Frutti della Dad: l'ignoranza, la povertà e il regime
Ci sono territori in cui la chiusura delle scuole equivale a buttare i ragazzi nelle braccia della mafia. Inoltre un milione e 600 mila non raggiunti dalla didattica a distanza nei giorni di lockdown sono destinati a raddoppiare con la chiusura a singhiozzo. Trecentomila disabili si sono visti escludere dalla scuola, con 285 mila di loro senza docenti di sostegno. Per la maggioranza di bambini e ragazzi non c’è futuro se non il regime: pochi istruiti comanderanno su tutti.
Non si può assolutamente cedere alla tentazione che la scuola in Italia sta chiudendo causa covid.
Non possiamo mettere allo scontro i due diritti universali e fondamentali: il diritto alla salute e il diritto all’istruzione. Uno non esclude l’altro anzi uno chiede che l’altro sia garantito. La ministra Azzolina ne è consapevole: «In mezzo a tante incognite, una certezza c'è: la chiusura delle scuole non produce gli stessi effetti per tutti. La forbice sociale si allarga, il conto lo pagano i più deboli. Ci sono territori in cui la chiusura delle scuole è sinonimo di dispersione scolastica. E la dispersione scolastica - chiamiamo le cose con il loro nome - equivale all'abbandono dei ragazzi»: Peggio: equivale a buttarli nelle braccia di mafia e camorra.
Si ricorda la circostanza che in Italia la scuola è stata la prima realtà ad essere chiusura nella fase 1 del covid e così avviene ora nella fase 2. Questa chiusura copre le deficienze di chi doveva provvedere al contesto della frequenza scolastica, in primis i trasporti. Dirigenti e personale della scuola hanno lavorato senza sosta per tutta l’estate. Chi doveva pensare al resto si è dedicato alle congetture elettorali. Di questo si parlava sotto gli ombrelloni della Versilia. Conseguenza: in Italia si passa da un sistema scolastico pubblico iniquo, dove la libertà di scelta educativa è negata, ad un sistema di privilegio che esclude poveri e disabili, a cui è negato un futuro lavorativo e culturale.
In Europa chiude tutto tranne la scuola perché a) le politiche scolastiche dei Paesi europei ad eccezione di Italia e Grecia hanno investito sul pluralismo; b) la scuola è l’unica opportunità per consentire ai figli di ripagare il debito mostruoso e necessario che si sta componendo.
In queste ore si legge che la scuola italiana si appresta alla didattica a distanza, a macchia di leopardo e nella massima insicurezza, epilogo che è stato coltivato, negli ultimi sei mesi, da pura deformazione ideologica, ignoranza e mancanza di senso del bene pubblico. Il diritto all’istruzione non è un privilegio, è un diritto universale da garantire a tutti in modo libero e gratuito. Il fatto che sia riconosciuto e normato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU, come dai Patti internazionali, non è un dettaglio puramente legislativo. Un diritto di questa portata trova la sua giusta collocazione giuridica fra i diritti universali perché viene considerato rilevante per favorire la tolleranza e l’integrazione, necessarie per la pace tra i popoli.
Che la scuola sia ripartita in Italia per pochi eletti, con l’esclusione dei poveri e dei disabili, è un dato di fatto incontrovertibile.
Ora si appresta, con la DDI (Didattica Digitale Integrata… con il nulla, per migliaia di classi!), a presentare nuovamente segnali di allarme rosso, denunciati negli ultimi sei mesi e che sono rappresentati anche oggi dai seguenti soggetti in grave difficoltà:
a) i GENITORI degli 8mln di studenti italiani, per l’incertezza riguardo alla frequenza scolastica. In certe aree della penisola non è mai ripartita e ora si appresta …chiudere. Anche i genitori meno acculturati (e forse più di altri!) capiscono che la scuola a doppia velocità danneggia gravemente il percorso educativo e culturale dei figli. Anche perché i problemi sono pregressi…se una figlia appena entrata in 3^ secondaria non sa che l’Italia è una Repubblica e se non è in grado di scrivere una frase di senso compiuto pur essendo, la ragazza, sana di corpo e di mente, forse la responsabilità non è della ministra e neppure dei 5Stelle o di Conte… Ma se quei genitori, seppure di umile origine, ma svegli di mente (situazione frequente) prima o poi si chiederanno: “Se mia figlia non impara niente, come lavorerà? Neppure un concorso come spazzina potrà fare!”
b) gli STUDENTI: il milione e 600 mila alunni non raggiunti dalla didattica a distanza nei 130 giorni di lockdown sono destinati a raddoppiare con la chiusura a singhiozzo della scuola: almeno un numero pari a quello andrà in giro ad assembrarsi, se non sarà obbligato a stare a casa propria…Trecentomila allievi disabili, che già hanno vissuto una situazione di isolamento, da settembre si sono visti escludere dalla scuola. Mancano per 285 mila di loro i docenti di sostegno. Dunque questi studenti regrediscono, e con loro il morale dei genitori…. Per questi bambini e ragazzi non c’è futuro, ma neanche il presente. Non è vita vegetare in casa nella solitudine.
