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VITA

Francesca e Mario dalla Svizzera con... amore

La storia di Francesca è forse una delle più incredibili che mi siano accadute. Di origine nigeriana, insieme al marito Mario, vivevano a Lugano dove Mario aveva trovato un’occupazione. «Sono incinta», confida, Francesca, un giorno di circa quattro anni fa a Mario e glielo dice piangendo, immaginando la sua reazione negativa. Poi, invece...

Editoriali 15_11_2014
Il miracolo di una nuova vita

La storia di Francesca è forse una delle più incredibili che mi siano accadute. Di origine nigeriana, insieme al marito Mario, vivevano a Lugano dove Mario aveva trovato un’occupazione. «Sono incinta», confida, Francesca, un giorno di circa quattro anni fa a Mario e glielo dice piangendo, immaginando la sua reazione negativa.

Infatti: «Devi assolutamente disfarti di questo bambino. Conosci la nostrasituazione. Siamo giovani e senza sicurezze». La prenotazione per l’aborto. L’intervento chirurgico. Tutti pensano che le cose siano a posto, ma non è così. I mesi passano e Francesca si accorge che la gravidanza sta andando avanti. Arriva anche il momento del parto e nasce Andrea. Se fosse solo una bella storia, diremmo: “e così, vissero per molti anni felici e contenti”. Ovviamente non è una favola e la realtà sa essere molto dura.

Andrea, purtroppo, ha svariate malformazioni. In questi tre anni, il suo papà perde il lavoro. La Confederazione Elvetica è molto rigida nelle sue regole. Senza il lavoro si perde anche il diritto di rimanere sul suolo svizzero e, così, la famigliola deve ritornare in Nigeria. E in Nigeria per genitori indigenti non è possibile tenere con sé il proprio figlio. Per Andrea è stato allertato un istituto in cui, questo piccino, sarebbe dovuto rimanere senza mamma e papà, con tutori sulle gambette per poter camminare, gli occhietti da rimettere nella posizione corretta, l’udito da rinforzare perché possa sentire quasi normalmente.

Sono a casa e mi arriva una telefonata quasi da S.O.S.  É il mio amico Marco che lavora come pediatra a Lugano. Mi racconta di Mario, Francesca e Andrea, chiedendomi: «Paola, la situazione è grave. Andrea ha bisogno di molti interventi chirurgici, a Lugano non possono più restare e l’équipe che prenderebbe Andrea in carico è a Milano. Non hanno documenti di nessun genere e tanto meno una casa dove poter abitare. Con la mia collega Martina, abbiamo fatto mille telefonate: nessun risultato. Ti viene in mente qualcosa? Devono uscire dalla Svizzera entro il 30 di ottobre».

La mia follia è risaputa; e per questa mia caratteristica rispondo che «sì, me ne sarei occupata». Non voglio coinvolgere il Cav, visto che non rientra strettamente nel nostro compito. Mi si rigirano un po’ di pensieri nella mente e si accende la lampadina: Mariella sta cercando di affittare una casetta. Velocissima telefonata: «Mi si è liberata proprio ieri; se ti va bene l’affitto, sono pronta». Felice di aver trovato una soluzione almeno temporanea, chiamo Marco:

«Sono passati solo 20 minuti e tu mi proponi la soluzione?». Rido. «Sai che quando si vuole bene alle persone ci si continua a pensare? E, sai che quando si pensa intensamente a qualcosa, succede di trovare anche la soluzione?». Ora è lui che ride. «Ti farò chiamare da Martina; è lei che segue la logistica della cosa».

Ci organizziamo velocemente; la mia amica di sempre, Giovanna, vuole essere con me in questa nuova avventura. Prepariamo la casa, facciamo la spesa generale e, la domenica 30 ottobre, siamo pronti ad accoglierli. Un po’ spaesati, ma contenti, sistemano le loro cose; Andrea non può correre ma con i suoi tutori, trotterella per l’alloggio. Per nostra fortuna, la padrona di casa, è assistente sociale e ci aiuta a coordinare i vari interventi sia sanitari sia sociali. A conti fatti, arriviamo a capire che il tutto andrà avanti almeno per un anno e comincio a preoccuparmi un po’.

Ce la farò? I bisogni sono davvero tanti e di tutti i tipi. La vita, però, ti sorprende sempre. Vengo, infatti, raggiunta da una proposta di due amici cari, da poco sposati: «Abbiamo fatto una lista-nozze per il Cav. Ci piacerebbe che non andasse tutto nel calderone delle spese; vorremmo che tu ci proponessi un progetto da poter attuare con questi denari raccolti». A cosa posso pensare se non a questa famiglia? Racconto a Paolo e Gaia la storia di Francesca, Mario e Andrea.

«Vi piacerebbe contribuire all’impresa?  Sono preoccupata di non farcela, ma se voi mi deste una mano così importante…». Sono contenti. E, poiché quando i giovani incontrano le cose vere della vita si buttano, non solo forniranno questo aiuto materiale, ma si metteranno al fianco di questi altri giovani meno fortunati. Attualmente stiamo organizzando il loro viaggio a Roma per i documenti; poi potranno far compagnia a tutti e tre, occupandosi in particolare di Andrea che ha una voglia matta di giocare.

Martina, la collega pediatra di Marco, mi chiama dall’aereo che la porterà a Parigi, al suo nuovo lavoro: «Purtroppo non posso fermarmi di più. Possiamo continuare a contare su di te?». Con gli amici vicini tutto diventa possibile! Con l’allegria nella voce le racconto degli ultimi sviluppi. Anche Martina si commuove per tutta questa solidarietà ed esclama: «Bisogna proprio dire che Andrea ce l’ha fatta due volte! ».