Gender, l’assurda guerra agli “stereotipi” nei giocattoli
La Lego annuncia che eliminerà gli “stereotipi di genere” nei suoi mattoncini. La California vara una legge che impone ai grandi venditori di giocattoli di allestire uno spazio “neutro”. Segni di una battaglia paradossale che va avanti da tempo (già Obama la favoriva) e che ignora che le differenze tra i sessi esistono, per natura, anche nella scelta dei giochi.
A Natale mancano ancora oltre due mesi, ma sui regali più desiderati dai bambini - i giocattoli - si sta già scatenando una vera e propria battaglia, con interventi a vari livelli. In primo luogo, è uscita la notizia che la Lego, la celebre ditta produttrice dei mattoncini, eliminerà dai suoi prodotti gli «stereotipi di genere» bandendo la dicitura «per bambine», dopo che una ricerca ha rilevato come essa scoraggi i maschi a divertirsi con scatole descritte, appunto, come riservate all’altro sesso. Ma questo è niente.
Lo Stato della California è arrivato a varare una legge, firmata sabato 9 ottobre dal governatore Gavin Newsom, con cui, se da un lato (per il momento) ancora non si vietano le sezioni maschili e femminili, dall’altro viene imposto ai grandi venditori di giocattoli di allestire uno spazio d’esposizione separato e neutro rispetto al genere; tutto ciò, ça va sans dire, per contrastare gli «stereotipi di genere» in tenera età. Come se nella scelta dei giocattoli si celasse il seme del patriarcato e di chissà quali discriminazioni.
In realtà, la battaglia contro i giocattoli di genere dura da tempo. Nel dicembre 2014 fu Obama, in un evento pubblico a Washington, a dichiararsi contro gli «stereotipi di genere» nei giochi. Tale battaglia si può annoverare ormai tra i capisaldi dell’agenda progressista mondiale. Peccato che si tratti di una questione, nella migliore delle ipotesi, paradossale e inutile.
Iniziando con il lato paradossale, va notato come intervenire contro le bambole rosa o i camioncini blu, imponendo giochi neutri, sia un controsenso; se infatti gli «stereotipi di genere» sono un portato della cultura, lo è anche l’iniziativa di chi vi rema contro. In altre parole, si vuole contrastare un certo paradigma - quello basato sulla differenza tra i sessi - con un altro paradigma, quello egualitario e omologante. Ma allora lo si dica chiaro e tondo, senza spacciare come neutra una posizione assolutamente di parte.
Venendo all’inutilità della lotta contro i giocattoli sessualmente tipizzati, c’è un punto su cui varrebbe la pena soffermarsi: e se le bambole fossero davvero preferite dalle bambine e i camioncini dai bambini? Chiaro, porsi un simile dilemma oggi rappresenta una sorta d’eresia, di deliberata apologia del sessismo. Eppure la ricerca scientifica, che come noto non guarda in faccia nessuno, offre indicazioni che vanno precisamente in questa direzione. Numerosi, in proposito, gli studi che si possono ricordare. Per esempio, si può segnalare come già una trentina di anni fa dei ricercatori fecero un esperimento curioso: esaminati i giocattoli nelle camere di un certo numero di bambini, presero a suddividerli tra quelli regalati loro dai genitori e quelli, invece, che erano stati proprio i piccoli a richiedere. Risultato: i giocattoli maggiormente rappresentativi dei vituperati «stereotipi» erano quelli che non papà e mamma, bensì i figli, avevano scelto.
Analogamente, una metanalisi pubblicata nel 2018 sulla rivista Infant and Child Development ha concluso che «le differenze di genere nella scelta dei giocattoli esistono e sembrano essere il prodotto di forze sia sociali sia innate», evidenziando la probabilità che tale dimorfismo abbia «un’origine biologica». Ancora, differenze di genere sia nella scelta dei giocattoli sia nello stesso stile di gioco sono state osservate nei primati, i quali come noto non son certo bersaglio di alcun tipo di «stereotipo».
Questo vuol forse dire che un maschio non possa gradire giocatoli anche non tradizionalmente maschili o che le bambine siano per forza obbligate a giocare con le bambole? Certo che no. Ciascuno di noi, unico e irripetibile, ha pure nel gioco proprie specificità e inclinazioni, che è bene siano accettate. Ciò però non toglie come delle differenze tra i sessi, mediamente, esistano anche nel divertimento dell’infanzia, e come esse non siano affatto riconducibili a sole influenze educative esterne. Per questo, promuovere i giocattoli «neutri» altro non è che l’ennesimo e deprecabile esperimento gender.