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EUTANASIA

Fine vita, così il Veneto tradisce elettori e malati

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Dopo la pandemia l'agenda del reset sanitario tocca l'eutanasia. La Regione Veneto guidata da Zaia dovrà garantire un percorso fine vita a chi ne farà richiesta. In Consiglio regionale passa una mozione della minoranza che viene votata con due soli voti contrari. Un tradimento degli elettori di centrodestra che hanno votato contro l'eutanasia e una vittoria delle lobby eutanasiche. 

Vita e bioetica 08_05_2023

Adesso che anche l’OMS si è ufficialmente espressa, si può dire che è finita la pandemia da Covid-19, fermo restando che dovremo continuare a vivere nella paura perché altri virus - così ci dicono con granitica certezza - verranno ad affliggerci.

Nel frattempo, tuttavia, l’agenda del Reset sanitario mette al centro dell’attenzione mediatica e dell’impegno politico il tema del cosiddetto fine vita, ovvero eutanasia e suicidio assistito. Poco importa che non sia un tema avvertito: qui sulla Bussola avevamo già parlato dell’insoddisfazione e della rabbia con cui Cappato e soci avevano preso atto delle bassissime percentuali di adesioni di italiani alle espressioni di volontà riferite al fine vita, e avevamo già messo in guardia nei confronti delle misure che gli esponenti della cultura eutanasia avrebbero preso.

Il Veneto ha dunque preso l’iniziativa di aprire alle iniziative per porre fine a vite non ritenute più degne di essere vissute. La Regione guidata da Zaia dovrà garantire un percorso in tal senso a chi ne farà richiesta, dopo che è stata approvata la mozione della consigliera di minoranza (Movimento 5 Stelle) Erika Baldin. La mozione chiedeva un impegno a garantire per tutti la massima libertà possibile sul fine vita, e il consiglio regionale, con ampia maggioranza di Centro Destra, anziché rimandarla al mittente, l’ha approvata a larghissima maggioranza.

Due soli i voti contrari alla mozione e sei gli astenuti, mentre 32 sono stati i voti favorevoli. Un risultato raggiunto anche grazie alla “libertà di coscienza” accordata dai capigruppo dei partiti ai consiglieri, una singolare liberalità. Con questa approvazione, la giunta regionale dovrà individuare le modalità con le quali le persone che avanzano richiesta di fine vita potranno ottenerla.

Inoltre, sempre la giunta dovrà promuovere in tutte le istituzioni il principio per cui il ruolo della politica è quello di garantire la libertà di scelta, astenendosi da qualunque intervento potenzialmente in grado di “condizionare la libera scelta dei cittadini”. Insomma, è garantita solo la possibilità di “liberamente” scegliere la via dell’eutanasia. “Un grande successo - ha commentato la consigliera Baldin - Un bene per tutta la cittadinanza, data la carenza normativa nel settore. C’è stato chi ha dovuto accumulare debiti per potersi recare in una clinica svizzera a porre fine alle proprie sofferenze. Ora il Veneto viene loro incontro”.

La mozione ha preso le mosse dal caso del vicentino Stefano Gheller, un uomo di cinquant’anni affetto da una rara forma di distrofia muscolare, che lo scorso ottobre si è visto prestare l’assenso, da parte della locale Azienda Sanitaria, alla richiesta di fornitura della strumentazione e dei medicinali da autosomministrarsi per mettere fine alla propria vita. A partire da questo caso, c’è stato un grosso impegno da parte dell’associazione Luca Coscioni, la quale ha raccolto oltre settemila firme nel territorio veneto, a sostegno del progetto di legge regionale per il suicidio assistito.

Si tratta di strategie consolidate da anni da parte delle associazioni che promuovono l’eutanasia, ma ciò che sorprende di questa vicenda è la totale assenza di opposizione a questi progetti da parte di una maggioranza politica che dovrebbe – almeno sulla carta - avere ben altri orientamenti sul piano della difesa dei valori etici. E magari proprio perché si era proposta come schierata a difesa dei princìpi della sacralità della vita aveva mietuto un buon numero di consiglieri, e di questo consenso Zaia e i suoi stanno facendo strame.

E preoccupa molto il fatto che i consiglieri regionali - lasciati liberi da indicazioni di partito, abbiano votato “secondo coscienza”, ma con una coscienza resa assolutamente conforme al pensiero unico dominante. Se la Chiesa - come si è visto nel caso delle dichiarazioni rese dal vescovo Paglia proprio sul fine vita -, si mostra possibilista, e sul piano politico non ci sono più diversità di posizioni nei confronti della difesa della vita tra Destra e Sinistra, chi resterà a difendere i diritti dei malati a ricevere cure adeguate, e non ad essere terminati nel loro “miglior interesse”?

Ancora una volta abbiamo assistito, come già in passato, all’incredibile spettacolo di una minuscola minoranza ideologizzata che riesce a condizionare e a guidare una maggioranza imbelle e incapace di arrestare questi processi rivoluzionari, che portano a ribaltamenti del comune sentire, di una civiltà che si lascia morire. L’eutanasia dei corpi, in fondo, non è altro che la conseguenza dell’eutanasia dello spirito e della ragione.