Gesù sloggia, c'è il vaccino: la sala d'attesa è in chiesa
Prosegue la profanazione dei luoghi sacri nel nome del "dio" vaccino: il Santissimo Sacramento viene portato via e la chiesa dell'ospedale di Melzo diventa una funzionale sala d'attesa per la somministrazione dell'antidoto. Altre soluzioni più rispettose del sacro? Ovviamente sì, ma era troppo comodo approfittare del santuario dato che la Messa è sospesa causa Covid. Il messaggio che passa è quello di una Chiesa di Stato che mette in secondo piano la salvezza di Cristo per la sicurezza sanitaria.
-VOGLIONO ABITUARCI A VIVERE SENZA PASQUA di Stefano Fontana
Una sciura minuta e gentile ci viene incontro non appena varchiamo il portone: «Buongiorno, allora: igienizzatevi e passate la fronte sotto lo scanner. I moduli sono in fondo alla navata centrale, davanti all’altare. Compilateli e lasciateli sulla balaustra». Siamo a Melzo, all’ospedale Santa Maria delle Stelle. Più precisamente siamo nella cappella dell’ospedale, una chiesa vera e propria attigua al centro vaccinazioni del nosocomio della cittadina dell’hinterland milanese. È qui che la direzione sanitaria, d’accordo col cappellano del piccolo santuario, ha collocato la sala d’attesa dei pazienti prenotati per le vaccinazioni covid.
Dopo le vaccinazioni in chiesa a Mendicino, abbiamo ora una sala d’attesa in chiesa. Riscaldata, ampia, senza barriere architettoniche, comode sedie e una vista artistica sul crocifisso ligneo che sovrasta il presbiterio. Davvero c’è tutto quello che serve per una vaccinazione di massa, si direbbe. A parte il piccolo particolare che la porticina del tabernacolo è aperta e il Santissimo non c’è. Sloggiato, per permettere ai sanitari e ai volontari, come la gentile signora all’ingresso, di fare al meglio il proprio lavoro. D’altra parte, se non c’è neanche il Padrone di casa da pregare, cosa ci andate a fare in chiesa?
NIENTE MESSA
L’effetto è straniante: attualmente la facciata è interessata da restauro, ma nell’atrio un cartello fa già capire che c’è qualcosa di strano: Entrata Vaccino-Richiamo.
Una volta varcata la soglia, le sedie sono distanziate a più di due metri l’una dall’altra, ma le poche persone che sono sedute non stanno pregando: “No, guardi, non c’è la Messa – risponde un signore sull’ottantina scarsa -. Noi siamo qui per il vaccino”.
E la Messa? “Col covid è stata sospesa”, ci spiega un altro volontario in camice bianco. “Viene mantenuta soltanto al sabato, ma non si dice più durante la settimana perché ora la chiesa funge da sala d’attesa per le vaccinazioni”. In effetti: che bisogno c’è di dire Messa se adesso c’è il vaccino?
OSPEDALE DA CAMPO?
Volevano la chiesa ospedale da campo? Eccoli accontentati. Il clima è sereno. Sembra tutto normale e forse anche questo è un problema nel problema perché ormai non ci si rende neanche più conto che la chiesa è stata letteralmente presa in ostaggio per un’attività sanitaria che si potrebbe fare altrove e il Santissimo neanche tanto solennemente sloggiato per far posto ai moduli di AstraZeneca e Moderna.
Il volontario ci accompagna nell’insolito tour: “Vedete, una volta compilato il modulo, il paziente si accomoda e aspetta. Poi quando è il suo turno lo veniamo a prendere e lo accompagniamo al centro vaccinazioni che è proprio qui dopo questa porta”. Il centro vaccini è disposto su un quadrilatero di corridoi al centro del quale c’è un giardino. Chissà, forse anticamente era il chiostro del convento attiguo alla chiesa. Le sedie d’attesa sono vuote, mentre un lato è occupato da un pannello di legno cartonato che delimita il restauro del muro perimetrale della chiesa.
Stretto, effettivamente. Ma tale da giustificare un trasferimento della sala d’attesa in chiesa?
