Fra i 5 Stelle è aria di fronda
La difficile alleanza tra Lega e 5 Stelle viene minacciata dall'interno del movimento grillino, dove il presidente della Camera Roberto Fico guida il fronte degli ortodossi, sempre più insofferenti per le iniziative leghiste.
L’approvazione del Decreto Dignità ha trasmesso all’opinione pubblica un’idea di concretezza dell’azione governativa, che tuttavia non basta a sopire malumori e polemiche che serpeggiano nella compagine guidata da Giuseppe Conte e soprattutto nel Movimento Cinque Stelle, oltre che tra i due partiti alleati di governo.
Sembra che coesistano tre governi in uno: quello populista ed euroscettico Di Maio-Salvini, ossessionato giustamente dall’idea di tenere fede agli impegni elettorali e di mantenere alto il consenso dei Cinque Stelle e della Lega; quello più istituzionale ed europeista, rappresentato dai ministri Enzo Moavero e Giovanni Tria e benedetto dal Quirinale, preoccupato di non isolare l’Italia nel contesto del Vecchio Continente; infine, quello più movimentista e ortodosso, che fa riferimento al Presidente della Camera, Roberto Fico, e che potrebbe contare su alcuni ministri e su una sessantina di parlamentari, pronti, secondo indiscrezioni, a far pesare i loro voti in aula quando verranno discussi provvedimenti ritenuti troppo vicini alla sensibilità leghista e al programma del centrodestra.
Tutt’altro che granitico, quindi, il blocco giallo-verde, almeno se si osservano le divisioni su diversi fronti aperti nelle ultime settimane. Si prenda il nodo della Tav, del gasdotto e delle grandi infrastrutture. Matteo Salvini assicura che si faranno tutte, Luigi Di Maio sembra frenare, gli ortodossi sono pronti ad alzare le barricate, come ha lasciato intendere nei giorni scorsi Alessandro Di Battista.
Anche in materia di vaccini le tensioni sono destinate a inasprirsi con l’arrivo dell’autunno. Il mondo della scuola è pronto alla mobilitazione perché percepisce una scarsa attenzione del governo verso le criticità del sistema educativo. Per non parlare dei temi etici, sui quali Lega e Cinque Stelle sono agli antipodi.
Sul decreto dignità a festeggiare in aula due giorni fa a Palazzo Madama per la definitiva approvazione del provvedimento c’erano solo senatori pentastellati, con evidente imbarazzo dei colleghi del Carroccio, costretti ad avallare un testo molto distante dai contenuti della recente propaganda leghista e quindi dal programma elettorale del centrodestra. I mugugni degli industriali del nord, tradizionalmente vicini a quell’area politica, non vanno sottovalutati.
Ieri, poi, è esplosa anche un’altra bomba a orologeria, quella relativa ai migranti, che coinvolge fattori emotivi e umanitari, oltre che economici e di relazioni internazionali. «Non dimentichiamo che Marcinelle è una tragedia dell'immigrazione, soprattutto ora che tanti vengono in Europa. Non sottostimiamo la difficoltà di gestire un tale fenomeno ma non dimentichiamo che i nostri padri e nonni erano migranti. Siamo stati una nazione di emigranti, siamo andati stranieri nel mondo cercando lavoro e bisogna ricordarlo quando vediamo arrivare in Europa i migranti della nostra travagliata epoca». Queste parole, pronunciate dal Ministro degli Esteri Enzo Moavero, intervenuto alle celebrazioni del 62mo anniversario dell'incidente nella miniera di carbone di Marcinelle, dove persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani, ha scatenato veementi reazioni della Lega. «Moavero manca di rispetto agli italiani. Paragonare gli italiani che sono emigrati nel mondo, a cui nessuno regalava niente né pagava pranzi e cene in albergo, ai clandestini che arrivano oggi in Italia è poco rispettoso della verità, della storia e del buon senso», hanno replicato i capigruppo leghisti a Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
A testimonianza della polarizzazione tra posizioni leghiste e punti di vista degli ortodossi pentastellati, si registra anche il commento del Presidente della Camera Roberto Fico, espressione dell'ala 5Stelle più sensibile alla tragedia dei migranti: «In una fase storica come quella attuale, in cui il continente europeo è così profondamente lacerato da posizioni contrapposte sulla sorte dei migranti, queste dolorose testimonianze che affiorano dalla nostra storia di migrazioni ci aiutano a ricordare quando fuggivamo da condizioni difficili, alla ricerca di una prospettiva di vita dignitosa».
Tutti segnali di evidente insofferenza verso il contratto di governo sul quale si regge il governo Conte. Fico in un’intervista ieri a “Repubblica”, ha confermato che Lega e Cinque Stelle «restano forze alternative e ben distinte, che non correranno insieme alle europee». Agli elettori, quindi, apparirà chiaro che l’attuale esecutivo si regge su un compromesso tra visioni della politica e della società molto diverse tra loro e per molti versi incompatibili. C’è un patto di desistenza dei Cinque Stelle su temi cari alla Lega e dei leghisti su cavalli di battaglia dei grillini. Ma quando si discuterà di legge di stabilità e bisognerà decidere come spendere le risorse pubbliche e che direzione imprimere all’economia dei prossimi anni l’alleanza reggerà?
Non è escluso che Salvini stia facendo campagna acquisti tra i delusi di Forza Italia perché intravvede all’orizzonte il boicottaggio in Parlamento di provvedimenti a lui cari da parte degli ortodossi pentastellati. Solo infoltendo le sue truppe sarà dunque sicuro di poter condurre in porto le battaglie a lui care in materia di sicurezza e di sostegno alle imprese, sulle quali si gioca la sua credibilità agli occhi degli elettori. La diaspora dalle file azzurre verso i lidi salviniani sembra solo questione di settimane. Ma i transfughi forzisti saranno sufficienti numericamente a rimpiazzare i malpancisti grillini? E, soprattutto, il Movimento Cinque Stelle resterà unito o le due anime di Di Maio e Fico si separeranno consensualmente? Nei prossimi mesi i nodi verranno al pettine.