G7: Cina o clima, obiettivi che si elidono reciprocamente
Oggi si conclude il vertice G7 a Carbis Bay, in Cornovaglia. I grandi temi, oltre alla pandemia, che fa sempre da sfondo, sono l'antagonismo con la Cina e, come sempre, la lotta al cambiamento climatico. Ma si dovrà compiere una scelta. La seconda costa molto e fa perdere competitività rispetto alla Cina.
Oggi si conclude il vertice G7 a Carbis Bay, in Cornovaglia, nel Sudovest dell’Inghilterra. Che cosa resterà di questa tre-giorni? Sicuramente resta, per i rotocalchi e i curiosi, l’incontro della regina Elisabetta II con il tredicesimo presidente degli Usa nell’arco del suo regno. L’anziana regina, sul trono da 69 anni è apparsa più in forma che mai e in vena di battute.
Per i popoli anglosassoni, ma non solo per loro, è stato importante l'incontro fra il premier conservatore Boris Johnson e il presidente democratico Joe Biden. Il primo ha ottenuto dal secondo il riconoscimento che cercava, nonostante le parole del presidente di origine irlandese siano state da subito ben poco promettenti. Alla vigilia del vertice, infatti, aveva avvertito che non avrebbe apprezzato una crisi nell’Irlanda del Nord, sull’unico confine di terra con l’Ue, a seguito della Brexit. Il Partito Democratico, anche quando era Obama presidente, non aveva mai nascosto la sua avversione all’uscita del Regno Unito dall’Unione. Johnson, stretto fra l’incudine di un’amministrazione democratica Usa e il martello dei Paesi dell’Unione, non si è affatto trovato in una posizione facile. Nonostante ciò, ha firmato con Biden una Nuova Carta Atlantica, chiamata come quella siglata da Churchill e Roosevelt nel 1941. In questo caso non si tratta di un’alleanza di guerra, ma di una comunanza di vedute su tutti i maggiori problemi del mondo, con otto obiettivi: difesa delle democrazie, delle leggi dell’ordine internazionale, libertà di navigazione e di sorvolo, difesa reciproca dalle interferenze straniere (nelle elezioni, soprattutto) e della libertà di navigazione, conservazione del primato tecnologico, rafforzamento della Nato e mantenimento del suo deterrente nucleare, sviluppo sostenibile e finanza trasparente, lotta al cambiamento climatico, difesa collettiva da nuove pandemie. Ci sono tutte le parole d’ordine della nuova amministrazione americana ed è su queste basi che viene rilanciata la “relazione speciale” fra le due potenze nucleari dell’anglo-sfera.
Biden non si è limitato a rilanciare il rapporto con il Regno Unito, ma ha anche compiuto il primo tentativo di coinvolgere tutte le democrazie europee e asiatiche in una nuova organizzazione. Anche se, probabilmente, non sarà menzionato ufficialmente nel comunicato di oggi, obiettivo del consorzio è la Cina: un’alleanza delle democrazie liberali contro la Repubblica Popolare. Non si tratta solo di far fronte comune, politicamente, ma di lanciare il contraltare della Nuova Via della Seta. Il progetto si chiama Build Back a Better World (B3W), letteralmente: ricostruire un mondo migliore. Benché i dettagli non siano ancora pubblici, si sa che lo scopo del B3W è finanziare infrastrutture in Paesi in via di sviluppo e poveri, per evitare che finiscano nella sfera di influenza cinese. Questo problema è sentito anche nei Paesi europei: i cinesi sono già proprietari del porto greco del Pireo, stanno finanziando la costruzione di una nuova strada nel Montenegro (che si è già indebitato e, non ricevendo aiuti dall’Ue, di cui non fa parte, rischia di finire veramente fagocitato da Pechino) e intendono costruire una ferrovia nei Balcani con terminale l’Ungheria, uno dei più filo-cinesi fra i Paesi dell’Ue. Il B3W dovrebbe evitare proprio scenari in cui la Cina, forte del suo “soft power” allarga la sua sfera di influenza economica e politica. Biden ha anche chiesto una condanna esplicita delle violazioni dei diritti umani in Cina, nello Xinjiang: lavoro forzato, rieducazione e sterilizzazioni forzate degli uiguri e delle altre minoranze turcofone. Ma qui ha incontrato le resistenze soprattutto del presidente francese Emmanuel Macron, che invita alla prudenza.
Un altro grande tema (inevitabile, visto il periodo) che questo G7 ci lascia in eredità è la prevenzione e lotta delle pandemie. Oltre a regalare 1 miliardo di dosi di vaccino ai Paesi più poveri, gli obiettivi, discussi assieme a Tedros Ghebreyesus, direttore dell’Oms, sono estremamente ambiziosi. La prossima volta che un virus comparirà all’orizzonte, si dovrà mettere a punto un sistema di primo allarme. E una volta diffuso l’allarme, si cercherà di arrivare al vaccino entro i primi cento giorni di pandemia. Gli Stati del G7 possono accelerare i tempi di autorizzazione, ma i tempi della realizzazione del nuovo vaccino dipenderanno dalla ricerca medica. Se già questi vaccini anti-Covid sono stati realizzati in meno di un anno ed è considerato un record storico, realizzarne di nuovi in appena un terzo del tempo è un obiettivo realistico? Se questa pandemia si è diffusa in tutto il mondo grazie soprattutto ai silenzi e alle omissioni della Cina, un meccanismo di primo allarme sarà efficace? L’Oms, che negli intenti dei G7 deve essere rafforzata e investita di nuovi poteri di coordinamento, nella crisi del 2020 si è addirittura rivelata, di fatto, complice della Cina, di cui ha assecondato sia i silenzi che gli errori successivi.
Il grande tema di tutto il vertice, comunque, è sempre quello: il cambiamento climatico. Anche tutte le altre questioni ruotano attorno al cambiamento climatico, vero, primo, quasi unico obiettivo della politica globale dei sette grandi. Tutto parla di natura: dalla cerimonia di apertura, con uno spettacolo di droni luminosi che formavano in cielo le sagome di vari animali, all'appello del segretario generale dell'Onu, Guterres, che parla di emergenza climatica, fino alle contestazioni di ecologisti che accusano i leader mondiali di non fare abbastanza. Cambiamento climatico è la coppia di parole in assoluto più ripetute dai leader presenti in Cornovaglia. Essi hanno citato stime su quanto le loro economie potrebbero perdere in caso di riscaldamento globale. Ma si tratta di proiezioni tutte teoriche. Stranamente non hanno parlato dei costi (certi) delle politiche anti-riscaldamento globale. Per raggiungere e doppiare gli obiettivi annuali degli Accordi di Parigi, si è dovuto subire un 2020 di pandemia e lockdown. Per mantenere questo ritmo, da qui al 2050, occorrerebbe l'equivalente di un lockdown delle maggiori economie mondiali ogni due anni. Ciò comporta una perdita di competitività rispetto a potenze emergenti che non applicano politiche climatiche (se non sulla carta e a modo loro), fra cui soprattutto la Cina. Se lo scopo del G7 è vincere la competizione con la Cina e al tempo stesso quella di fermare il cambiamento climatico, arriverà il momento della scelta, prima o poi. Si vedrà cosa interessa realmente di più.