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SPINELLO IN NEGOZIO

Fatti mandare dalla mamma... a fumar canne

La legge di liberalizzazione che porta il nome del candidato sindaco di Roma per il Pd, Giachetti, non è ancora stata approvata, ma c'è già chi fiuta l'affare. Come Nativa, il primo franchising di vendita di marijuana. Un brand italiano per la coltivazione e la vendita dei derivati della canapa, con tanto di sito internet.

Educazione 13_06_2016
Un venditore legale di Marijuana

Passeggiare per un centro commerciale tra un aperitivo e un giro in un negozio d’abbigliamento e poi imbattersi, proprio accanto al bar, in un moderno negozio di cannabis. La commessa vi accoglie con un sorriso. Quale canna preferisci fumarti questa sera? Ce n’è per tutti i gusti: da Clara “la sognatrice” che è “audace, travolgente e meditativa”, oppure Carmela “piccante, impetuosa e sorprendente,” oppure… 

Non è uno scherzo, ma una finestra su quella che potrà diventare una triste realtà nel prossimo futuro in Italia. Già, perché “Clara” e “Carmela” sono solo alcune delle tante offerte di cannabis messe sul piatto da “Nativa”, il primo brand italiano per la coltivazione e la vendita dei derivati della canapa, con tanto di sito internet e l’obiettivo dichiarato di iniziare un franchising che porti ad accaparrarsi il ricco mercato italiano di consumatori abituali di marijuana.

Insomma, la legge sulla liberalizzazione delle cosiddette “droghe leggere” non è ancora approdata in aula alla Camera ma già in rete c’è chi scommette che il 2016 sarà l’anno dell'“erba per tutti”. La legge – che porta la prima firma di Roberto Giachetti, candidato sindaco di Roma per il PD e spinta dall’appoggio di un inter gruppo parlamentare formato da più di 100 onorevoli di area PD-SEL-M5S –  approderà per la prima volta in aula il prossimo 27 giugno.

Nel testo base si stabilisce che i maggiorenni potranno detenere fino a 15 grammi di cannabis (marijuana, hashish ecc.) per uso ricreativo senza alcuna autorizzazione o comunicazione (rimane proibito per i minorenni). Via libera anche all’auto coltivazione, anche in forma associata attraverso la creazione di appositi “cannabis social club”.

Si propone poi l’istituzione di uno specifico Monopolio di Stato della cannabis: sarà possibile dunque acquistare l’erba in negozi dedicati in tutta tranquillità con il bollino e il benestare dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Con il ddl ancora in Commissione ecco che c’è chi ha già fiutato l’affare e da mesi si sta preparando a buttarsi su questo ricco potenziale mercato di consumatori di droga. Quelli di “Nativa,” cui abbiamo accennato poco sopra, sono certi “che il 2016 sarà l'anno della legalizzazione della marijuana e abbiamo deciso di scommettere su questo,” si legge in un comunicato ufficiale. “Il brand ha deciso di rivolgersi ad un mercato di fatto ancora illegale ma già maturo per recepire suggestioni di marketing e azioni di comunicazione. Una volta che il mercato sarà emerso saranno tante le possibili strade per interfacciarsi con questa opportunità”.

“Nativa,” si legge sul sito, “vuole infatti elevare la marijuana a prodotto di eccellenza che unisce la sapienza indiscussa dei nostri agricoltori ad un know how specifico che l'Italia ha sempre avuto nella coltivazione della cannabis”. Sembra uno scherzo, una parodia, eppure è proprio questo il futuro verso cui l’Italia si sta dirigendo con questa legge, con la marijuana esaltata a prodotto di eccellenza e venduta legalmente in appositi negozi. E se già ora è difficile impedire la diffusione della droga tra i più giovani – il dipartimento politiche anti droga del Governo ha rilevato che nel 2014 quasi 1 studente su 4 ha dichiarato di aver assunto cannabis almeno una volta nel corso dell’anno precedente – cosa succederà quando ne verrà liberalizzata la coltivazione e la vendita?

Sul sito di “Nativa” è tutto pronto per l’inizio di un redditizio franchising e già da qualche mese si raccolgono le richieste di affiliazione. Tutto è studiato fino al minimo dettaglio: “La proposta di franchising Nativa prevede il coinvolgimento di una persona innamorata della cannabis e conoscitrice delle tante varietà che caratterizzano questa pianta,” si spiega nella propossta di franchising che punta all’apertura di “store monomarca aperti nelle principali città italiane”.

Già i punti vendita. “L’apertura avverrà solo in luoghi mirati: vie centrali e commerciali in capoluoghi di provincia selezionati. Il contratto di franchising può prevedere un’esclusiva per zona o per l’intera città in base al bacino d’utenza. Nativa,” si legge sul sito, “attraverso una comunicazione elegante e pulita, ha come obiettivo quello di creare un collegamento emozionale con i suoi prodotti così come Eataly è riuscita a fare con i prodotti di natura agricola. Tutto ciò giocando d’anticipo e proponendo una strategia di comunicazione principalmente social e quindi sostenibile ed efficace se ben pianificata.”

Nonostante quelli di “Nativa” chiariscano che “scopo di questo sito non è quello di indurre i visitatori ad attività contrarie alla legge vigente o di creare situazioni di proselitismo,” e che “la coltivazione e il possesso di cannabis in Italia sono illegali salvo specifica autorizzazione,” tutto sembra è già pronto: dal sito internet, elegante e pulito, è possibile scaricare il brand book, con il logo “Nativa” disponibile in vari formati grafici, il progetto di uno store di cannabis e le etichette in formato immagine dei diversi prodotti già pronte per essere stampate ed affisse al bancone del punto vendita.

Si va da “Amelia” “Solare, socievole e vulcanica, l’amica ideale con cui potrai affrontare le giornate più impegnative” fino a “Susanna” che “ti solleva tra le sue braccia e trasporta la tua mente e il tuo corpo in un lungo, felice e placido viaggio,” per non parlare di “Bianca” “cerebrale, socievole e pacata, l’amica ideale con cui accoccolarsi sul divano e perdersi in filosofiche conversazioni da solo o in compagnia dei tuoi amici più cari”.

Dovremmo dunque ringraziare i creatori di “Nativa”: grazie a loro possiamo avere un’idea molto concreta del futuro prossimo verso cui ci stiamo dirigendo se questa legge non verrà fermata al più presto e chiederci se siamo disposti a permettere che, dopo la distruzione della famiglia, il Parlamento incoraggi anche la distruzione delle menti di tanti giovani italiani attraverso la promozione del consumo di droga.