ABUSI E COMODITA'
La domanda non si pone nemmeno. «Il cappellano si è reso disponibile a mettere a disposizione la chiesa, che è proprio attigua, così come chiesto dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini». Per la verità, Delpini, come molti altri vescovi, ha detto altro: ha offerto ai medici di medicina generale l’utilizzo di locali di proprietà delle parrocchie per il tempo strettamente necessario e previo accordo siglato con l’avvocatura della Diocesi. Solo che la chiesa non è un semplice locale della parrocchia, ma un luogo di culto. Non capirlo, o far finta di non capirlo, potrebbe essere un abuso non solo liturgico, ma anche dell’accordo dei medici con la diocesi di cui evidentemente ci si vuole approfittare.
Ma per quale motivo? Probabilmente per comodità: il centro vaccini è proprio attiguo, lo spazio è grande. Insomma, perché no? Ecco il punto. Ormai la pandemia ha stravolto le nostre priorità, ribaltato i nostri criteri e messo in cima a tutto la salute del corpo, ma solo quella dal covid 19, mica da tutte le altre malattie.
DAL VIRUS NON CI SALVA DIO...
È giocoforza che, una volta appurato che la vaccinazione ha la priorità su tutto, ma proprio tutto, anche la salute spirituale, il culto a Dio, la fede popolare, beh è facile comprendere come possa passare serenamente in secondo piano. Le Messe? Non servono ora. La chiesa? Senza Messe è inutile, la prestiamo alla causa. Gesù? Per il momento si faccia più in là. Dalla pandemia non sarà certo Dio che vi farà uscire, ma si guarisce con l’antidoto. Deponete i vostri Rosari, lasciate le panche delle chiese a noi sanitari che sappiamo come usarle. Rozzo, d’accordo, ma il messaggio che si trasmette è questo.
La cosa potrebbe funzionare se Melzo fosse stata appena distrutta da una pattuglia di Stukas che avesse lasciato in piedi solo la chiesa. Ma stiamo parlando di un comune ricco, con palestre, chiuse, teatri, chiusi, e persino un palasport dove gioca la locale squadra di basket. Insomma, anche ammesso che il centro vaccinale di non abbia una capienza sufficiente a ospitare in sicurezza anti-assembramento cento vaccinati al giorno, che comunque arrivano tutti scaglionati e quindi spalmabili, si potrebbe ricorrere in emergenza ad altre strutture. O, alla peggio, chiedere alla Protezione civile una tensostruttura gonfiabile, tende da accampamento. Se ci dormono per giorni interi gli sfollati dopo i terremoti, può andare bene per un quarto d’ora di vaccinazione. Tutto troppo difficile, complicato, permessi, carte bollate, adeguamenti. C'è la chiesa, è così comodo.
CHIESA DI STATO
Per comodità, appunto. Ma anche perché ormai si è perso il senso di che cosa sia una chiesa. Luogo di culto o aula polivalente da adattare alla bisogna, alle emergenze del momento? Luogo senza più il senso del sacro, del trascendente, semplice luogo profanato utilizzato per un servizio, la Messa, che in quanto ormai servizio si può spostare, cancellare, rimandare, sospendere. Tanto non è questa la priorità.
Viene in mente il cardinal Robert Sarah nell’ultimo suo libro: «Insegnare ai cristiani a disprezzare il senso del sacro come una realtà secondaria significa privarli della pienezza dell’intimità con Dio». Non c’è bisogno di un lanciafiamme per insinuare la cultura del disprezzo. Bastano anche questi usi ambigui e svilenti, un po’ approfittatori, nel nome del comunitarismo di Paese, che nascondono però, ormai male, una Chiesa di Stato, la cui fisionomia è sempre più evidente.
Quando domani avremo una qualunque altra emergenza, i sindaci sanno dove andare. Forse per poter usare la chiesa per quello che è dovremmo avere un’emergenza di fede, una pandemia da carenza cronica di spiritualità. Eppure, sembra già in corso, ma si vede che non è stato ancora inventato il tampone che riesca a rivelarla alle autorità sanitarie (dello spirito).