Ghetti Lgbt, l'ultima cosa di cui Milano ha bisogno
Il sindaco Sala è molto soddisfatto che nel 2020 si tenga proprio a Milano la convention mondiale sul “turismo LGBT” e vuole individuare zone della città da dedicare al mondo Lgbt. Creare ghetti è però l'ultima cosa di cui la città ha bisogno. Dall'altra parte, Fontana rifiuta il patrocinio al prossimo gay pride.
GRILLO CHE ELOGIA L'OZIO di Stefano Magni
Caro direttore,
pare che, finalmente, il sindaco di Milano Sala ed il governatore della Lombardia Fontana stiano polemizzando su questioni serie: quelle relative ai cosiddetti “diritti”. Il Sindaco, infatti, sembra molto soddisfatto che nel 2020 si tenga proprio a Milano la convention mondiale sul “turismo LGBT”: questo potrebbe anche far piacere ad un Sindaco, dal punto di vista dell’apporto economico che viene apportato alla città. Ma la cosa inquietante è che il Sindaco, con l’intera giunta comunale (almeno così pare), abbia auspicato, in vista di quell’evento, che Milano individui, in modo esplicito e pubblico, le zone della città dedicate quasi esclusivamente al mondo LGBT. Questa impostazione mi sembra aberrante e sottilmente razzista. Le donne e gli uomini con tendenze omosessuali sono persone e cittadini e non una specie di “panda” da proteggere o da vezzeggiare. Lo ha osservato il consigliere comunale Amicone ed ha perfettamente ragione.
Milano ha bisogno di tutto, tranne che nel suo territorio vengano creati dei veri e propri ghetti, i quali, tra l’altro, non gioverebbero neppure ad evitare le cosiddette “discriminazioni” nei confronti del mondo LGBT. Su questi tema specifico, tra l’altro, sarebbe anche l’ora di mettere in luce le forti discriminazioni che, proprio a Milano, vengono messe quotidianamente in atto nei confronti degli eterosessuali, soprattutto in certi settori lavorativi, come quello, ad esempio, della moda. Se Sala vuole mettersi su questa strada, allora, prima o poi egli dovrebbe pensare anche ad altre “riserve”, dedicate, magari, alle persone appartenenti alle diverse nazionalità presenti sul nostro territorio oppure alle diverse tendenze politiche dei cittadini oppure alle diverse tendenze religiose e così via. Invece che esempio di integrazione, Milano diverrebbe modello di settorializzazione divisiva della comunità cittadina. Spero che Sala e la sua giunta cessino di percorrere questa strada, che è dettata solo dal desiderio di compiacere in modo acritico al totalitarismo del “pensiero unico”. Mi pare, però, che Sala si sia messo definitivamente su questa cattiva strada: infatti, il 13 aprile la sua giunta ha approvato una delibera che tende ad attribuire il “patentino antifascista” a chi voglia chiedere la concessione di spazi o contributi comunali per svolgere attività culturali e sociali. Dietro le solite parole di circostanza, evidentemente, si nasconde il tentativo di uniformare il pensiero di tutti i cittadini e di tutte le associazioni al pensiero della attuale giunta. Insomma, mi pare che Sala sia sempre meno il sindaco di tutti , ma che voglia imporre a tutta la città una ideologia specifica e ben definita. A questo proposito, mi chiedo che cosa pensino tutti quei (tanti) cattolici che lo hanno votato e quei cattolici che si trovano nell’attuale giunta municipale e nell’attuale consiglio. Quando riusciranno a porsi un problema critico? Per ora, solo silenzio.
Dall’altra parte, ho scritto all’inizio, c’è il presidente della Regione Fontana, il quale ha rifiutato di concedere il patrocinio al prossimo “gay-pride”, in quanto evento divisivo e spesso irridente verso i cittadini che non ne approvano le finalità. Fontana ha anche aggiunto che non avrà alcuna difficoltà a permettere che sulla parete del Pirellone appaia la scritta dedicata al “family day”. Come si vede, Fontana ha assunto una coraggiosa posizione politica e culturale contro l’attuale tsunami culturale, che sembra maggioritario sui grandi mezzi di comunicazione, ma che il popolo ha segnalato di non apprezzare in occasione delle elezioni del 4 marzo. Non mi pare che gli “esperti” ed i cosiddetti maestri del pensiero abbiano più il successo di una volta. Ed a questo proposito, penso che valga la pena fare una osservazione che mi sembra assente nelle varie analisi fatte in relazione all’ultima campagna elettorale. Mi pare che pochi abbiano notato come la Lega abbia cominciato a difendere alcune delle preoccupazioni culturali e sociali che molti cattolici hanno e manifestano pubblicamente. La Lega è aborrita da molti cattolici, ma comincia ad essere guardata con favore da altri cattolici. E’ un fenomeno a cui occorrerebbe fare più attenzione.
Caro direttore, mi pare che quest’ultima osservazione renda ancora più urgente approfondire un tema che ti ho già espresso in un’altra occasione: esso riguarda la necessità, vista la dispersione politica dei cattolici, di pensare ad un “luogo” in cui gli stessi cattolici possano verificare unitariamente i punti essenziali su cui svolgere il proprio impegno, malgrado la diversa appartenenza politica. Altrimenti, i politici cattolici saranno gli ultimi ad essere ancora divisi tra “destra” e “sinistra”, mentre il mondo sta andando da un’altra parte. La parte di Sala mi sembra sempre più fuori dal mondo.