Giornata per la vita, serve la chiarezza di sempre
Quando venne approvata la Legge 194 che legalizzava l'aborto, la Cei promulgava un decalogo per i cattolici, su come comportarsi in difesa della vita. La Giornata per la Vita venne indetta dai Vescovi nel 1978 quale risposta pastorale della Chiesa ad una legge dalle conseguenze mortifere. Adesso l'atteggiamento è molto cambiato. La parola "aborto" non compare neppure nei documenti. Ma servirebbe la chiarezza di sempre.
La Giornata per la Vita venne indetta dai Vescovi italiani nel lontano 1978 per la prima domenica di febbraio. Quest’anno il titolo mette in luce una grande donna, nonché grande santa, Madre Teresa di Calcutta: nella situazione poverissima vissuta dalla sua gente, ella non si allontanò mai dalla certezza che ogni creatura è dono di Dio ed operò per illuminare profeticamente sulle conseguenze universali di un genocidio che coinvolge tutta l’umanità.
Scriveva Madre Teresa nel ’92 al nostro Movimento per la Vita e a tutti gli amici italiani, a seguito della riapertura della “ruota degli esposti” o “cassonetto per la vita”: “Il bambino non nato – il feto umano – è un membro vivente della razza umana – come te e me – creato ad immagine e somiglianza di Dio – per grandissime cose – amare ed essere amato. Perciò non c’è più da scegliere una volta che il bambino è stato concepito. Una seconda vita – un altro essere umano – è già nel grembo della madre. Distruggere questa vita con l’aborto è omicidio, così come un qualunque altro omicidio, anzi peggio di ogni altro assassinio. Se il bambino non ancora nato dovesse morire per deliberata volontà della madre, che è colei che deve proteggere e nutrire quella vita, chi altri c’è da proteggere? Questa è la ragione per cui io chiamo i bambini non ancora nati “i più poveri tra i poveri”. Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo grembo, distruggere la carne della sua carne, vita della sua vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi? L’aborto è il più grande distruttore di pace oggi al mondo – il più grande distruttore d’amore”.
Quanto la Chiesa e i vescovi italiani, in particolare all’inizio, abbiano sempre coraggiosamente impegnato la loro opera pastorale per difendere la vita nascente dall’aborto, lo dimostra la lunga serie di messaggi che precedettero e seguirono immediatamente l’emanazione della legge sull’aborto:
* 18 dicembre 1975: dalla presidenza della CEI, viene emanato un comunicato: invito alla preghiera per la pace e in difesa della vita, il riferimento è all’imminente Natale e alla giornata mondiale per la pace.
*13 maggio 1977: giunge il messaggio dei vescovi italiani alle comunità cattoliche sul disegno di legge per la legalizzazione dell’aborto. Il cammino di approvazione della legge 194 si fa più spedito, altrettanto preoccupato è l’atteggiamento dei pastori.
* nella stessa data viene emesso il messaggio dei vescovi italiani ai senatori della Repubblica Italiana sul disegno di legge per la legalizzazione dell’aborto.
* 9 giugno 1978. A legge ormai approvata, l’episcopato italiano emana una Dichiarazione dopo la legge sull’aborto, una sorta di decalogo che vale la pena rileggere per intero:
“La legislazione statale sull’aborto, entrata in vigore il 6 giugno 1978, obbliga tutti a serie riflessioni.
1. Nessuna legge umana può mai sopprimere la legge divina,
2. Ogni creatura umana, fin dal suo concepimento nel grembo materno, ho diritto a nascere.
3. L’aborto volontario e procurato, ora consentito dalla legge italiana, è in aperto contrasto con la legge naturale scritta nel cuore dell’uomo ed espressa nel comandamento “non uccidere”.
4. Chiunque opera l’aborto, o vi coopera in modo diretto, anche con il solo consiglio, commette peccato gravissimo che grida vendetta al cospetto di Dio e offende i valori fondamentali della convivenza umana.
5. Il personale sanitario, medico e paramedico, ha il grave obbligo morale dell’obiezione di coscienza, che è prevista pure dall’art. 9 della legge in corso.
6. Il fedele che si macchia dell’ “abominevole delitto dell’aborto”, si esclude immediatamente esso stesso dalla comunione con la Chiesa ed è privato dei sacramenti.
7. Alla gestante in difficoltà si deve offrire l’aiuto effettivo della comprensione e dell’assistenza in famiglia e nella comunità cristiana, e in particolare nei consultori e nei centri di accoglienza ispirati a sani orientamenti morali.
8. Si impone con urgenza la necessità di un rinnovato impegno per l’educazione al rispetto della vita umana in ogni fase della sua esistenza, con il rifiuto di ogni forma di violenza morale, psicologica e fisica.
9. “Spetta alla coscienza dei laici, convenientemente formata” di adoperarsi senza posa, con tutti i mezzi legittimi e opportuni, per “iscrivere la legge divina nella vita della società terrena”.
10. E’ necessario ricordare che l’adesione alla volontà del Signore, anche quando comporta difficoltà, richiede il coraggio di una testimonianza fedele”.
Dunque è chiaro che la Giornata per la Vita è la risposta pastorale della Chiesa ad una legge dalle conseguenze mortifere: ogni aborto provoca certamente l’annientamento di un figlio, ma non meno grave è la conseguenza sulla madre, (e non parlo di conseguenze spirituali che certo non sono di minor gravità) ma di conseguenze fisiche, psichiche e sociali. Questo infatti abbiamo ampiamente dimostrato nell’ultimo nostro convegno dal titolo “Diritto all’aborto o diritto al consenso informato? – per una informazione corretta e aggiornata”.
