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IL SABATO DI FRANCESCO

Famiglia e lavoro: l'agenda del Papa per Mattarella

Il Papa denuncia le nuove schiavitù e la tratta di esseri umani che colpisce particolarmente giovani donne, chiedendo come antidoto a queste tragedie più famiglia. Lo ha fatto nell’incontro con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Papa Francesco ha pure incontrato il presidente Sergio Mattarella. 

Ecclesia 18_04_2015
Sergio Mattarella e papa Francesco

Sabato 18 aprile 2015 Papa Francesco ha pronunciato tre discorsi in tema di dottrina sociale rivolti, rispettivamente, alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, all'Associazione Cattolica Internazionale al Servizio della Giovane e al presidente italiano Sergio Mattarella in visita per la prima volta in Vaticano. Il Papa ha denunciato le nuove schiavitù e la tratta di esseri umani che colpisce particolarmente giovani donne, chiedendo come antidoto a queste tragedie più famiglia, più libertà religiosa e - per l'Italia - un maggiore riconoscimento del ruolo storico e sociale della fede cristiana, senza la quale la storia della nazione rimarrebbe incomprensibile.

La plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali che il Papa ha concluso è stata dedicata alle vecchie e nuove forme di schiavitù e alla tratta di essere umani. Francesco ha ricordato che il «“protocollo” con cui saremo giudicati alla fine della nostra vita» è il discorso delle Beatitudini, che ci invita a vedere il Signore Gesù nei più bisognosi. «E oggi, tra questi fratelli più bisognosi ci sono coloro che patiscono la tragedia delle moderne forme di schiavitù, del lavoro forzato, del lavoro schiavo, della prostituzione, del traffico di organi, della droga». Il Pontefice ha ricordato i santi come san Pietro Claver e san Giovanni de Matha, che hanno dedicato la vita alla liberazione degli schiavi «in un momento storico nel quale la schiavitù era molto diffusa e socialmente accettata, purtroppo – e scandalosamente – anche nel mondo cristiano, perché era un grande affare».

La Chiesa però, ha ricordato Francesco, ha sempre condannato e combattuto la schiavitù. E alla fine ha ottenuto il risultato: «l’abolizione storica della schiavitù come struttura sociale è la conseguenza diretta del messaggio di libertà portato al mondo da Cristo con la sua pienezza di grazia, verità e amore, con il suo programma delle Beatitudini. La progressiva coscienza di questo messaggio nel corso della storia è opera dello Spirito di Cristo», che ha operato anche tramite quei non cristiani e non credenti che si sono battuti contro la piaga della schiavitù. Ma «purtroppo, in un sistema economico globale dominato dal profitto, si sono sviluppate nuove forme di schiavitù in certo modo peggiori e più disumane di quelle del passato». Non è dunque sorprendente che la Chiesa intervenga di nuovo per «denunciarle e a combatterle», per quanto questo posa apparire «scandaloso e “politicamente scorretto”. A nessuno piace riconoscere che nella propria città, nel proprio quartiere pure, nella propria regione o nazione ci sono nuove forme di schiavitù, mentre sappiamo che questa piaga riguarda quasi tutti i Paesi».

Francesco ha ricordato gli interventi di Benedetto XVI sul traffico di esseri umani e la sua forte richiesta di un adeguamento della «legislazione nazionale e internazionale, in modo da poter assicurare i trafficanti alla giustizia e reimpiegare i loro ingiusti guadagni per la riabilitazione delle vittime». «Si dovrebbero cercare le modalità più idonee - ha aggiunto Francesco - per penalizzare quanti si rendono complici di questo mercato disumano. Siamo chiamati a migliorare le modalità di riscatto e di inclusione sociale delle vittime, aggiornando anche le normative sul diritto di asilo. Deve aumentare la consapevolezza delle autorità civili circa la gravità di tale tragedia, che costituisce un regresso dell’umanità. E tante volte - tante volte! - queste nuove forme di schiavitù sono protette dalle istituzioni che devono difendere la popolazione da questi crimini». Fra le vittime del traffico di esseri umani ci sono in particolare le giovani avviate alla prostituzione, di cui si occupa tra i suoi altri compiti l'Associazione Cattolica Internazionale per il Servizio alla Giovane, che segue in genere le ragazze in difficoltà. A questa associazione il Papa ha detto che le sofferenze delle giovani donne «devono suscitare una nuova creatività, per offrire loro il sostegno materiale e spirituale di cui hanno bisogno». 

