Giudice riconosce utero in affitto
Lui e lui hanno un bimbo con l'utero in affitto negli Usa. Partono le pratiche per l'adozione ma la pandemia rallenta tutto. Allora un giudice di Milano ordina al comune di registrare il bimbo come figlio della coppia.
Lui italiano e lui americano hanno un bimbo con l'utero in affitto negli Usa e lì viene riconosciuto come figlio di entrambi. Ma il commune di Milano non concede il riconoscimento dato che da noi la pratica della maternità surrogata è vietata.
Ma nel 2020 la Corte costituzionale indica l’adozione in casi speciali come soluzione da adottare in queste ipotesi. Così i due iniziano la pratica dell’adozione ma la pandemia allunga i tempi. Ci pensa allora il Tribunale di Milano ad ordinare all’anagrafe comunale di trascrivere l’atto di nascita formatosi negli Usa che riconosce il bambino come figlio di entrambi. Il Tribunale dichiara che “la tutela legale [del minore] non può essere sospesa indefinitamente”. E inoltre occorre tutelare il “soggetto certamente “incolpevole”. Rispetto alle scelte operate da coloro che hanno contributo alla sua nascita”. Dunque per la prima volta un giudice riconosce indirettamente la pratica dell’utero in affitto.
Era scontato che prima o poi sarebbe avvenuto dato che da tempo i giudici hanno riconosciuto l’omogenitorialità o attraverso la stepchild adoption o tramite il riconoscimento degli atti di nascita avvenuti all’estero. Se dunque è legittimo riconoscere l’omogenitorialità tramite stepchild adoption perchè non riconoscerla anche quando si è formata tramite la pratica dell’utero in affitto? In caso contrario sarebbe irragionevole negare il riconoscimento della filiazione avvenuta all’estero.