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CRISI DI GOVERNO

Fico esplora maggioranze alternative, ma non le trova

Mattarella conferisce l'incarico esplorativo al presidente della Camera, Roberto Fico, per cercare una nuova maggioranza. Un incarico temporaneo a Fico perché è esponente dell'ala più intransigente del M5S che altrimenti potrebbe scindersi dal partito di maggioranza. Ma la strada per un nuovo governo è tutta in salita. 

Politica 30_01_2021
Roberto Fico

Giornata decisiva quella di ieri per le consultazioni di Mattarella. Incarico esplorativo a Roberto Fico, Presidente della Camera, chiamato a verificare la disponibilità delle forze della maggioranza a rimettersi insieme per dar vita a un nuovo esecutivo, guidato ancora da Giuseppe Conte o da un’alta personalità come Marta Cartabia, Presidente emerita della Corte Costituzionale.

La terza carica dello Stato si è impegnata a concludere il suo giro di verifiche entro martedì per poi riferire al Capo dello Stato. Se Fico dovesse percepire che esistono le condizioni per ricreare una maggioranza attorno a Giuseppe Conte, tutto tornerà come prima, altrimenti il Presidente della Repubblica ha già lasciato intendere che vaglierà altre possibilità prima di sciogliere le Camere, ipotesi che al momento non è sul tavolo. "È emersa la prospettiva di una maggioranza politica a me manifestata nel corso delle consultazioni. Va peraltro doverosamente verificata nella sua concreta disponibilità", ha dichiarato Mattarella per motivare la scelta di affidare un incarico esplorativo a Fico.

Ma perché proprio il Presidente della Camera, che rappresenta l’ala più di sinistra della coalizione di governo? Perché è fondamentale salvare la compattezza del Movimento Cinque Stelle, alquanto diviso sull’ipotesi di riaccogliere in maggioranza il “distruttore” Matteo Renzi. Alessandro Di Battista minaccia scissioni e dalla sua parte ci sono senatori ed esponenti di primo piano dell’ala dura e pura dei pentastellati, in particolare l’ex ministro Barbara Lezzi e il Presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra.

I tempi della crisi di governo sono imprevedibili, ma si è già capito che non saranno brevissimi. Nessuno può fare marcia indietro senza perdere la faccia e dunque eventuali ripensamenti, con la ricostituzione della disciolta maggioranza, dovranno avvenire nel tempo. Un periodo di decantazione appare indispensabile. Di qui il mandato interlocutorio a Fico. Le distanze tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, che apparivano siderali una settimana fa, ora sembrano ridursi, per la paura di entrambi di non ottenere ciò che auspicano: l’uno l’eliminazione politica dell’altro.

Il centrodestra è salito al Quirinale unito e compatto e ha ribadito la sua preferenza per le elezioni anticipate, che metterebbero fine all’attuale agonia, alimentata da divisioni laceranti tra i partiti della coalizione che sostiene tuttora Giuseppe Conte e dalla ricerca affannosa e spasmodica di “responsabili” in grado di puntellare la maggioranza al Senato. Oltre ai leader di Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, nella delegazione di centrodestra c’erano anche Lupi di Noi con l'Italia, Toti e Quagliarello per Cambiamo e De Poli per l'Udc. Ha parlato a nome di tutti Matteo Salvini, precisando che la via maestra è quella del voto, ma che il centrodestra rimane molto attento alle determinazioni di Mattarella e quindi non esclude a priori altri governi in questa legislatura. "Abbiamo chiesto al presidente Mattarella di sciogliere le Camere e valutare le elezioni - ha detto il leader del Carroccio - Abbiamo sottolineato che non si può andare avanti con questa maggioranza. Se non ci sarà il voto valuteremo insieme". Massima collaborazione da parte del centrodestra nell’approvazione di provvedimenti utili al Paese, ma nessuna sponda a nuovi esecutivi con la stessa maggioranza e con lo stesso premier.

Come detto, i Cinque Stelle sono spaccati al loro interno, ma prevale il timore di perdere la poltrona. La gran parte dei parlamentari pentastellati, in caso di scioglimento anticipato delle camere, non verrebbe rieletta e quindi cercherà in tutti i modi di blindarsi allo scranno di Montecitorio o di Palazzo Madama, nella speranza che un governo qualsiasi veda comunque la luce. Ufficialmente i grillini hanno rimosso la pregiudiziale nei confronti del senatore di Rignano e mantengono con fermezza la loro candidatura unica per Palazzo Chigi: nessun altro premier se non Conte. Il Movimento 5 Stelle punta a un patto di legislatura per blindare l’attuale Presidente del Consiglio e tenere a bada Renzi. Ma si tratta di una scommessa ad alto rischio e difficile da spiegare all’opinione pubblica, che farebbe fatica a capire le ragioni di una crisi durata settimane e magari conclusa con la sostanziale riedizione dello stesso governo che c’era prima. Non basterebbe, infatti, motivare il riavvicinamento Conte-Renzi con un programma di governo rinnovato. La gente non capirebbe e penserebbe al solito teatrino per le poltrone. Soprattutto si avrebbe la conferma di un qualcosa che ormai è noto: i grillini, pur di non perdere la poltrona, sono pronti a rifare ponti d’oro all’ex sindaco di Firenze.

Peraltro, nelle ultime ore, si fa strada un’interpretazione all’apparenza bizzarra ma che spiegherebbe il prolungato silenzio del premier Conte. L’ala di Alessandro Di Battista, più identitaria e meno incline ad inciuci e compromessi, si dice indisponibile a votare un governo Conte ter con la stessa maggioranza di prima, quindi anche con Renzi. Dietro questa ostinazione ci sarebbe proprio il premier uscente, ormai rassegnato all’idea di fare gli scatoloni per lasciare Palazzo Chigi e dunque interessato ad andare alle urne prima possibile per presentarsi agli elettori con una sua lista come un martire defenestrato ingiustamente. Con lui si candiderebbero proprio Di Battista e tutti i ribelli grillini smaniosi di prendersi una rivincita nei confronti di Luigi Di Maio e dell’ala governista del Movimento. Addirittura Barbara Lezzi chiede una votazione su Rousseau per capire cosa i militanti vorrebbero: se un nuovo governo con Renzi o le elezioni. La strada di Fico si presenta dunque in salita e il suo tentativo potrebbe impantanarsi nel gioco dei veti incrociati.