Francia: Le Pen può vincere. Ecco perché
Come era stato ampiamente previsto, il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi sarà fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Hanno meno di cinque punti di distanza. Per il professor Marco Gervasoni, docente di Storia Contemporanea all'Università del Molise, la Le Pen può vincere.
Come era stato ampiamente previsto, il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi sarà fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Hanno meno di cinque punti di distanza (27,8% per il presidente uscente e 23,1% per la sfidante) e il margine può ulteriormente ridursi alle urne. Per Marco Gervasoni, docente di Storia Contemporanea all’Università del Molise, la partita è apertissima e la candidata nazionalista ha concrete possibilità di vittoria, contrariamente alle ultime tornate elettorali.
Professor Gervasoni, la vittoria di Macron, che è in vantaggio e gode dell’appoggio di quasi tutti i partiti francesi, non è scontata ormai?
Per nulla. Anzitutto, nella storia della V Repubblica molte volte il secondo è diventato primo nel secondo turno. In questo caso, ci sono altri segnali che, rispetto al 2017, fanno prevedere una vittoria della Le Pen. Da quando hanno introdotto il quinquennato (prima i presidenti restavano in carica 7 anni, ndr) nel 2002, nessun presidente uscente è stato rieletto. Al tempo stesso, la Le Pen non è più considerata una novità. E i francesi tendono a premiare chi, tenacemente, si candida tante volte, come dimostra la storia della V Repubblica. Macron, al contrario, è svantaggiato dal fatto di incarnare il governo, il potere. Quindi c’è il rischio (e dico “rischio” a ragion veduta) che possa vincere la Le Pen.
Perché è un rischio?
Perché la Le Pen è esplicitamente legata alla Russia. La sua campagna elettorale è stata resa possibile dai finanziamenti delle banche russe. La sua vittoria sarebbe dunque un importante risultato da parte di Putin: un conto è vincere con un candidato amico in Ungheria (dove Orban ha già il suo profilo, non è semplicemente il “candidato di Putin”), tutt’altro è vincere in Francia, determinando una svolta. Al di là del fatto che la Le Pen stia prendendo le distanze, negli anni il suo rapporto con la Russia di Putin è stato molto forte. L’altro aspetto che si deve prendere in considerazione è il fatto che una vittoria della Le Pen non corrisponderebbe all’ascesa del suo partito, il Rassemblement National che è in calo. Questo partito, molto difficilmente vincerebbe le elezioni parlamentari. Avremmo un primo caso, da quando è stato introdotto il quinquennato, in cui devono coabitare un presidente e un governo di segno opposto. Infine, cosa di cui si parla poco, la Le Pen non ha agganci nell’esercito e nell’amministrazione pubblica. Non saprebbe neppure chi nominare. Il tutto, in una situazione di semi-guerra civile. Uno scenario abbastanza catastrofico.
Ma perché i francesi dovrebbero votare la Le Pen, allora?
Per vari motivi, prima di tutto perché è ormai un volto familiare. Poi perché potrebbe essere un argomento per esclusione: “proviamo il nuovo, dopo che abbiamo tentato tutte le alternative”. Infine può essere eletta proprio perché c’è questo clima da semi-guerra civile che Eric Zemmour aveva correttamente individuato (anche se poi ha fatto una campagna elettorale pessima, per la sua candidatura) e i francesi tendono a percepirsi in una condizione peggiore di quella in cui realmente versano ed esprimono il loro pessimismo con un voto di rottura. La Le Pen ha fatto una campagna “di territorio”, come si dice in Francia. E ha fatto le stesse promesse di Mélenchon, il candidato di estrema sinistra: più spesa pubblica, più spesa sociale, se la benzina è cara sarà lo Stato a pagarlo. In Francia si è diffuso ormai un “socialismo pandemico” e una volta che tu ampli l’intervento sociale dello Stato crei dipendenza, poi gli elettori chiedono sempre di più.
Non è anche una questione di battaglia culturale?
