Fellay: «Se Roma ci dice di accettare in ogni caso, noi non possiamo»
Il superiore dei lefebvriani attacca
il Vaticano II: «Il Concilio ha introdotto nella Chiesa uno spirito non cattolico». Attesa in settimana
la risposta alla proposta vaticana.
È attesa per i prossimi giorni la risposta della Fraternità San Pio X alla proposta della Santa Sede, consegnata al superiore generale, il vescovo Bernard Fellay. E i segnali che arrivano da Econe, dove si trova il quartier generale dei lefebvriani, non sembrano affatto preannunciare una risposta positiva di accettazione del «preambolo dottrinale» preparato dal Vaticano.
Lo scorso 8 dicembre, nel corso dell’omelia per la festa dell’Immacolata, monsignor Fellay, che già nelle settimane precedenti in un’intervista – non particolarmente gradita al Vaticano – aveva dichiarato di non poter accettare il preambolo così com’è, ha detto: «Avete sentito che c’è una proposta di Roma che dice “siamo pronti a riconoscervi”, ma il problema è che c’è sempre una condizione. Questa condizione, comunque la si formuli, di fondo è sempre la stessa: bisogna accettare il Concilio Vaticano II. Riassumendo, la situazione attuale è la seguente: ci hanno detto, “sì, voi potete criticare il Concilio, ma a una condizione: che, comunque, lo accettiate”. Ma noi diciamo: “come possiamo criticare a posteriori?” Credo che sia una sintesi onesta della situazione attuale».
Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la «Professio fidei» richiesta a ogni persona che assume un ufficio ecclesiastico. Vale a dire ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.
Lo scorso 2 dicembre «L’Osservatore Romano» aveva pubblicato un articolo del teologo Fernando Ocáriz, vicario generale dell’Opus Dei nonché membro della delegazione vaticana protagonista del dialogo dottrinale con la Fraternità San Pio X, nel quale si precisava che il Vaticano II, pur non avendo definito nuovi dogmi ed essendo stato un concilio pastorale, non ha per ciò stesso un valore minore. Il fatto che «un atto del magistero della Chiesa – scriveva il teologo – non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato “fallibile” nel senso che trasmetta una “dottrina provvisoria” oppure “autorevoli opinioni”». Il Vaticano II ha, spiega Ocáriz, il carisma e l’autorità dell’intero episcopato radunato con Pietro e sotto l’autorità di Pietro «per insegnare alla Chiesa universale». Negarlo «sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa». Nell’articolo si spiega anche che, «naturalmente non tutte le affermazioni contenute nei documenti conciliari hanno lo stesso valore dottrinale e quindi non tutte richiedono lo stesso grado di adesione».
La Santa Sede, presentando il preambolo dottrinale, aveva manifestato la sua disponibilità ad accettare eventuali modifiche o precisazioni (non sostanziali) al testo, nel caso i lefebvriani manifestassero delle riserve su alcuni punti. Ma dalle parole di monsignor Fellay sembra presentarsi una nuova situazione di stallo. Secondo alcune indiscrezioni, la Fraternità potrebbe presentare in questi giorni una contro-proposta nella quale sia specificato in modo chiaro che ai lefebvriani non si chiede di assentire ai documenti conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo e la libertà religiosa. In questo caso Fellay potrebbe presentare l’accordo come una vittoria dei lefebvriani su Roma e tacitare le consistenti fronde interne contrarie all’accordo.
C’è però invece chi sostiene che le uscite pubbliche e critiche di monsignor Fellay siano state determinate proprio dalla necessità di tenere sotto controllo gli oppositori interni, ma l’intenzione sarebbe quella di concludere accettando nella sostanza il preambolo. La Santa Sede ha infatti spiegato che l’accettazione della «Professio fidei» non significa affatto chiudere il dibattito sull’interpretazione di questo o quel punto particolare del Concilio. Ma è chiaro che le autorità vaticane non sono disposte a offrire un riconoscimento canonico a vescovi e a sacerdoti che non accettino il minimo comune denominatore richiesto a chi assuma un ufficio ecclesiastico.
«Lo spirito del mondo - ha detto Fellay durante l’omelia dell’8 dicembre - si è introdotto nella Chiesa. Quindi dobbiamo batterci non solo contro nemici esterni, ma contro un spirito non cattolico che si è insinuato nella Chiesa. Questo cambiamento, l’intromissione di questo spirito si è verificata a partire dal Concilio Vaticano II. È un grande mistero, è come se il diavolo avesse messo un piede dentro un santuario. È qualcosa che si fa rabbrividire». «È coma una malattia – ha aggiunto il vescovo che si sia introdotta dentro il corpo». Secondo il superiore della Fraternità si è giunti a un punto che «manifesta la profondità del problema». E «bisogna riconoscere che c’è stato un gesto di Roma nei nostri confronti». «Ma se Roma ci dice di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Il vescovo lefebvriano afferma dunque che il problema per la Chiesa non è rappresentato dal dissenso della Fraternità, ma dalla presenza di uno spirito non cattolico che si è insinuato nella Chiesa.
Le parole di Fellay richiamano quelle pronunciate da Paolo VI - un Pontefice non certamente amato dai lefebvriani - il quale in un’omelia del 1972 aveva detto: «Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio». E in un colloquio con l’amico filosofo Jean Guitton affermava: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».
La differenza sta nel fatto che mentre il Papa parlava di questa intromissione nell’epoca del post-concilio, durante la contestazione e la crisi, Fellay e la Fraternità attribuiscono ogni responsabilità al Concilio. Bisognerà attendere qualche giorno per l’arrivo della risposta, dei lefebvriani, che si sono presi tutto il tempo da loro ritenuto necessario. Ora però Fellay dovrà prendere posizione.
Da Vatican Insider del 12 dicembre 2011