Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
CONTINENTE NERO

Gabon, i militari prendono il controllo di un altro Paese africano

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Adesso tocca anche al Gabon: all'indomani delle elezioni (truccate), i militari hanno preso il potere con un golpe. Si tratta del decimo colpo di Stato in appena quattro anni. La scena si ripete, con la popolazione che fraternizza con i militari e spera che facciano meglio di corrotti governi civili. 

Esteri 31_08_2023
Alì Bongo

Un nuovo colpo di stato militare in Africa, questa volta in Gabon, mette fine a una dinastia, quella della famiglia Bongo che ha governato per 56 anni: con Omar Bongo, dal 1967 al 2009, e con il figlio Ali, succedutogli alla sua morte. Alle prime ore del 30 agosto il Centro elettorale gabonese aveva dichiarato che Ali, il presidente in carica, con il 64,27% dei voti aveva vinto le elezioni svoltesi il 26 agosto e per la terza volta era stato eletto. Pochi minuti dopo un gruppo di alti ufficiali dell’esercito ha annunciato il golpe.  Presentandosi sul canale televisivo Gabon 24 hanno detto di parlare a nome di tutte le forze di sicurezza e di difesa del Paese e hanno informato la popolazione di aver assunto il potere, annullato i risultati elettorali, chiuso le frontiere e sciolto tutte le istituzioni statali: il governo, il senato, l’assemblea nazionale, la corte costituzionale e l’organo elettorale. A leggere il comunicato è stato un ufficiale affiancato da una dozzina di colleghi, tutti in divisa militare e berretti. I militari golpisti si sono presentati come Comitato di transizione e ripristino delle istituzioni.  

“È diventata una scena familiare in Africa – è il commento di un inviato della Bbc – dei soldati in televisione che sostengono di aver preso il potere”. Quello in Gabon infatti è il decimo colpo di Stato in quattro anni (due in Sudan, due in Burkina Faso, due in Mali, uno in Chad, Guinea Conakry e Niger), anzi il tredicesimo se si calcolano anche i tre golpe tentati e falliti in Gambia, Guinea Bissau e nell’arcipelago di Sao Tomè e Principe. L’ultimo, in Niger, è di poche settimane fa soltanto: i militari hanno deposto il presidente nigerino Mohamed Bazoum il 26 luglio senza dare motivazioni.

In Gabon la motivazione, peraltro ben solida, sono stati i brogli elettorali di cui nei giorni precedenti era stato accusato il presidente Bongo. “Nel nome del popolo gabonese – ha affermato il portavoce del Comitato – abbiamo deciso di difendere la pace mettendo fine all’attuale regime e di assumere il controllo del paese perché non sono state rispettate le condizioni per uno scrutinio trasparente, credibile e inclusivo tanto auspicato dal popolo del Gabon”. Il voto in effetti si è svolto in un clima di estrema tensione, senza la presenza di osservatori internazionali. I giornalisti sono stati esclusi. Molti seggi hanno aperto in forte ritardo, anche di diverse ore, persino nella stessa capitale, e in altri non sono arrivate le schede elettorali dei candidati dell’opposizione. Subito dopo la chiusura dei seggi è stato dichiarato il coprifuoco e Internet è stato interrotto su tutto il territorio nazionale, ufficialmente per impedire la diffusione di false notizie e scoppi di violenza.

Nelle ore successive all’annuncio del colpo di Stato nella capitale Libreville si sono sentiti degli spari. Poi nelle strade del centro si sono riversate migliaia di persone festanti che hanno raggiunto il Boulevard Triomphal Omar Bongo, la via principale, sventolando le bandiere verdi, gialle e blu del Gabon, mescolandosi ai militari che presidiano i punti strategici della città, finché per motivi di sicurezza non sono stati invitati a rientrare e lasciare libere vie e piazze.

Anche questa è una scena diventata famigliare negli ultimi anni in Africa. Gli abitanti della capitale Bamako, in Mali, e della capitale Ouagadougou, in  Burkina Faso, hanno acclamato gli autori dei golpe, hanno cantato e ballato per ore, convinti che i militari potessero fare meglio dei governi civili incapaci, per corruzione e irresponsabile indifferenza, di porre rimedio ai problemi della popolazione: povertà, disoccupazione e, in entrambi i paesi, la minaccia crescente rappresentata dal dilagare quasi incontrastato di gruppi jihadisti affiliati ad al Qaeda e all’Isis. 

A maggior ragione si capisce il sollievo della popolazione gabonese. Il paese è uno dei maggiori produttori di petrolio del continente, ma più di un terzo dei 2,4 milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà. La famiglia Bongo per contro è tra le più facoltose in Africa. Attingendo a piene mani e senza ritegno alle ricche casse statali, Ali e prima di lui suo padre hanno accumulato una fortuna che in parte hanno oculatamente investito nel mattone, oltre a concedersi lussi sfrenati. Da una inchiesta condotta dai magistrati francesi all’inizio del secolo, Omar risultava proprietario di decine di immobili in Francia, tra cui un albergo sugli Champs-Elisées a Parigi. Suo figlio ne ha seguito le orme.

Le ultime notizie riguardano la sua sorte. Risulta che è stato arrestato e che si trova nella propria residenza. Oltre a lui sono stati arrestati il suo figlio maggiore, Noureddin Bongo Valentin, che dal 2019 è stato per quasi due anni coordinatore degli affari presidenziali, il capo dello staff presidenziale, Ian Ghislain Ngoulou, due altri consiglieri presidenziali e due alti esponenti del partito di governo, Gabonese Democratic Party. La Cina, tra i primi Paesi insieme alla Francia e alla Russia a esprimere preoccupazione alla notizia del golpe, ha chiesto garanzie sulla loro incolumità.

Allarme hanno espresso anche i ministri della difesa dell’Unione Europea. “Un altro colpo di Stato accresce l’instabilità nella regione – ha dichiarato l’Alto rappresentante UE per gli affari esteri Josep Borrell – l’intera area, dalla Repubblica centrafricana al Mali, al Burkina Faso, e adesso al Niger e al Gabon, è in una situazione estremamente difficile che richiede una profonda riflessione sul suo futuro e su come possiamo migliorare le nostre politiche nei confronti di quei Paesi”.