Ora, dalla serie ininterrotta di messaggi a difesa della vita, ritaglio dalla lettera del 10 dicembre 1979 inviata ai membri della CEI dal Presidente della “Commissione per la famiglia” in preparazione alla Giornata per la Vita:
“Con concretezza e con seria preoccupazione pastorale, pare opportuno innanzitutto constatare come sia allarmante la situazione che si è determinata in seguito alla legge 194.
I dati attendibili danno le seguenti indicazioni: dal 6 giugno al 31 dicembre 1978, sono stati registrati 68.646 « aborti legali »; dal l° gennaio al 31 marzo 1979, ne sono stati registrati ben 44.942. Si contano così 19 aborti su ogni 100 nati vivi”.
Consideriamo i numeri attuali: al 31 dicembre 2015 siamo giunti a 5.729.709 bambini abortiti in Italia dalla promulgazione della legge 194 (dati del Ministero della Sanità). Queste cifre agghiaccianti ci dicono l’importanza e l’urgenza di una celebrazione della Giornata per la Vita, vivace e sapiente, che ci richiami tutti, cattolici e non. Ancor più se consideriamo la fecondazione medicalmente assistita che produce un numero incalcolabile di “aborti premeditati”.
Continua la Lettera della Commissione per la famiglia con dettagliati suggerimenti, non ultimo “chiedere ospitalità anche nelle cronache delle pagine locali dei grandi quotidiani”. Due cose mi preme mettere in luce: il linguaggio e i numeri. Si denunciano gli aborti legali senza mezzi termini, il linguaggio è più che chiaro. I numeri denunciano una situazione “reale”: c’è preoccupazione, davanti ai fatti si chiede di prendere coscienza e agire. Quanto ci aspetteremmo un linguaggio altrettanto reale oggi! Sentiamo invece parlare di “Sogno” … la parola “aborto” non compare più, pare che la Giornata per la Vita sia nata per inneggiare ai figli vivi, ai figli accolti, a quelli pretesi con ogni mezzo.
Riporto ancora qui dal Messaggio CEI del 3 febbraio 1985, si parla in primis ai cristiani ma ci si rivolge a tutti per il futuro del paese e dell’umanità: “ Si promuovono giustamente battaglie per diritti umani e civili autentici, ma se ne sostengono altri, che diritti umani non sono perché producono morte… Chiesa e cristiani possono e non vogliono rassegnarsi. Con rinnovata speranza e coraggio evangelico; essi ripropongono instancabilmente una cultura della vita, un annuncio gioioso, il “ vangelo della vita”… Occorre invertire la rotta: “ è il valore della vita che fonda, sostiene e costruisce la pace. Esso deve essere rispettato e coltivato senza alcun compromesso, come il valore primario su cui si edifica una autentica comunità degli uomini.” Esaminando molti messaggi degli anni dal 1979 al 2006 si evidenzia come la Chiesa sa coniugare la predicazione della “Buona Notizia” senza distogliere mai l’attenzione dalla storia degli uomini. Intangibile, sacra, inviolabile, sono gli aggettivi più utilizzati; dono e non diritto, apertura e non pretesa, sono ripetuti come adesione alla volontà di Dio amante della vita. I testi sono corroborati da citazioni bibliche, patristiche, magisteriali; moltissime volte, giustamente, è citata l’enciclica Evangelium Vitae al n. 85, dove Giovanni Paolo II propone alle nazioni una “Giornata per la vita”.
La concretezza e l’urgenza con cui la Commissione della Famiglia offre dettagliati suggerimenti per celebrare in modo chiaro e visibile la “Giornata per la vita” della Chiesa italiana è un bel ricordo. Un fatto emblematico capitato in questi giorni: telefona un anziano parroco molto dispiaciuto, chiedendo a noi del Movimento di Casale se possiamo fornirgli un manifesto per la Giornata, l’aveva messo da parte prendendolo da Avvenire ma ora non lo trova più. Per aiutarlo (poiché non ne abbiamo) chiediamo in Curia. Non se ne trovano. Noi possiamo offrirgli la nostra locandina ma … non è la stessa cosa. È vero! Questa è quasi un fatto privato, mentre il manifesto nazionale è un’altra cosa!!!
C’è poi un’altra compromissione che ha surclassato la Giornata per la Vita: il 5 febbraio è la “Giornata del malato”. In ogni bacheca delle nostre parrocchie campeggia la locandina nazionale. Non sarà che il malato è visibile, mentre il bambino non ancora nato non si vede? Né i manifesti nazionali evidenziano chi è il “non malato” che viene silenziosamente e asetticamente eliminato?! Noi sì abbiamo messo in locandina il concepito a tre mesi (tempo di aborto): è lui il grande misconosciuto!
Tutto questo mi fa pensare. La gravità della situazione italiana a seguito della legge 194 e della legge 40, dai vari pronunciamenti dei magistrati e della Corte di Cassazione, che hanno ormai fatto tornare a pieno titolo il “far west” tanto aborrito da chi sosteneva la necessità della legge “40”, credo sia innegabile. Perché dunque a tanto flagello non corrisponde un’ altrettanto autorevole e meditata parola dei vescovi? Perché negli ultimi anni la forma e la sostanza dei messaggi è inversamente proporzionale alla situazione reale?
*Movimento per la Vita di Casale Monferrato