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Figli, più crescono meno ti aiuto: fattore inverso Italia

Il pacchetto famiglia è un segnale importante, ma ha il limite di essere pensato per le famiglie con figli sotto i tre anni. Così i nuclei numerosi con figli in crescita sono penalizzati fino a rimetterci quando diventano maggiorenni. In Francia, Germania e Ungheria il fattore età è direttamente proporzionale alla loro crescita. Perché se vuoi investire sulla natalità devi indicare un modello sostenibile negli anni. 

Editoriali 05_12_2022

Con la presentazione del “Pacchetto Famiglia” che entra nella manovra finanziaria, il Governo Meloni ha voluto dare un segnale di svolta e di attenzione al comparto famiglia in un’ottica di incentivo della natalità.

Non c’è solo l’incremento dell’assegno unico, ma ci sono anche congedi parentali per i papà, il rifinanziamento dei mutui agevolati per le coppie under 36, le quali mediamente, essendosi spostata di un decennio la nascita del primo figlio, sono quelle che hanno da 1 a due figli, la riduzione dell’iva per i prodotti per la prima infanzia (pannolini, latte in polvere etc…) e altre misure significative.

Lo sforzo del Governo Meloni, che ha messo sul piatto 1 miliardo e 500milioni va sicuramente riconosciuto e sostenuto come incoraggiamento a proseguire nelle politiche di rilancio della natalità anche in un contesto di crisi come l’attuale e di borsa “tirata”, come i membri del governo hanno cercato di dire nel far fronte alle prime critiche.

È importante però sottolineare, non per fare le pulci, ma per analizzare con rigore di raggi x le scelte, che la ratio scelta dalla Meloni risponde ad una precisa volontà politica di dare un segnale soprattutto alle famiglie in formazione o che hanno figli piccoli. Lo dimostrano molte delle misure del Governo, ma soprattutto lo prova la criticabile decisione di aumentare l’assegno unico solo per chi ha figli sotto i tre anni (sia essa famiglia numerosa o con tre figli) con Isee fino a 40mila euro, lasciando a bocca asciutta famiglie numerose con più di tre figli, ma non sotto i tre anni e Isee più basso. Di questo la Bussola si è già occupata, ma giova ritornarci perché la misura non è stata giustificata in alcun modo e sembra essere anche contraddittoria.

Per il bonus sociale energia, ad esempio sono state fissate delle soglie di Isee precise, per l’aumento dell’assegno unico la soglia Isee è stata tenuta molto larga, ma poi è stato introdotto un fattore età che non ha alcun senso e che non sembra essere neanche uniformato a quello che accade in Europa. 

È vero, il governo ha aumentato l’assegno anche per il neonato, ma questa misura, non sotto forma di assegno mensile, ma di una tantum era stata introdotta per la prima volta dal governo Berlusconi per i nati del 2006. Poi, negli ultimi anni, è stato introdotto il bonus bebè.

Quella dell’attenzione delle famiglie giovani con figli piccoli sembra essere una forma mentis radicata di certa politica, che interpreta il rilancio della natalità come un mero incentivo a mettere al mondo i figli, senza chiedersi che cosa succederà dopo. Una volta cresciuti i figli, sarà tutto sulle spalle dei genitori ed è lì – vale soprattutto per le famiglie numerose - che si insinua il problema della povertà. Come se un figlio costasse solo quando ci sono da comprare pannolini e pappe e smettesse di esserlo quando la famiglia si trova di fronte alla scelta della scuola o dell’università.

Anche il trattamento ridotto che ricevono i figli già maggiorenni, figlio dell’era Draghi, è poco attento alle esigenze delle famiglie: un figlio diciottenne studente è ancora in carico alla famiglia esattamente come un figlio di dieci anni. Non si capisce, dunque, perché per lui l’assegno dovrebbe diminuire.

In Europa non funziona così. Il governo dovrebbe prendere esempio dai paesi che invece trattano gli aiuti alla famiglia in modo direttamente proporzionale all’aumentare della loro età e non inversamente come da noi. 

Come ha sinteticamente illustrato Milena Gabanelli su Corriere tutto nasce da quanti soldi ci mette un governo: la Germania, partiva da un tasso di sostituzione dell’1,3 ed è ora all’1,5 figli per donna. Merito dell’aver investito risorse pari al 3,3% del proprio Pil. Nell’assegno tedesco al primo figlio vanno 219 euro mentre al quarto 250 e viene erogato fino a 25 anni se il figlio studia (in Italia fino a 21, ridotto).

Ma anche la Francia può essere un modello: ha investito il 2,3 del Pil e ora il suo tasso di fertilità è tra i più alti d’Europa: 1,8 figli per donna, vicino alla fatidica soglia di sostituzione. Ebbene: anche le politiche francesi sono direttamente proporzionali all’aumentare dei figli e con un occhio al fattore età, ma non calante come l’Italia, bensì crescente: più è grande il figlio, più è alto l’assegno: premio alla nascita di 960 euro, poi 378,87 euro per la fascia 6-10 anni, 399,77 euro per gli 11-14 anni e 413,62 15-18.

Anche in Ungheria si applica un fattore età crescente: 39 euro per il primo figlio, 44 per i successivi, col terzo figlio scatta un assegno dello Stato per l’acquisto di un’auto a sette posti. Perché a sette posti se la famiglia è composta da 2 + 3 persone? Semplice: perché il passaggio critico per una famiglia è quello dal terzo al quarto figlio. È qui che scatta il rischio di scivolare sotto la soglia della povertà, che si presenta anche quando mamma e papà devono comprare un’auto spaziosa e di grossa cilindrata per tutti i componenti e non un’utilitaria da cinque. Il governo di Orban, regalandotela subito al terzo è come se dicesse: “Per il quarto l’auto è già pagata, non preoccupatevi”. Infatti, è col quarto figlio che l’Ungheria vuole dire alle famiglie numerose che quello che fanno per mettere al mondo i contribuenti di domani è prezioso: non si pagano più tasse.

Da noi, purtroppo, si continua con timidi tentativi – infruttuosi ai fini del rilancio della natalità - di ingolosire chi ha pochi figli e piccoli, mentre chi ha scommesso sulla vita si lascia a bocca asciutta perché il tempo non c’è mai e i soldi neanche stavolta.

Da un governo che ha chiesto e ottenuto i voti per il rilancio della famiglia ci si aspetterebbe molto di più. Almeno iniziando a cambiare prospettiva. Del resto, a chi conviene una famiglia numerosa se lo stesso Stato ti aiuta maggiormente solo quando i figli sono piccoli come se fossero destinati a non crescere mai?