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EDITORIALE

Famiglia in piazza, dopo il Gay Pride è più urgente

La grande eco mediatica per il Gay Pride di ieri a Roma dimostra che c'è la volontà di intimidire quella larga maggioranza della gente che, pur senza odiare gli omosessuali, non accetta l’equiparazione della sessualità contro natura alla sessualità secondo natura. Dare visibilità pubblica alla posizione opposta diventa di capitale importanza.
- 20 GIUGNO, TUTTI A ROMA

Editoriali 14_06_2015
Marino al Gay Pride

L’edizione 2015 del “Gay Pride”, la manifestazione dell’ “Orgoglio di essere omosessuali”, ha avuto luogo ieri a Roma con grande eco mediatica. Alla testa del corteo hanno sfilato il sindaco della grande città laziale, Ignazio Marino, insieme a buona parte della sua Giunta. «Oggi è un giorno importantissimo per Roma. Rispetto all'anno scorso siamo qua per festeggiare», ha dichiarato il sindaco. E come se  l’equivoco della sua presenza ufficiale a una manifestazione tanto controversa non bastasse, ha poi aggiunto che «Roma, la nostra capitale, la città dell'accoglienza, la città che crede nell'amore ha fatto delle promesse alla comunità rappresentata qui e le ha mantenute tutte. Abbiamo fatto la nostra parte e oggi è un giorno di festa». Roma, nostra capitale? Nostra capitale di chi? Tenuto conto del contesto c’è da temere che Marino volesse dare a tale definizione un senso un po’ troppo restrittivo. 

Secondo l’agenzia Ansa «sono migliaia le persone che alla fine in piazza Venezia hanno ballato al ritmo della musica dance. In piazza gli organizzatori, dal microfono, hanno addirittura raddoppiato il numero dei partecipanti, 250 mila, reso noto nel pomeriggio: "Siamo 500 mila" ha affermato una voce da un camion».  

Leggendo queste parole viene il sospetto che i partecipanti alla manifestazione fossero meno dello sperato e che l’agenzia abbia voluto salvare capra e cavoli parlando prudentemente di suo di «migliaia di persone» e lasciando poi la responsabilità della cifra più alta al  moderno oracolo di una voce ignota che veniva da un camion.

Non è però questo che innanzitutto conta: moltissimi o relativamente pochi che fossero i partecipanti al “Gay Pride”di ieri a Roma, la sua grande eco mediatica dimostra che alla base del movimento minoritario ma prepotente di cui i “Gay Pride” sono eventi-culmine sta la volontà di intimidire quella larga maggioranza della gente che, pur senza odiare affatto gli omosessuali, non accetta l’equiparazione della sessualità contro natura alla sessualità secondo natura; e di indurla così...  pro bono pacis e per non passare per omofoba, a dare via libera a sviluppi che, portando alla distruzione della famiglia, avrebbero conseguenze catastrofiche sul piano umano e civile. 

In questo momento storico dunque è di importanza decisiva dare occasioni di visibilità pubblica anche alle posizioni opposte confortando così nei suoi convincimenti quella maggioranza della gente che continua ad avere del buon senso. Ritengo che ciò sia non di danno ma anzi di aiuto anche per coloro che  hanno accesso a livelli di negoziazione politica riservata; con molti auguri per il buon esito del loro impegno, sin qui mai premiato da risultati di rilievo. Per questi motivi ritengo molto opportuna la manifestazione per la famiglia in programma a Roma il 20 giugno prossimo e condivido tra l’altro toto corde  la dichiarazione di Giuseppe Zola al riguardo, che La Nuova Bussola Quotidiana ha pubblicato ieri (clicca qui).