Finanziamento ai partiti, l'ipocrisia grillina
Il Movimento 5 Stelle mira alla destabilizzazione della politica per protesta contro la "casta". Ma in fatto di finanziamento ai partiti è il peggiore di tutti, beccandosi soldi pubblici e rastrellando quelli privati su Internet.
Negli ultimi giorni, complice l’inasprimento dell’offensiva antisistema dei grillini, populismo e antipolitica stanno raggiungendo livelli di guardia. Qualcuno profetizza che il Movimento Cinque Stelle riuscirà a tenere surriscaldato il clima politico ancora per settimane, con gesti dimostrativi e minacce ai vertici delle istituzioni, fino a quando non riesploderà nella società civile una protesta stile forconi destinata a destabilizzare l’intero quadro socio-politico. In questa visione pessimistica, saremmo alla vigilia di disordini di piazza e di attentati. Il tutto per impedire il processo riformatore che faticosamente le maggiori forze politiche stanno cercando di avviare con la benedizione del Quirinale.
La verità sta forse nel mezzo. Non si arriverà alla guerra civile ma certamente l’obiettivo di Grillo è di ricompattare il suo movimento e di ri-motivare la base, al quanto delusa dalla sterilità della sua velleitaria azione politica, agitando le piazze e incitando alla rivolta contro tutto e tutti. La strategia dell’ex comico ricorda quella della Lega di lotta e di governo che, di fronte a sondaggi poco favorevoli o a rischi di scissione, per ricompattarsi tornava a brandire ciclicamente l’arma della secessione.
Gli italiani forse cominciano ad aprire gli occhi sul grande inganno alla base del “grillismo”: una demagogia e un populismo senza precedenti nella storia repubblicana, con un ceto politico inesperto, mediocre, rozzo e indottrinato da un leader che si è arricchito anche grazie al boom televisivo durante la Prima Repubblica. E l’inganno maggiore è che si tratta di un movimento che demonizza tutto il resto ma poi, come ha acutamente evidenziato Milena Gabanelli durante una puntata di Report, adotta un sistema di finanziamento assolutamente subdolo e orchestrato alle spalle degli ignari e sprovveduti militanti. La Rete come fonte di business è l’unica vera novità del Movimento Cinque Stelle, i cui leader Grillo e Casaleggio rastrellano denaro attraverso la pubblicità sui loro blog, fomentano un odio generalizzato verso le istituzioni e mobilitano il popolo di internet attraverso finte e pilotate procedure democratiche che alimentano un frenetico traffico on line.
Nei giorni scorsi il quotidiano Il Fatto ha pubblicato un ampio articolo sui finanziamenti a Renzi e al suo entourage:emerge una fitta rete di associazioni che hanno sostenuto le campagne elettorali del sindaco di Firenze e la sua corsa per le primarie e che risultano vicine a facoltosi finanzieri e a uomini politici di centrosinistra ma anche di centrodestra (i rapporti tra Renzi e Verdini sono assai cordiali e non da oggi).
La questione cruciale del finanziamento della politica torna dunque in primo piano. Quasi tutte le forze politiche si sono stracciate le vesti per abolire il finanziamento pubblico additato come causa di tutti i mali. Oggi ci si rende conto che una politica finanziata in modo anarchico dai privati può dar vita a una ragnatela inestricabile di interessi più o meno subdoli e scarsamente riconducibili a una visione democratica della società e della politica. Un finanziamento pubblico trasparente, controllato, documentato e certificato da società esterne, con puntuali procedure di rendicontazione, potrebbe forse rappresentare una soluzione più idonea a garantire una dialettica democratica ed equilibrata tra le forze in campo e a stimolare un'effettiva e convinta partecipazione dei cittadini e degli elettori alla vita dei partiti. O forse, come accade negli Stati Uniti, un finanziamento privato alla luce del sole, associato ad una legge sulla rappresentanza degli interessi, sul riconoscimento delle lobbies e sulla registrazione obbligatoria dei lobbisti, potrebbe riavvicinare la società civile ai partiti e mettere ordine nell'ingarbugliata geografia degli interessi che attualmente si esprimono in modo disarticolato nella politica italiana.