Famiglia, la doppia lezione di Ruini e Giovanni Paolo II
In Italia una ratifica normativa di questi sostituti di famiglia (comprese unioni omosessuali) è solo questione di tempo. Ma che la Chiesa cattolica abbia le sue incertezze sul tema, come dice qualcuno, appare un'interpretazione un po' ardita, anche se le recenti “riflessioni sinodali” ce l'hanno messa tutta per farlo credere.
Della svolta in senso radicale di Silvio Berlusconi avevamo già avuto notizia e non occorreva particolare fiuto per profetizzarla. Intervistato da Il Foglio dichiara che “nel mondo occidentale si sono diffuse le unioni omosessuali” e visto che «anche la Chiesa cattolica ha le sue incertezze» e «fa le sue riflessioni sinodali, non possiamo attardarci su una posizione di chiusura totale alla questione dei diritti delle persone» C'è poco da dire, in Italia una ratifica normativa di questi sostituti di famiglia (comprese unioni omosessuali) è solo questione di tempo. Ma che la Chiesa cattolica abbia le sue incertezze sul tema appare un'interpretazione un po' ardita, anche se le recenti “riflessioni sinodali” ce l'hanno messa tutta per farlo credere.
Il cardinale Camillo Ruini, il don Camillo che ha combattuto Pacs, Dico e compagnia, intervistato dal Corriere della Sera ha ribadito le sue posizioni in piena sintonia con la “parresia” sinodale. «Se il contenuto è simile serve a poco cambiare il nome dei contenitori», ha detto, perché se proprio si vuol parlare di diritti si discuta pure, ma «di veri diritti, non immaginari». Se sia qualche diritto non tutelato, Ruini però ne dubita, «non c’è bisogno di riconoscere le coppie come tali, basta affermare i diritti dei singoli. Mi pare l’unico modo per non imboccare la strada che porta al matrimonio tra coppie dello stesso sesso». Una vita passata a fianco di san Giovanni Paolo II, il “Papa della famiglia”, Ruini su questo terreno non retrocede. Era il 1998 quando l’allora presidente Cei le cantava ai politici italiani per ricordare di impegnarsi a «promuovere i diritti essenziali della famiglia» ed esprimeva «gravissimi interrogativi» sulle tecniche di procreazione assistita. Nel 2006, poco prima dell’incredibile Family Day, al Consiglio permanente dei vescovi ricordava che «le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il "matrimonio di prova", fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono espressioni di una libertà anarchica».
Il cardinale viene dalla bassa, da quel triangolo della morte dove a restar cattolici si rischiava la pelle e, forse, da quelle terre ha preso quel fiuto politico e quella capacità di iniziativa che hanno caratterizzato i suoi sedici anni di presidenza Cei. Proprio sullo spazio pubblico della fede, che molti oggi vorrebbero ridotto a dosi omeopatiche, lui, don Camillo, ha costruito la presenza dei cattolici in politica nella seconda repubblica. Molta acqua è passata sotto i ponti e ai tempi della Terza repubblica, quella della Leopolda, sembra che tutto sia in diluizione. E invece non bisogna dimenticare che anche la pastorale può e deve essere tosta, virile perfino.
Proprio san Giovanni Paolo II nel 1998 lo ricordava ai vescovi spagnoli in visita ad limina. «La crisi del matrimonio e della famiglia, diceva, ci spinge a proclamare con fermezza pastorale, come un autentico servizio alla famiglia e alla società, la verità sul matrimonio e la famiglia come Dio ha stabilito. Non farlo sarebbe una gravissima omissione pastorale che indurrebbe i credenti all’errore». Sempre nel 1998, era ottobre, Giovanni Paolo II tenne uno straordinario discorso ai politici e legislatori europei sulla rilevanza pubblica del matrimonio. «Equiparare al matrimonio altre forme di relazione tra le persone e legalizzarle è una decisione grave che non può che danneggiare l’istituzione matrimoniale e familiare. Nel lungo periodo sarebbe dannoso che certe leggi, non basate sui principi del diritto naturale, ma sulla volontà arbitraria del popolo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1904), concedessero lo stesso status giuridico a differenti forme di vita in comune, creando grande confusione».
Dopo sedici anni più che un avvertimento questa sembra una profezia. Tutti coloro che amano appellarsi ai cosiddetti “segni dei tempi” dovrebbero riflettere. Perché, aggiungeva il Papa polacco, «non si può mai subordinare la dignità della persona e della famiglia solamente a elementi politici o economici, o anche a semplici opinioni di possibili gruppi di pressione, anche se sono importanti». L’attuale tendenza libertina sembra inarrestabile. Potrebbe essere un popolo, come la Manif francese, dice Ruini, che si organizza e dice basta. Uomini di buona volontà, non necessariamente fedeli, certamente non troppo clericali. Soprattutto in nome dei bambini, perché, come disse Wojtyla in quell’ottobre 1998, «i bambini sono una delle principali ricchezze di una nazione, e si dovrebbero aiutare i genitori a compiere la loro missione educativa, nel rispetto dei principi di responsabilità e di sussidiarietà, affermando così il valore eminente di questo servizio».