A queste sofferenze si viene incontro non solo con l'aiuto materiale ma «anche attraverso una riflessione per affrontare le nuove sfide generate dal mondo d’oggi». «Le giovani che voi accompagnate - ha detto il Pontefice - hanno prima di tutto bisogno di attenzione e di ascolto. Quel tanto umano e tanto divino “apostolato dell’orecchio” stanca, è stancante, ma fa tanto bene!». «E, nello stesso tempo, vi invito a lasciarvi istruire da queste giovani alle quali state al fianco e che aiutate. Pur nelle loro difficoltà, esse testimoniano spesso quelle virtù essenziali che sono la fraternità e la solidarietà. Ci ricordano inoltre che siamo fragili e che dipendiamo da Dio e dagli altri». Insieme, chi fa del bene e chi lo riceve potranno lanciare una «rivoluzione della tenerezza» che non è, ha detto il Papa, una risposta ingenua allo sfruttamento e alla criminalità ma l'unica risposta adeguata ed efficace.

Al presidente Mattarella, Francesco ha ricordato - in un momento in cui c'è chi vorrebbe metterli in discussione - che «i Patti Lateranensi, recepiti dalla Carta Costituzionale repubblicana, e l’Accordo di Revisione dei medesimi hanno offerto un solido quadro di riferimento, all’interno del quale si sono pacificamente sviluppati e rafforzati i rapporti tra l’Italia e la Santa Sede, garantendo la reciproca sovranità e indipendenza e al tempo stesso il mutuo orientamento alla fattiva collaborazione, sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune». A fronte di chi sogna una radicale separazione tra Chiesa e Stato, che è cosa diversa dalla distinzione, il Papa ha affermato che «è fondamentale infatti che, nella distinzione dei ruoli e delle competenze e nel pieno rispetto delle reciproche funzioni, sia sempre sentita la necessità di una rinnovata collaborazione, finalizzata ad unire le forze per il bene di tutti i cittadini, che hanno il diritto a tale concordia, da cui derivano innumerevoli benefici». «La Chiesa - ha aggiunto Francesco - offre a tutti la bellezza del Vangelo e del suo messaggio di salvezza, e ha bisogno, per svolgere la sua missione spirituale, di condizioni di pace e tranquillità, che solo i pubblici poteri possono promuovere». La Chiesa però non si contenga di chiedere libertà di azione. Propone anche una dottrina sociale che ricorda allo Stato i suoi doveri. «La reciproca autonomia infatti non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità, che tutti abbiamo il compito di servire con umiltà e dedizione». 

Tra gli ambiti in cui la Chiesa presenta allo Stato il suo insegnamento sociale il Papa ha ricordato l'ambiente, l'accoglienza dei migranti e la cura del «cibo sano» cui sarà, o dovrebbe essere, dedicata l'Expo di Milano. Nella parte centrale del suo discorso, il Pontefice ha ricordato a Mattarella che lo Stato deve garantire la libertà religiosa vigilando però su chi usa la religione a fini di violenza e di terrorismo, e che chi pretende di confinare la Chiesa nelle sacrestie vietandole di esprimere il suo giudizio sui grandi problemi della società non rispetta davvero la libertà di religione. Francesco ha detto a Mattarella che «un sano pluralismo non si chiuderà allo specifico apporto offerto dalle varie componenti ideali e religiose che compongono la società, purché naturalmente esse accolgano i fondamentali principi che presiedono alla vita civile e non strumentalizzino o distorcano le loro credenze a fini di violenza e sopraffazione. In altre parole, lo sviluppo ordinato di una civile società pluralistica postula che non si pretenda di confinare l’autentico spirito religioso nella sola intimità della coscienza, ma che si riconosca anche il suo ruolo significativo nella costruzione della società, legittimando il valido apporto che esso può offrire».

Del resto, la storia dell'Italia non si potrebbe comprendere senza la Chiesa. «La storia dell’Italia mostra chiaramente quanto sia grande il contributo del Cristianesimo alla sua cultura e al carattere della sua popolazione, quanto la fede cristiana abbia permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese. La fede si è trasformata in opere e queste in istituzioni, fino a dare volto ad una storia peculiare e a modellare pressoché tutti gli aspetti della vita». Fra questi, il Papa ha tenuto a ricordare al primo posto «la famiglia, primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale quale luogo fondamentale di crescita della persona».

La difesa della famiglia passa anche per una politica che assicuri lavoro ai giovani. «La carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro». Senza lavoro, i giovani sono esposti al «rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni». È il rischio delle nuove schiavitù di cui il Papa ha parlato negli altri discorsi di sabato. Ma per evitare le schiavitù il Papa chiede più famiglia, più libertà religiosa, più riconoscimento del ruolo storico e sociale della fede. «Per le sue nobili tradizioni e per la sua cultura largamente ispirata dalla fede cristiana» l'Italia - ha concluso Papa Francesco - «possa progredire e prosperare nella concordia, offrendo il suo prezioso contributo alla pace e alla giustizia nel mondo».