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L'INCONTRO DELLE FAMIGLIE

Famiglie normali: Avvenire strizza l'occhio ai conviventi

Incontro delle famiglie col Papa. C'è anche una testimonianza di una coppia di conviventi che dopo tre figli convolerà a nozze. Avvenire esulta e parte con la normalizzazione della convivenza lasciando intendere che è solo un problema di accoglienza della Chiesa. Qualcuno spieghi al quotidiano dei vescovi la differenza tra normalità e situazioni comuni. 

Editoriali 25_06_2022

Qualcuno spieghi a Luciano Moia e ai redattori di Avvenire la differenza che c’è tra una cosa normale e una cosa comune, perché non sono sinonimi. Presentare la convivenza di una coppia con figli come una nuova normalità è un’operazione piuttosto scorretta. Limitarsi invece a fotografare una realtà che è ormai comune, come quella di chi decide di non sposarsi, è tutt’altra cosa.

L'incontro delle famiglie con il Papa ha visto protagoniste famiglie come testimoni di una vita cristiana donata, c’erano anche – commossi e belli come chi sa di essere fronte alla santità - i genitori di Chiara Corbella, che hanno presentato a Papa Francesco la figura di sposa e di madre della Serva di Dio che morì rinunciando alle cure, per non sottoporre il figlio in grembo alle ricadute di una terapia invasiva per lui. Ma nel parterre delle coppie presentate, figurava anche una coppia di conviventi che tra pochi mesi convolerà a nozze.

Per carità, nulla da disquisire sulla Grazia che fa capolino nel percorso tortuoso e difficile che può portare un uomo e una donna a scegliere la strada del matrimonio dopo tre figli e molti anni di convivenza, ma l’approccio di Avvenire è ormai quello di chi vuole stupire presentando normali certe situazioni di irregolarità per far passare poi sotto traccia un concetto preciso.

Il concetto che passa è che la convivenza, in fondo, sia una diversa normalità, come riporta il titolo dell’articolo, con quelle virgolette messe lì proprio per strizzare l’occhio al lettore: Accoglienza, tradimenti e perdono. Il festival delle coppie “normali”. In fondo, il senso di tutto l’articolo è quello che non esistano famiglie esemplari o famiglie modello perché “nessuno lo è”.

Invece è il modello che ci fa seguaci di un progetto di vita che ci affascina. Se non ci sono modelli o esempi, per quale motivo si mette su famiglia con un matrimonio che si spera solido e fecondo? Tanto vale continuare a convivere. Chiara Corbella è un modello e dirlo, soprattutto in un incontro per le famiglie, non è affatto un peccato. Anzi, forse questi incontri hanno senso se si indicano dei modelli, di cui tutti abbiamo bisogno, i conviventi per convertirsi e gli sposati per confermarsi. Ma di questo è tabù parlare perché oggi va di moda la liquidità anche degli affetti quindi nessuno è modello.

Può capitare quindi che, essendo nessuno un modello, si prenda anche la testimonianza di una coppia che famiglia non è, ma venga “elevata” a famiglia in pectore in virtù di una promessa che però è futura.

Il loro racconto, su cui il quotidiano dei vescovi si dilunga parecchio rispetto al resto delle altre storie, è rivelatore di un cammino, ma anche di un reclamo, di quelli che piacciono tanto a Moia. Questi, infatti, sembra non vedere l’ora di citare “la fatica di trovare una comunità che ci sostenesse a braccia aperte per quel che siamo, e questo ci ha allontanato ancor di più dalla Chiesa” che, letta così, dà l’impressione che adesso è colpa della Chiesa se i conviventi non si sentono accettati e quindi sono giustificati ad allontanarsi. Dopo l’operazione famiglie arcobaleno dobbiamo aspettarci anche una campagna di normalizzazione della convivenza di coppia come vita famigliare?  Eppure, sembra proprio di vedere lo stesso meccanismo di senso di colpa: la Chiesa non vuole accettare la nostra normalità, pertanto ci sentiamo esclusi per colpa della Chiesa, non certo nostra che invece siamo nel giusto.

In quest’ottica diventa normale, appunto, chiamare tra i testimoni delle famiglie, chi ancora famiglia non è e non lo è stato fino ad ora. Che può essere comune ormai, ma non normale. Insomma, sono in cammino, prima o poi si decideranno e se non si decideranno accogliamoli lo stesso.

Ecco che si fa strada l’incapacità di non conoscere la differenza tra una cosa normale e una cosa comune. La cosa normale è quella che segue la regola e la norma, quella comune è quella ormai generalizzata e diffusa, che si riferisce a più persone o cose e che non necessariamente segue la norma, anzi a volte è proprio in rottura con essa. Certo, parole come norma e regola oggi, però, sanno tanto di rigidità e mente chiusa, anche se poi si fa di tutto per includere nella norma ciò che è contro di essa.

Forse, a ben pensarci, certe operazioni editoriali di Avvenire sono fatte proprio per normalizzare ciò che ormai è di dominio comune, sia o no di proprietà di una dittatura della maggioranza. Vuoi vedere che in realtà ad Avvenire la differenza la conoscono fin troppo bene?