Fatti i santi, si fa la festa alla Curia
Riunito da ieri per la quarta volta il Consiglio degli otto cardinali consultori che aiutano il Papa nel progetto di riforma della Curia vaticana. Dopo il depotenziamento della Segreteria di Stato, tocca ora alla soppressione dei Pontifici Consigli.
Fatti santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, finita la festa e tornati alle loro case i pellegrini giunti da ogni dove, in Vaticano si torna a discutere di riforme. Il clima d’unità visto domenica (con il duplice abbraccio tra il Papa regnante e quello emerito) non deve far dimenticare che tra le priorità dell’agenda di Francesco – e più in generale di questo pontificato – c’è il radicale cambiamento dell’assetto governativo della Santa Sede. Non si tratta solamente della classica girandola di nomi ai vertici dei dicasteri, né di promozioni o avvicendamenti. In gioco c’è la redazione della nuova Costituzione apostolica che mandi in archivio la Pastor Bonus promulgata da San Giovanni Paolo II nel 1988. Ancor di più, si può sostenere che al termine del percorso riformatore inaugurato da Francesco un mese dopo l’elezione, a finire in soffitta sarà il modello curiale voluto da Paolo VI, che vedeva nella Segreteria di stato il cuore pulsante del governo vaticano.
Da ieri e fino a mercoledì 30, torna a riunirsi il Consiglio degli otto cardinali consultori, coordinati dal cardinale Oscar Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa. È la quarta volta che i porporati scelti da Bergoglio e rappresentanti delle diverse zone geografiche del pianeta siederanno attorno al tavolo di lavoro, presente il Papa e il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, ormai ospite fisso alle discussioni.
La prossima serie di riunioni si terrà a inizio luglio, quando verosimilmente si completerà l’esame delle varie proposte avanzate dagli episcopati locali e si potrà procedere alla stesura della bozza della nuova Costituzione. Stando all’ipotetico ordine del giorno – che può variare in corso d’opera, come accaduto in relazione agli incontri precedenti –, il C8 sarà chiamato a ridefinire il numero e le competenze dei Pontifici consigli. Troppi, allo stato attuale, e molti con funzioni che si sovrappongono tra loro. Un esempio concreto l’aveva offerto proprio Mardiaga, già la scorsa estate, quando aveva definito un doppione di Propaganda Fide il Consiglio per la nuova evangelizzazione, istituito da Benedetto XVI e affidato alla presidenza di mons. Rino Fisichella.
E’ questo uno degli scogli maggiori: individuare i dicasteri che andranno soppressi o, nella migliore delle ipotesi, accorpati. Un impegno che si scontra con non poche resistenze curiali. Non è un caso che, mentre il Papa abbia confermato quasi tutti i prefetti delle congregazioni (unica rimozione quella del cardinale Mauro Piacenza, trasferito al più modesto ruolo di Penitenziere apostolico), sui Pontifici consigli il passo del Pontefice argentino è stato molto più lento.
Tra coloro che sono ancora sub judice, ad esempio, c’è il presidente del Consiglio per la Famiglia, monsignor Vincenzo Paglia. Una mancata conferma che merita di non poco conto, dal momento che quello è l’organismo che più sarà impegnato nel biennio sinodale incentrato proprio sui temi della famiglia e del matrimonio. Una delle ragioni, si spiega in curia, potrebbe essere dettata dalla volontà di Francesco di prendere in considerazione l’opportunità di fondere il dicastero retto da Paglia con quello dei Laici, costituendo così una grande congregazione. Una soluzione non disdegnata da Maradiaga, che in passato aveva anche avanzato l’ipotesi che a guidare un organismo così rilevante potesse essere addirittura una coppia di sposi. Incertezza anche sul destino di Cor Unum, Giustizia e Pace e Pastorale per i migranti e gli itineranti. Sono diffuse le voci di accorpamento anche in questo caso.
Il Papa, nel frattempo, ha già depotenziato la Segreteria di Stato, sempre più “ministero degli Esteri” e meno organo plenipotenziario della Santa Sede. Soprattutto, con meno poteri in campo economico: se il cardinale Pietro Parolin è stato inserito nella commissione di porporati che hanno compiti di sorveglianza sullo Ior, è anche vero che non ne è diventato il presidente, a differenza di quanto accaduto ai tempi dei cardinali Sodano e Bertone. Francesco, memore delle accuse mosse anche da parte del Collegio cardinalizio alla gestione curiale dell’attuale camerlengo (Bertone), ha tolto la competenza in campo economico alla Terza loggia, istituendo una Segreteria per l’Economia con funzioni completamente diverse e separate dalla Segreteria di Stato. Tanto da rendere superflua la Prefettura per gli Affari economici, altro dicastero sotto la lente d’ingrandimento del C8.
E sono proprio queste mosse tese a ridefinire spazi di potere e di influenza ad aver alimentato un certo malessere nei corridoi dei sacri palazzi. Malessere di cui si è fatto portavoce, ancora una volta, il cardinale Maradiaga. Poco prima di Pasqua, durante un incontro con gli Ordini minori in Florida, ha pubblicamente avvertito che tra i porporati c’è chi ormai pubblicamente si dice pentito di aver votato Bergoglio in Conclave. Non solo: altri, sempre stando alle parole del porporato honduregno, tra i monsignori di curia c’è chi si domanda dove creda di andare “questo piccolo argentino”.