Fiasco alla fiera del matrimonio "per tutti"
Il «1° Salon du mariage pour tous», svoltosi a Parigi nell'anno appena trascorso è stato un colossale fiasco. Solo 150 visitatori e due acquirenti. Perché mettere in piedi questo carrozzone pro-gay se neppure gli omosessuali sono interessati?
«Fiasco!». È il termine italiano usato dal quotidiano francese «Le Figaro» per titolare il servizio sul «1° Salon du mariage pour tous» svoltosi nel giugno di quest’anno. La parola «fiasco» è diventata internazionale (la usano anche inglesi e americani) sull’onda del successo planetario ottocentesco dell’opera lirica italiana (e i francesi dicono anche «bravo!»). Se siete curiosi, sfogliate un dizionario di inglese e vedrete che quasi tutti i termini musicali sono italiani («piano», «solo», «adagio», «virtuoso»…). E pure la testata dell’autorevole giornale francese rimanda all’opera (non si chiama «Opéra» il principale teatro parigino?).
In effetti, il melodramma attaglia perfettamente agli alti lai ululati al cielo dagli organizzatori dei sessanta stands che, nel Parc Floral di Parigi, hanno dovuto smontare in pochi giorni tutti i loro allestimenti perché i visitatori del detto 1° Salon du mariage (che era, sì, “pour tous”, ma ovviamente destinato ai matrimoni gay, che il governo Hollande ha recentemente introdotto in Francia) sono stati in tutto 150. La Francia ha una popolazione numericamente simile all’Italia, Parigi è una megalopoli di molti milioni di abitanti. Infine, data la rinomanza della moda francese (non solo abiti ma anche gioielli, accessori e profumi), i sessanta standisti che hanno sborsato parecchio denaro per partecipare all’esposizione sicuramente si aspettavano un’accorr’uomo anche dall’estero.
Invece no. 150. Visitatori. Acquirenti? Pare due, che hanno comprato un paio di anelli. E questi due erano pure una coppia etero. Insomma, sembra proprio che questo «Premier Salon» sarà anche «le Dernier» (l’ultimo, per chi non sa il francese). Gli standisti sono furibondi, perché l’organizzatrice aveva promesso loro valanghe di visite. Invece non si sono presentati nemmeno i Vip, nemmeno i politici che hanno fortemente voluto le nozze gay, tanto fortemente da mandare la polizia contro la gente che manifestava in piazza contro l’impopolare legge e minacciare la galera a quei ventimila sindaci francesi che si rifiutano di applicarla.
Lo spumante, i succhi di frutta e i pasticcini preparati per l’accoglienza alle previste torme di interessati al settore se li sono mangiati e bevuti le hostess e gli steward, nonché gli addetti ai servizi di sicurezza che si sono grattati la pancia tutto il tempo. Infatti, nemmeno i previsti «omofobi» si sono presentati a disturbare e a contestare. La società organizzatrice di eventi, Eden Day, ha parlato apertamente di «catastrofe» (infatti, gli espositori intendono citarla per farsi risarcire) e ha confessato al «Figaro» di aver incontrato solo cinque persone in tutto. Per giunta, parlando con gli altri del Salon, si è accorta che erano sempre le stesse cinque. Non solo. Nessuna di queste era interessata al «matrimonio». Qualcuno si è pure accorto di un gruppetto di ventenni che aveva passato l’intera prima giornata dell’expo a fare le comparse a beneficio dei giornalisti.
Adesso sono tutti a chiedersi se era il caso di mettere in piedi un ambaradam riservato agli omosessuali, visto che la cosa non interessa neanche a loro. Già l’attore Rupert Everett, omosessuale senza remore, aveva dichiarato che le nozze gli sembravano qualcosa di ridicolo, visto che lo stile di vita gay era sempre stato vissuto come trasgressivo, mentre il matrimonio «con le tendine alle finestre e la torta nel forno» era quanto di più borghese ci fosse. È possibile che questa sia davvero la posizione della maggioranza degli omosessuali, che molto probabilmente desiderano solo di essere lasciati in pace. Ma l’ideologia è un’altra cosa, come ben dimostra il flop del Salon parigino. E una minoranza ideologizzata, per quanto sparuta sia (e realmente questa lo è), se ben provvista di sponsor può davvero cambiare la storia.