Forteto, perché il lager dei ragazzi è finito all'Expo?
Dai tribunali all’Expo, da lager dove i ragazzi venivano violentati a eccellenza imprenditoriale da far conoscere al mondo. Ecco il Forteto double face: una comunità dove i minori venivano abusati e poi una cooperativa agricola che oggi mostra i suoi prodotti all’Expo. Una storia ai limiti dell'incredibile. E della legalità.
La chianina fiorentina, le carni suine, i conigli e il pollame. E poi pecorino fresco, yogurt ed erborinati alla ricotta. E ancora: frutta e verdura di stagione, pane di giornata con grano macinato a pietra. Infine una valanga di bio-ghiottonerie: pasta, riso, olio extravergine, vino, birra artigianale, confetture e lo speciale succo di mela al 100%. Difficile immaginare che tutte queste sciccherie gourmet arrivino dal Forteto, la comunità agricola fondata da Rodolfo Fiesoli, detto “Il Profeta”, il guru finito in carcere con l’accusa di violenze sessuali sui ragazzi della comunità di Vico nel Mugello. Per lui, il pubblico ministero ha chiesto 21 anni di carcere e pene altrettanto dure per i suoi collaboratori (clicca qui). Eppure, sotto il marchio del Forteto, c’è pure questa sorprendente realtà fatta di lavoro e cose buone, che sempre impossibile associare a quella della comunità, svelata dal processo in corso a Firenze nella sua vera natura di lager, dove i ragazzi venivano sottoposti a ogni genere di abusi e vessazioni.
Sul bel sito della cooperativa agricola si può leggere che «Il Forteto è attento alla salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema: nei quasi 500 ettari del suo territorio, mantiene un rapporto di equilibrio con la natura e l’ambiente, prevedendo l'uso "sostenibile e rinnovabile" delle risorse». Parole che confrontate con quelle ascoltate durante le udienze del processo, suonano con perfida ironia. Eppure, l’azienda è considerata una vera «eccellenza imprenditoriale» nella realtà produttiva del Mugello. E non sono i dirigenti a dirlo, ma lo stesso pubblico accusatore. Nella sua requisitoria, il magistrato ha dato una notizia che pochi conoscevano: i prodotti del Forteto sono in mostra all’Expo, nel padiglione della Toscana. Sorprendente e in un certo modo raccapricciante: quel nome, sinonimo di violenze sessuali e abusi sui minori, fa da etichetta a cibi scelti per dimostrare al mondo la raffinatezza del made in Tuscany. Com’è possibile? Anche se la coop agricola oggi è cosa diversa dalla comunità degli orrori, è lo stesso pm a ricordare che i formidabili traguardi dell’azienda non sarebbero stati raggiunti senza il contributo degli ospiti svantaggiati. «Qualunque imprenditore sarebbe stato felice della forza lavoro disponibile al Forteto», ha ricordato il magistrato, «si lavorava sempre, mai riposo neppure nei giorni di festa, come hanno raccontato i ragazzi». Del resto, a svelare per la prima volta i legami tra le due realtà, erano stati gli ispettori mandati addirittura dal governo, dopo che lo scandalo delle violenze nella comunità arriva in tribunale e sui giornali. Nel 2013 il governo (Letta premier) volle vederci chiaro dato che la cooperativa del “Profeta” godeva di un flusso ininterrotto di soldi pubblici (dalla Regione Toscana ai Fondi europei).
Al Mugello arrivano gli ispettori ministeriali: per quasi sei mesi ascoltano i lavoratori, esaminano le carte, spulciano i bilanci. Alla fine il verdetto non lascia dubbi: la cooperativa va subito commissariata e i dirigenti sostituiti. Nonostante il rapporto sveli le magagne amministrative del Forteto, il governo del premier Matteo Renzi boccia la richiesta dei suoi stessi ispettori: il processo penale va avanti, ma la coop non viene commissariata. (clicca qui). Una decisione davvero sorprendente che si spiega solo con una ragione: il “Profeta” conta ancora coperture politiche importanti e tanti amici a sinistra, pure nel governo del toscano Matteo Renzi. Primo fra tutti Giuliano Poletti, ex vicepresidente nazionale di Legacoop, la centrale delle coop rosse (tra i suoi soci c’è pure il Forteto) diventato ministro allo Sviluppo economico. A lui compete la vigilanza sulle attività delle cooperativa e da lui, appunto, arriva lo stop al commissariamento. Solo coincidenze? L’ultima beffa è dello scorso ottobre: Il Forteto si aggiudica 700 milioni di fondi europei messi a disposizione dalla Regione Toscana per lo sviluppo agricolo nelle zone del Mugello. Ma per chiedere soldi alla Regione e all’Europa non è almeno chiesta la fedina penale pulita?
D’accordo le colpe dei padri non devono mai ricadere sui figli: ma i dirigenti della coop agricola sapevano bene i crimini di cui era accusato papà Fiesoli, eppure l’hanno sempre difeso e quando il Profeta venne arrestato, i soci diffusero una nota per ribadire che «la Cooperativa, riponendo totale fiducia nell'attività della magistratura, intende però esprimere la piena solidarietà al socio Rodolfo Fiesoli, coinvolto nella vicenda, nella certezza che chi lo ha conosciuto ed ha conosciuto Il Forteto saprà dare la giusta dimensione alle notizie talvolta imprecise nella loro formulazione». Beh, dopo anni di inchieste e tentativi di insabbiamento, ora quelle notizie “imprecise” sono diventate gravissimi capi di accusa e i soci che espongono le loro delizie all’Expo, qualcosa dovranno pur dire. Passi (la cosa è comunque discutibile) che non abbiano sentito il bisogno di cambiare nome alla coop, un marchio infamante per ciò che ricorda, dovrebbero però chiarire se quella granitica solidarietà a Fiesoli vale ancora oggi. Lo devono soprattutto a quei ragazzi che per anni sono stati devastati nella dignità e negli affetti e che pure hanno contribuito allo sviluppo della cooperativa. Prima che a qualcuno venga l’idea di boicottare la bistecca chianina e la bio-birra in vetrina all’Expo.