Forza Italia si ristruttura, ma è troppo tardi
La svolta democratica di Forza Italia è una decisione tardiva, che arriva fuori tempo massimo vista la costante emorragia di voti registrata dal partito berlusconiano. Ma lo spazio per il cosiddetto Centro è ancora da riempire, con una Lega sovranista e un Pd sempre più spostato a Sinistra. Ma tutto dipenderà dai tempi e dall'incognita elezioni.
La “svolta democratica” di Forza Italia è certamente un fatto positivo. Un partito a vocazione “presidenzialista”, che ha sempre scelto per cooptazione e investitura dall’alto i suoi vertici nazionali e locali e che decide di avviare un confronto interno tra i suoi quadri dirigenti e gli iscritti, compie un passo avanti significativo. Meglio tardi che mai, si potrebbe commentare.
In effetti si tratta di una decisione tardiva, che arriva abbastanza fuori tempo massimo, vista la costante emorragia di voti registrata dal partito berlusconiano. Alle politiche dell’anno scorso il modesto 14% fu giustificato con l’”inagibilità” politica del fondatore. Alle Europee del mese scorso, però, Silvio Berlusconi era addirittura candidato come capolista in quattro circoscrizioni su cinque, e nonostante questo i consensi a Forza Italia sono scesi all’8,78%.
Il trend è chiaro nella direzione di un travaso di voti verso la Lega, Fratelli d’Italia e in parte anche verso l’astensione. Il Cavaliere, con la sua ennesima discesa in campo, ha probabilmente evitato una debacle ancora più cocente, ma evidentemente il suo apporto non è più decisivo.
Di qui la svolta dei giorni scorsi. Berlusconi ha nominato due nuovi coordinatori: il governatore ligure Giovanni Toti, per il nord, e il vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, per il sud. I due saranno coadiuvati da un board del quale fanno parte anche Mariastella Gelmini, Anna Maria Bernini e Antonio Tajani. Obiettivo: inaugurare una nuova stagione di Forza Italia all’insegna dei congressi, delle assemblee, del fattivo coinvolgimento di parlamentari, amministratori centrali e locali e soprattutto iscritti.
Per 25 anni non si è visto quasi nulla di tutto questo per cui è lecito dubitare che possa materializzarsi, come per incanto, una struttura pluralista e democratica laddove è esistita sempre una sorta di monarchia assoluta con un apparato verticistico e impermeabile al pluralismo.
Certo è che lo spazio per un nuovo contenitore di centro, moderato e conservatore, in grado di conquistare voti sia a sinistra che a destra, c’è e si sta anche dilatando. Con una Lega sempre più orientata a presidiare, con Fratelli d’Italia, il versante tradizionalmente di destra dell’elettorato, e un Pd intento a superare il renzismo e a riaggregare tutte le anime disperse della sinistra, anche di quella estrema, sono tanti i milioni di elettori privi di riferimenti politici e a disagio in una dialettica sempre più polarizzata sulle ali estreme.
Che, però, l’attuale Forza Italia possa interpretare questa domanda di rappresentanza appare assai improbabile. La “svolta democratica” del partito berlusconiano appare tardiva. Si potrebbe dire che è un tentativo di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati quasi tutti. E i buoi sono soprattutto gli elettori.
Berlusconi avrebbe dovuto preparare già molti anni fa, quando era ancora al governo, la sua successione, investendo su un gruppo dirigente fatto di nuove leve di ispirazione liberaldemocratica e promuovendo occasioni partecipative e inclusive. Non l’ha mai fatto, ha sempre puntato tutto sul suo carisma, pressochè insuperabile, ma senza riuscire a garantire un futuro alla sua creatura, che ora annaspa sotto il 10% e si sta sciogliendo come neve al sole.
Ecco perché la mossa Toti-Carfagna appare più dettata dalla disperazione che non da un’effettiva volontà di delegare potere sottraendolo a quel cerchio magico autoreferenziale che per anni ha fatto il bello e il cattivo tempo alla corte del sovrano assoluto.
E’ vero che Toti aveva già le valigie in mano, pronto a lasciare Forza Italia per creare un nuovo contenitore minoritario e alleato della Lega. Con questo nuovo ruolo, invece, combatterà la sua battaglia dentro il partito berlusconiano, provando a rilanciarlo e a non appiattirlo del tutto sulla linea del Carroccio. Ancor più farà questo la baldanzosa Carfagna, che in alcune aree del sud può mettere sul piatto un peso elettorale quasi uguale o addirittura superiore a quello del Carroccio.
Moltissimo, però, dipenderà dai tempi. Se ci fossero elezioni politiche anticipate entro fine anno, ben difficilmente il processo di riorganizzazione forzista potrebbe sortire i frutti sperati e a quel punto gli azzurri dovrebbero accontentarsi di fare da stampella all’avanzata sovranista. Se invece il governo durasse e se la crescita salviniana dovesse arrestarsi, Forza Italia potrebbe riconquistare in parte l’elettorato perduto, strutturarsi in modo nuovo e con forze fresche e riproporsi come “casa dei moderati” in uno scenario post-berlusconiano.
Nell’era di internet si è visto che i cicli politici si esauriscono in fretta e difficilmente chi perde voti poi li recupera, per cui appare davvero improbabile che il duo Toti-Carfagna possa fare miracoli. La strada di Forza Italia somiglia tanto al viale del tramonto, ma prima o poi dovrà esserci qualcuno/qualcosa in grado di ereditarne il ruolo politico centrale nel panorama politico nazionale.