Genitori sostenibili e decrescita infelice
Si moltiplicano le iniziative che ci invitano ad uno stile di vita più sobrio e a basso impatto ambientale. Per un'equa economia globale.
Da anni alcuni movimenti – anti produttivisti, anticonsumisti, ecologisti, anticapitalisti... – sostengono necessità e vantaggi di una riduzione delle attività economiche e inseguono l’obiettivo di un tasso di crescita negativo, da realizzarsi con stili di vita personali e scelte economiche globali che riducano consumi, sprechi energetici e inquinamento. Benché spesso la preoccupazione maggiore sembri essere quella di contenere a qualsiasi costo l’impatto della vita umana sull’ambiente naturale, molti teorici della decrescita affermano, e provano a dimostrare, che vivere con meno migliora la qualità della vita: ad esempio, se si producono nella cucina di casa yogurt e marmellate, più buoni, genuini e nutrienti, oltre al fatto che la loro fabbricazione domestica abbatte i consumi di energia e l’inquinamento ambientale, tanto più se si bada ad acquistare latte e frutta presso l’azienda agricola più vicina a casa.
La chiamano “decrescita felice” e in Italia hanno creato tra l’altro una Università del saper fare, con sedi in diverse città, che propone, ad esempio, corsi di lavoro a maglia, di autoproduzione di cestini intrecciati e materiali di recupero, di Scatolette porta regali, regali e biglietti di Natale ecologici, di Panificazione naturale, di cucito e rammendo, laboratori di autoproduzione di pasta, di compostaggio domestico sul balcone di casa, di fabbricazione di strumenti musicali con oggetti da riciclo e di autocostruzione di oggetti in paglia. A Roma, l’ateneo organizza tra l’altro incontri “per neo genitori sostenibili” intitolati "Gravidanza e maternità decrescenti e sostenibili”. Quello di Reggio Emilia ha svolto incontri su: "intonaci in terra cruda" e "creme autoprodotte".
Finora, però, le campagne per una “decrescita felice” non hanno avuto il successo sperato, anche se i mass media hanno dato loro molto spazio e se tanta gente a parole si dice convinta che i movimenti per la decrescita abbiano ragione: che si viveva meglio, in salute e serenità, quando si aveva di meno, che lavoriamo troppo per mantenere il livello di benessere raggiunto, che stiamo esaurendo le risorse del pianeta senza consentire alla natura di rigenerarsi...
Piace l’idea di una vita più semplice, poi però si continua a comprare lo yogurt industriale. D’altra parte chi si ingegna a seguire le regole di vita dei vari manifesti per la decrescita, magari si sente virtuoso, superiore alla massa irresponsabile e fatua e va a letto con la coscienza a posto, ma in termini di bilancio domestico – fattore tutt’altro che secondario per la felicità, comunque la si voglia declinare – sa bene di aver risolto poco, specialmente se ha scelto di ricorrere di preferenza a prodotti biologici ed equosolidali che sono più costosi degli altri anche quando sono reperibili nei supermercati. Per inciso, va detto che in realtà gli acquisti equosolidali, anche se si spera che aiutino i poveri, ormai non lasciano per niente tranquilla la coscienza di chi ha per missione la decrescita felice: innanzi tutto perché molti prodotti rientrano nella categoria dei consumi del tutto superflui che contrastano con i principi di volontaria semplicità – soprammobili, oggetti graziosi, manufatti apprezzabili ma privi di utilità – e poi, soprattutto, perché il loro trasporto incide in maniera catastrofica su consumi e inquinamento essendo che quasi tutti devono percorrere migliaia di chilometri per giungere sugli scaffali dei nostri negozi.
In verità, per quanto si risparmi in cibo, cosmetici, golfini e regali di Natale autoprodotti, a prosciugare lo stipendio e la pensione, e ormai anche i risparmi, sono affitti, tasse, riscaldamento ed energia elettrica, spostamenti indispensabili, mutui per la casa, ecc: tutte spese che, da quando la decrescita, che ci piacesse o meno, è arrivata davvero, sono aumentate o stanno per farlo.
Siamo in piena decrescita, tutt’altro che felice: e non per la nostra incapacità di adattarci a vivere con meno. La prima conseguenza del processo di decrescita in cui siamo coinvolti è che il nostro tempo e le nostre risorse intellettuali ed emotive sono in gran parte consumati dall’ansia, dalle preoccupazioni, dai conti e dalle previsioni di spesa fatti e rifatti, dalla paura di non farcela, dal rammarico per quel che non possiamo più fare e soprattutto per quel che non possiamo più dare ai nostri bambini – in termini di opportunità di istruzione e formazione, di meraviglie della natura e opere d’arte da visitare e godere, di spazi domestici ampi e confortevoli, di giochi e libri e tanto altro ancora.
Imparare gioiosamente, figli e genitori tutti insieme, a fare pasta, sciarpine e scatolette di Natale è uno svago, un lusso dei tempi migliori: quelli spensierati della crescita economica e dello sviluppo. Quando, pur facendo pane, cestini e marmellate in casa, i soldi mancano, la felicità è un ricordo che nella mente sfuma, sommerso da cartellini dei prezzi, bollette e preventivi.