Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Federico di Utrecht a cura di Ermes Dovico

GERMANIA

Gauck, il suo nuovo "scomodo" presidente

Pastore protestante già attivo negli spazi lasciati liberi dal regime nell'ex DDR, saggista, uomo di pensiero, ora è in politica. Le Sinistre lo detestano.

Attualità 14_03_2012
Joachim Gauck

 

Il prossimo presidente della Repubblica Federale Tedesca (l’elezione avverrà il 18 marzo) non sarà un uomo di partito, e neppure un carrierista. Joachim Gauck è piuttosto una personalità con un carisma ben definito e riconosciuto. Il pastore luterano originario di Rostock (24 gennaio 1940), già responsabile per ben dieci anni (1990-2000) dell’autorità federale istituita per l’elaborazione dei dati relativi all’attività del Ministero della Sicurezza della DDR (la famigerata “Stasi”), è uomo capace id convincere chi lo ascolta, non tanto perché buon oratore, piuttosto perché attento ad usare parole che raccontano l’esperienza.

E la sua è stata un’esperienza ricca e complessa. Figlio di un capitano della marina, suo padre venne mandato in un campo di prigionia in Siberia e poté tornare solo nel 1955, dopo un viaggio dell’allora cancelliere Konrad Adenauer a Mosca. Certo, anche per questo, nessuno potrà aspettarsi da Gauck una minimizzazione di ciò che sono stati il comunismo e i legami tra il Fronte Popolare e gli stalinisti: non è un caso che nel volume Il libro nero del comunismo sia stata affidata proprio a lui la redazione del capitolo relativo alla DDR.

Nel contesto della Germania comunista Gauck non apparteneva direttamente all’opposizione politica. Come predicatore e pastore d’anime riempiva piuttosto quegli spazi di libertà che il regime non riusciva a occupare. Nel 1989 si ritrovò subito alla guida di quel movimento dei diritti civili che rapidamente avrebbe portato all’apertura delle frontiere tedesco orientali e alla caduta del Muro di Berlino. Oggi Gauck (la sua candidatura alla presidenza della Repubblica ne è la dimostrazione) è una delle poche personalità protagoniste di quegli eventi che abbiano conservato o addirittura accresciuto il proprio carisma intellettuale e politico.

È indubbio che con la sua elezione il sistema politico tedesco dimostra una sorprendente flessibilità: per recuperare legittimità al cospetto dei suoi cittadini la classe politica ha deciso di affidarsi a una autorità esterna. In tanti dovranno digerire il rospo, ma in pochi riusciranno a fare di necessità virtù (tra questi di certo l’abilissima e spietata Merkel, che con la presidenza a Gauck si è pressoché assicurata la rielezione l’anno prossimo). Troppi sono infatti coloro che ragionano ancora secondo barriere ideologiche o confessionali. A sinistra s’è gridato allo scandalo quando, un paio d’anni fa, Gauck ha definito “coraggiose” (valutandole dunque positivamente) le prese di posizione del socialdemocratico Thilo Sarrazin sui limiti dell’integrazione in Germania, oppure quando ha definito “puerili” e “romanticherie” le manifestazioni del movimento Occupy. Tra i cattolici tedeschi c’è stato qualcuno che gli ha chiesto di fare chiarezza sulla sua situazione coniugale. Ma vi è stato anche chi ha sottolineato come il luterano Gauck sia più vicino a Benedetto XVI di quanto non lo fosse il suo predecessore. “Wulff  è cattolico, ma di quelli senza stile, la cui preoccupazione principale è servire lo spirito del tempo e fare carriera“, così ha risposto a una nostra specifica domanda il pubblicista di “Focus” Michael Klonovsky, autore di recente di un artico intitolato Viva Benedetto!. “Gauck invece”, ha aggiunto, “è un cristiano fervente, molto più vicino al Vaticano di molti protestanti sui generis presenti in questa nostra repubblica”. 

Il prossimo presidente è anche saggista, autore in particolare di significative riflessioni sulla libertà, in particolare sul rapporto tra persona e potere. “Se oggi parlo della libertà, il tema che mi è stato più caro nella vita”, ha detto il 5 giugno 2011 a Francoforte sul Meno ringraziando per il conferimento del premio Ludwig Börne, “non è per tornare su quanto accaduto nell’’89. Quella lotta per la libertà appartiene al passato. Allora noi oppositori (nella DDR, in Cecoslovacchia, in Polonia o in Ungheria) combattemmo per la libertà trovandoci in una condizione di schiavitù, oppressione e dispotismo. Combattemmo per la libertà da qualcosa, contro lo strapotere dello Stato, contro la limitazione della libertà personale – e adoravamo la libertà come un’irraggiante bellezza lontana. La libertà vissuta come nostalgia possedeva una forza attraente, era di una bellezza intatta. Ma libertà, intesa come un dato della realtà, non è solo felicità, ma anche disagio.” E qui Gauck dimostra la propria capacità di leggere il presente: “Ho dovuto conquistarmi la libertà per capire quanto sia dura la battaglia per la libertà lì dove la libertà c’è. […] Dobbiamo imparare a vedere che cosa accade una volta che quella viene conseguita, anzi soprattutto quando la si è guadagnata.”

Gauck, che non ha paura a definirsi “patriottico”, ha le idea molto chiare sul valore di ciò che è in questo momento la sua Germania: “La nostra nazione, che pure viene scossa regolarmente da attacchi di panico, farebbe bene a definire se stessa meno attraverso i propri limiti e le proprie mancanze e più attraverso le sue conquiste. Oggi esiste la sovranità del diritto, valgono i diritti umani e dei cittadini. Tanto più che tutto questo, con l’aggiunta di un inusuale benessere, esiste da più di sei decenni. In quale altra epoca la nazione ha vissuto ciò che sta vivendo una situazione del genere?”

Per tutto quanto detto è facile intendere il perché del “no” espresso dal partito Die Linke, costituito per lo più da comunisti o ex comunisti, alla nomina di Gauck alla presidenza della Repubblica. Ciò che ha lasciato più interdetti però non è stata tanto la candidatura offerta da questo partito a Beate Klarsfeld, quanto il fatto che la giornalista ex cacciatrice di nazisti abbia accettato senza battere ciglio. Vertice e base de Die Linke sono neppure troppo velatamente nostalgici del regime DDR e molti di loro sono stati collaboratori e sostenitori dell’illiberale sistema delatorio costruito intorno all’attività della polizia segreta, la Stasi. È dunque legittimo chiedersi se le battaglie della Klarsfeld contro i nazisti impuniti siano state fatte per amore della giustizia e della verità o piuttosto solo per attaccamento a una qualche bandiera. La decisione di porsi quale alternativa a Gauck lascia aperto più di un interrogativo.