No, la Le Pen è completamente estranea alla destra culturale. Non le interessa nulla il matrimonio omosessuale, né l’adozione per le coppie gay. Non che sia favorevole, ma tende a non parlarne. Anche sull’immigrazione, contrariamente a Zemmour, non esprime un’opinione sullo scontro culturale, ma ne parla solo sul piano sociale: troppi immigrati minano il benessere economico dei francesi, cosa che potrebbe dire anche un socialista. L’ultima proposta contro il multiculturalismo è quella di multare il velo, che però è tipica di una cultura laicista, discende sempre dalle legge del 1905 per la separazione di Stato e Chiesa. Un’idea arcaica che francamente è grottesca.
E Macron?
Anche il presidente uscente non mostra di avere molte idee. Non si registra un crollo di consensi: rispetto al 2017 ha guadagnato un milione e mezzo di elettori, anche considerando che c’è stato un astensionismo superiore (+2%). Ed è il candidato che ha guadagnato di più. Probabilmente questi voti in più, Macron li ha presi dai Repubblicani, il partito gollista. Il presidente, oggi, è diverso da come si presentava nel 2017, è molto più orientato verso il centrodestra. In questa campagna elettorale fa proposte economiche tipiche del centrodestra, come l’aumento dell’età pensionabile. Certo un elettore si può anche chiedere perché, queste riforme, non le abbia varate durante il suo quinquennato.
Socialisti e gollisti sono politicamente morti?
Il Partito Socialista è morto con Hollande e il suo gruppo dirigente. Nel 2017 aveva preso appena il 4% dei voti, in cinque anni non ha fatto nulla ed ora è al 2%. Ma c’è sempre Mélenchon che rientra nel solco della tradizione socialista. Era un ministro socialista, è un allievo di Mitterrand. Il tracollo vero e sorprendente è fra i gollisti (Repubblicani), che nel 2017 avevano il 16% e adesso hanno perso oltre dieci punti. Non hanno lasciato eredi. Però c’è da dire che quando si vota alle amministrative, il partito En Marche di Macron sparisce, men che meno si vede il RN della Le Pen e i partiti che tuttora amministrano le città e le province sono sempre gollisti e socialisti.
Mélenchon come si schiererà, col suo 22% di elettorato di sinistra?
La France Insoummise è un partito che si inquadra nella sinistra socialista massimalista e negli ultimi tempi è diventato “islamo-gauchiste”. Nelle manifestazioni de La France Insoummise, qualche anno fa, si trovavano anche gruppi islamici che gridavano “Allah Akhbar”. Mi pare difficile che possano votare la candidata che vuole multare il velo. I suoi elettori, di fronte alla Le Pen, potrebbero comportarsi come nel 2017: o si astengono o votano Macron. Certo, dobbiamo considerare anche che gli elettori della France Insoummise odiano Macron e in un clima di stanchezza e di rabbia molto superiore rispetto a quello del 2017, è molto più difficile che si turino il naso per votarlo. Anche perché nelle scorse elezioni Macron si presentava come un candidato di sinistra e poteva essere accettato anche da un elettore della sinistra estrema come appartenente alla propria famiglia, ora che si è riposizionato sul centro-destra, non è più possibile. Per un elettore di sinistra massimalista, quello del secondo turno sarà uno scontro fra due destre, quale in realtà è. Il fattore astensionismo favorisce la Le Pen. Già era molto elevato nel primo turno: è il dato più alto dal 2002, cioè da quell’elezione che stava per essere vinta da Jean Marie Le Pen. Nel secondo turno, di solito, l’astensionismo è ancora maggiore.
Quali sono gli errori che Macron dovrebbe evitare?
Non deve demonizzare l’avversaria, non deve sottovalutarla. Non deve puntare sul fatto che sia la candidata di Putin, anche perché, in Francia, come in Italia, ci sono molti ammiratori di Putin e potrebbero votarla proprio per quello. Nel 2017, Macron aveva battuto la Le Pen puntando sulla carta della competenza, dimostrando che, con lei presidente, la Francia sarebbe finita allo sfascio. Ma adesso non può più condurre lo stesso tipo di campagna, perché ha alle spalle cinque anni di politiche impopolari. Una riconferma del presidente, per questo, è molto difficile.