una notizia di poco conto, in fondo un capo di gabinetto non deve mica essere uno statista, ma si dà il caso che il ruolo del capo di gabinetto è centrale nella riforma di un ministero ancora pachidermico nelle strutture e nei ruoli. Dunque, più che un semplice funzionario, è il braccio operativo delle politiche del ministro, quindi del Governo. E Sangiuliano, la riforma l’aveva cominciata e pare proprio che non andasse a genio a quell’intellighentjia di sinistra, laicista, anticattolica e mondialista, che è sempre albergata al Collegio Romano e che nella decade di Franceschini aveva prosperato. La vicenda della commissione film lo dimostra.
Spano ha sempre ottenuto tutti i suoi incarichi grazie alla Sinistra (era stato anche consulente legale dell’allora ministro della famiglia Bonetti!) e grazie alla Destra oggi può far carriera. Mirabile sintesi del pensiero di Giuli, che ama sì Evola e i pensatori di una destra paganeggiante e molto poco cristiana, ma anche impazzisce per Gramsci, l’uomo dell’egemonia culturale ottenuta spodestando il pensiero cristiano che ha forgiato due millenni di storia. Quella cultura che Giuli l’altro giorno ha esaltato in un suo personale Pantheon che va da Pitagora a Dante, da Manzoni a Marconi. Ora, che cosa centri l’Alighieri, uomo medioevale del logos e della verticalità con l’orizzontalità ateistica gramsciana è un mistero. E non è un caso che nelle sue linee programmatiche Giuli abbia promesso tre grandi mostre: una su Pasolini, una sul samurai Mishima e una, appunto, su Gramsci. Se ne sentiva la mancanza, decisamente, soprattutto per essere ben sicuri che il ministero dopo l’infelice parentesi Sangiulianesca, è tornato saldamente nelle mani del pensiero laicista dominante e in definitiva di un pensiero che si fa anticattolico manifesto.
Ma questa è la cifra del senso di colpa che personaggi come Giuli devono scontare per farsi accettare, perennemente in bilico tra la loro appartenenza alla destra con tanto di tatuaggio impresso sulla pelle e il bisogno di essere digeriti da parvenu dalle intellighentjie di sinistra che rilasciano patenti di democraticità. Altro che rivoluzione all’insegna del Dio, Patria e Famiglia. Si cita Hegel, dunque fa largo uso del suo storicismo: la storia ha sempre ragione, dobbiamo solo capirla a posteriori. Fine della discussione.
Ricapitolando: un ministro dichiaratamente neo pagano (QUI un’interessante analisi del suo pensiero di Roberto De Mattei), che crede nella religione civile e che cita con la soddisfazione del laureando in Filosofia le ultime lezioni imparate a memoria (il messaggio dell’altro giorno era una incerta e zoppicante lettura dai toni interpretativi goffi di qualcosa di non suo che si spaccia per personale), che vuole farsi amare dai salotti della sinistra radical chic e che promuove ostinatamente funzionari di alto livello espressione di una cultura e di una politica diametralmente opposte a quella della maggioranza che lo ha messo lì.
E una maggioranza, quella di Centrodestra, alla quale evidentemente sta bene questo spoil system al contrario e che nella vicenda Giuli riflette la sua oggettiva incapacità di essere controcultura di un pensiero oggi dominante al quale va al traino scimmiottandone i paradigmi. E per questo uno come Spano va più che bene: viene dal mondo cattolico, di sinistra ed pure è vicino alla causa gay, espressione di quella lobby Lgbt che sa bene come infilare i suoi uomini nei posti che contano anche quando a comandare dovrebbero essere gli altri.
Non avrà avuto 30 e lode l’altro giorno a 48 anni suonati sostenendo l'ultimo esame per la tanto agognata laurea, però il neo ministro ha studiato bene la parte del cavallo di Troia.
In corsa per un posto al Ministero l'uomo dello scandalo gay-Unar
Secondo il Messaggero (non smentito) il neo ministro della Cultura Giuli ha pronto un incarico di rilievo per l'attuale segretario del Maxxi di Roma, Spano. Ma è lo stesso che il Centrodestra portò alle dimissioni, indignato dopo lo scandalo dei fondi Unar al sottobosco delle associazioni dedite alla prostituzione gay.
Unar nella bufera: l'ombra della prostituzione gay
Servizio delle Iene denuncia: l’Unar ha finanziato con 55mila euro un circolo gay in cui aleggia lo spettro della prostituzione. L'imbarazzo del direttore dell'ufficio che fa capo a Palazzo Chigi: "Verificheremo". Ma il sospetto è che lo stesso direttore sia socio del circolo finanziato. Lui abbozza qualche timida risposta, ma la vicenda è torbida. Se fosse confermato emergerebbe lo scandalo del finanziamento pubblico ad un circolo che pratica reati di natura sessuale.
Una fetida e costosa dark room di Stato
Dopo il servizio delle Iene si dimette il direttore Spano e la Boschi blocca i finanziamenti. Ma il caso delle dark room nei circoli affiliati all'associazione Andoss svela il vaso di pandora dell'ipocrisia di Stato che finanzia con la scusa della discriminaizone di gay e lesbiche un ingentissimo indotto dove circoli culturali mascherati si dedicano in realtà alla vita gay con dark room, promiscuità sessuale e saune di copertura. Un bel modo di usare i soldi pubblici che oggi è sotto gli occhi di tutti e che mostra lo squallore di un ufficio governativo che ha stanziato oltre 400mila euro per la causa omosessualista.
La politica nella dark room dell'ipocrisia
Se allo Stato va bene concedere soldi per orge e saune gay, lasciateci almeno dire che senza alcun criterio morale con cui giudicare la realtà, la politica resta intrappolata nella dark room dell'ipocrisia. Ecco perché a dimettersi doveva essere anche la Boschi. Ma non l'ha fatto: le lobby gay hanno bisogno di una madrina presentabile e cattolica.