Giornalismo o spionaggio? Una destabilizzazione politica
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Spacciare per giornalismo investigativo quelle che sono vere e proprie manovre di destabilizzazione del quadro politico è un grave atto di disonestà intellettuale. Il caso Perugia scuote la politica.
Quando in modo polemico si afferma che la Repubblica italiana è in realtà fondata sul ricatto e sullo spionaggio e non sui valori democratici si esagera di sicuro ma si coglie una tendenza diffusa e consolidata, quella di alcuni poteri deviati a costruire dossier contro personaggi in vista per influenzare il corso degli eventi e gli equilibri di potere.
Quanto sta emergendo dall’inchiesta di Perugia ha qualcosa di inquietante e svela trame oscure ancora tutte da chiarire ai danni di soggetti pubblici di primo piano, in prevalenza vicini al centrodestra, che sarebbero stati spiati dal finanziare Pasquale Striano, in servizio alla Procura nazionale antimafia, che avrebbe eseguito, stando alla Procura di Perugia, circa 800 accessi abusivi nelle banche dati. Una massiccia attività di dossieraggio della quale si sta occupando il procuratore perugino Raffaele Cantone. L’inchiesta si è allargata e non coinvolge più soltanto Striano ma una quindicina di persone, tra cui il sostituto procuratore antimafia, Antonio Laudati, in passato responsabile del servizio Sos (Segnalazione operazioni sospette), e otto giornalisti, tra cui tre del Domani (quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti), a cui viene contestato il concorso nell’attività abusiva.
E’ notizia di ieri che il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e quello di Perugia Raffaele Cantone hanno chiesto che venga valutata «con l'urgenza del caso» una loro audizione sulle vicende relative all'inchiesta sul presunto dossieraggio di esponenti politici e vip. I due magistrati hanno scritto al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, al presidente della Commissione parlamentare antimafia e a quello del Copasir per chiedere di rendere le informazioni relative al caso necessarie alle valutazioni riservate a ciascuna delle istituzioni. Oggi l'ufficio di presidenza della commissione Antimafia si riunirà per valutare questa richiesta di audizione.
Intanto, visto che tra i politici spiati ce ne sono molti leghisti, il Carroccio ha diffuso una nota per chiedere al Copasir di approfondire «la questione in dettaglio fino alla completa chiarezza sui fatti, a partire dalle audizioni dei vertici presenti e passati della Guardia di Finanza e dell'Antimafia». «Siamo di fronte a un attacco alla Repubblica e alla democrazia che coinvolge Magistratura, Guardia di Finanza e giornali di sinistra, col risultato che in più di un'occasione le Procure hanno aperto inchieste basandosi su presunti scoop nati da notizie costruite a tavolino sulla base di dati ottenuti illegalmente», si legge ancora nella nota leghista.
In effetti la Procura di Perugia dovrà verificare se la gran parte delle informazioni ottenute dal finanziere, tramite gli accessi abusivi alle banche dati in uso alla procura nazionale antimafia, avevano dei destinatari non ancora individuati e se siano state utilizzate. I magistrati guidati da Raffaele Cantone ipotizzano che quelle emerse siano state in gran parte utilizzate per attività giornalistica e altre fornite a un investigatore privato o utilizzate da Striano per fini personali. Dall'indagine è emerso che non esisterebbero veri e propri dossier su personalità istituzionali o politici e che Striano non ha ricevuto denaro per le informazioni.
E’ quanto ha sostenuto il quotidiano Domani per difendersi dalle accuse di spionaggio: «Nelle carte dell’inchiesta - affermano i vertici di quel giornale - non c'è traccia di invii delle ricerche effettuate da Striano di informazioni finanziarie, relative alle dichiarazioni dei redditi o ai conti bancari di politici e imprenditori, o segnalazioni di operazioni sospette, come paventato da alcuni giornali nazionali». Il Domani rivendica il diritto di pubblicare notizie «vere, che hanno dato che hanno dato parecchio fastidio ai governi di tutti i colori politici, incluso quello in carica, l'esecutivo di Giorgia Meloni».
A prescindere da come evolverà l’inchiesta, due riflessioni s’impongono. La prima è di natura politica. Fa specie registrare le critiche di certi ambienti di sinistra che in passato idolatravano Raffaele Cantone e che oggi gridano all’emergenza democratica a seguito dell’apertura dell’inchiesta. Diciamo che la denuncia del ministro della difesa, Guido Crosetto si è rivelata, col senno di poi, provvidenziale poichè ha scoperchiato un pentolone non da poco.
La seconda è che qualcuno confonde dolosamente il giornalismo d’inchiesta con lo spionaggio. Per fortuna sono due cose diverse. Il primo utilizza, nel rispetto della deontologia professionale, gli strumenti del diritto di cronaca per portare a conoscenza dell’opinione pubblica notizie di interesse sociale. Il secondo, che peraltro integra quasi sempre gli estremi di un reato, persegue finalità che nulla hanno a che fare con il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente. Spacciare dunque per giornalismo investigativo quelle che sono vere e proprie manovre di destabilizzazione del quadro politico è un grave atto di disonestà intellettuale che - c’è da augurarselo - l’inchiesta di Perugia dovrà smascherare e perseguire in maniera esemplare.