Fuoco amico sul card. Woelki, troppo poco sinodale
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Il vescovo di Aquisgrana vieta all'arcivescovo di Colonia, suo metropolita, di celebrare Messa nella propria diocesi. Sulla gestione degli abusi il porporato è uscito pulito: vero motivo degli attacchi è il suo mancato allineamento alla "rivoluzione permanente".
Un vescovo suffraganeo che invita il metropolita a non presentarsi alla Messa conclusiva di un pellegrinaggio nella sua diocesi. È quello che è successo ad Aquisgrana dove monsignor Helmut Karl Dieser ha preso carta e penna ed ha scritto una lettera al capo della sua provincia ecclesiastica, il cardinale Rainer Maria Woelki, per chiedergli di non partecipare al tradizionale Heiligtumsfahrt che si svolge dal 1349.
Una richiesta motivata con l'intenzione di preservare «l'atmosfera di connessione spirituale». Non solo: il vescovo di Aquisgrana aveva fatto sapere che non si sarebbe presentato sull'altare del santuario insieme al metropolita. Una protesta annunciata in contemporanea con quella della metà del coro femminile della cattedrale determinata a non cantare in caso di presenza di Woelki.
Alla fine hanno vinto loro: domenica l'arcivescovo di Colonia non ha celebrato la funzione religiosa nel penultimo giorno del pellegrinaggio che si svolge ogni sette anni nella città imperiale. Tuttavia, il cardinale non ha rinunciato a manifestare il suo disappunto per il trattamento ricevuto in un videomessaggio in cui ha detto di essere «convinto che deve essere possibile per i cristiani avere punti di vista diversi ed esprimerli chiaramente – e tuttavia celebrare insieme la Santa Eucaristia». Un rimprovero a chi strumentalizza le celebrazioni liturgiche per azioni di protesta contro chi non è gradito.
Ma quale sarebbe la colpa dell'arcivescovo di Colonia? Ufficialmente le contestazioni nei suoi confronti nascono dalla condotta avuta nella gestione dei casi di abusi della sua arcidiocesi, in particolare il suo rifiuto a pubblicare i risultato del report realizzato dallo studio legale di Monaco Westphal Spilker Wastl. Woelki aveva motivato quella decisione sostenendo che il rapporto presentasse «carenze metodologiche» ed aveva affidato il compito al team legale Gercke & Wollschläger. Il risultato del lavoro di quest'ultimo studio era stato pubblicato interamente nel 2021 e non aveva fatto sconti alle gerarchie ecclesiastiche: ne erano emerse le omissioni del predecessore, il cardinale Joachim Meisner (a cui era molto legato), l'ausiliare monsignor Dominik Schwaderlapp e l'ex vicario generale Stefan Heße. Quest'ultimo, divenuto nel frattempo arcivescovo di Amburgo, aveva presentato le sue dimissioni che però erano state respinte dal Papa.
Di Woelki, invece, il rapport Gercke aveva escluso qualsiasi responsabilità od omissione nella gestione dei casi di abusi dell'arcidiocesi. Nonostante ciò, da allora gli attacchi contro di lui non si sono placati e il trattamento a lui riservato da confratelli, laicato organizzato e media è stato decisamente diverso da quello toccato allo stesso Heße o al cardinale Reinhard Marx che due anni fa aveva ammesso «fallimenti a livello personal» ed «errori amministrativi» ed aveva annunciato dimissioni-lampo respinte da Francesco.
L'arcivescovo di Colonia, dopo le polemiche per la vicenda della pubblicazione del report, aveva dovuto subire prima una visita apostolica, poi un periodo di pausa conclusosi con la presentazione di nuove dimissioni non accettate dal Papa. Sebbene – a differenza di altri vescovi tedeschi – ne sia uscito pulito dalle accuse di una cattiva gestione delle denunce di abusi, Woelki continua ad essere contestato, boicottato e persino insultato da gruppi laicali organizzati e dai suoi stessi confratelli.
Due settimane fa, il presidente della Conferenza episcopale tedesca monsignor Georg Bätzing è arrivato alle offese, affermando in un'intervista che parlare con lui è come «parlare con un cavallo morto». Il sospetto è che l'arcivescovo di Colonia sia così malvisto dalla maggioranza dell'episcopato tedesco e dal laicato cattolico più movimentista per la sua resistenza all'agenda del Cammino Sinodale.
Ma le immagini della recente processione per la solennità del Corpus Domini a Colonia testimoniano come la pretesa frattura tra il cardinale e il Popolo di Dio non esista: chi c'era conferma che la partecipazione popolare è stata molto alta e la presenza del cardinale non ha compromesso «l'atmosfera di connessione spirituale».