c) i GESTORI delle 12mila scuole paritarie, come pure i DIRIGENTI SCOLASTICI delle 40mila scuole statali, che si domandavano come sarebbe stata la scuola del dopo covid-19 e come conciliare le esigenze sanitarie con quelle educative, oggi si trovano sempre più spiazzati. Devono arrangiarsi. Anzitutto devono mettere da parte il timore di essere accusati dalle autorità di eccesso di misure o di disobbedienza a leggi incomprensibili; devono inoltre avere i nervi saldi di fronte ai genitori che su di loro e sui docenti sfogano le proprie paure. La classe docente e dirigente delle Scuole è notoriamente resiliente, ma se cede è la catastrofe. Già ci sono segnali di fumo…
d) i DIPENDENTI, 180mila delle scuole paritarie, un milione della scuola statale: anche per molti di loro, tra cui per primi i precari, il futuro è appeso al filo della “curva” epidemica, che se non scende li vedrà tutti a casa in CIG, quando arriverà;
e) i CITTADINI, 60.359.546 in Italia, che temono a ragion veduta per il futuro dell’economia e per le losche mire di chi ha già messo gli occhi sul “piano marshall” del Governo e dell’Europa….
E’ reale l’allarme che denunciano il Presidente della Repubblica, la Presidente del Senato, il dott. Draghi, da citare per il ruolo istituzionale e professionale che ricoprono: “Se non riparte la scuola, non riparte l’economia, non riparte il Paese e l’Italia sarà guarita ma condannata ad una vita di stenti”. “Un rischio che non possiamo correre è che alle disuguaglianze tra territori esistenti nel nostro Paese si aggiungano quelle derivanti da effetti della pandemia”. Nei mesi passati si è perso tempo con le mance, i bonus monopattino, il bonus vacanze, le schermaglie elettorali, tanto il covid era sconfitto. Incompetenza? Anche. Ma soprattutto presunzione di chi non ha voluto lavorare insieme nelle aule del parlamento, luogo preposto in una Repubblica per ragionare e risolvere i problemi con i parlamentari che rappresentano il popolo e non con i consulenti esperti (?) o nelle ville private.
Occorre seguire il percorso della democrazia, che non è casuale se si vogliono risolvere i problemi in emergenza. E’ finito il tempo delle dirette surreali, complici giornalisti maliziosi, intorno ai tavoli a rotelle, le dimostrazioni di quanto fossero comodi, le assurde rassicurazioni che la scuola riparte e riparte per tutti, con dirigenti lasciati in una pseudo autonomia senza risorse e organico. Guerra tra poveri.
Viste queste premesse, neanche una volta trovato il vaccino (“En attendant Godot”…) la scuola italiana ripartirà per tutti. Allora il monopolio educativo - che negli ultimi 20 anni i governi italiani per imprudenza, superficialità, scarsa attenzione al rischio hanno favorito - sarà purtroppo una amara realtà. Il passo successivo obbligato sarà il regime: alcuni ricchi e potenti decideranno per tutti.
Quindi in queste ore l’unica soluzione è: 1. in Parlamento, a camere unificate, si avvii una collaborazione reale fra scuole statali e paritarie e, con la quota capitaria di 5.500 euro come dimostrato in svariati studi cui si rimanda, si garantisca il diritto di apprendere per tutti gli studenti. A questo meccanismo è legato un nuovo finanziamento del sistema scolastico italiano e il censimento dei docenti per incontrare la domanda e l’offerta. Dobbiamo guardare agli annunciati finanziamenti europei come all’ultima “opportunità”. L’investimento attraverso Sure, Bei e Mes di quasi 100 miliardi di risorse, cui si aggiungerà la “dote” di 172 miliardi del futuro Recovery Fund, potrà diventare autenticamente strategico per completare il processo “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa”.
2. Avviare accordi con i mezzi di trasporto pubblici e privati per far viaggiare in sicurezza i ragazzi e chi si sposta nello stesso orario. In alternativa lo scenario dal 2021 sarà esattamente quello del 2020: la scuola ripartirà solo per alcuni privilegiati che avranno in mano le sorti della nazione. Quindi il diritto all’istruzione sarà inteso come un lusso, una cosa da ricchi, come lo è stato per secoli: il figlio del ricco a scuola, presso collegi prestigiosi, il figlio del povero nei campi – o nelle fabbriche, ma senza cultura neppure. Il tutto senza una ragione di diritto e di economia: pura “idiozia culturale”.