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IL NUMERO PER L'8 MARZO

Famiglia cristiana si butta sul femminismo corretto

I settimanali delle Paoline concorrono a creare quel clima da epidemia di femminicidi che non trova riscontro nelle statistiche. Come? Dedicando alla Festa della donna articoli a senso unico su femminicidio e maschi violenti. Invece avrebbero potuto parlare di fertilità, filiazione, aborti forzati in Cina perché anche questo è parlare di donne. 

Educazione 07_03_2017

Femminicidio, violenza sulle donne e omofobia. La chiave di lettura sulla festività dell’8 marzo offerta dai due settimanali delle Edizioni San Paolo, Famiglia Cristiana e Credere, si appiattisce sulla narrazione comune della stampa laica che vede nell'uomo italiano il maschio violento e da assassino. Le storie di copertina sono infatti dedicate alle testimonianze di due attrici siciliane Maria Grazia Cucinotta e Annamaria Spina. Entrambe raccontano attraverso le loro esperienze personali l’impegno contro le discriminazioni di genere.

“Dio mi ha salvata da un uomo violento” racconta la Spina a Credere, l'attrice che denuncia i femminicidi portando in un tour per l’Italia il monologo dal titolo Sei mia. Una frase pronunciata dagli innamorati di tutto il mondo ma che ormai è stata messa all'indice dalle attiviste del femminismo militante, come emblema della prevaricazione del maschio medio.  “Donne a testa alta” è invece il motto che introduce l'intervista alla Cucinotta su Famiglia Cristiana. La famosa attrice messinese parla della necessità di educare i bambini fin da piccoli e dei suoi progetti professionali tesi alla lotta contro le discriminazioni tra cui la produzione di un film contro l'omofobia, Viola di mare, una storia ambientata a fine ‘800.

Ovviamente nessuno vuole negare il drammatico fenomeno delle violenze domestiche perpetrate da fidanzati e mariti. Tuttavia da due settimanali cattolici ci si aspetterebbe un altro taglio, anche nell'affrontare una tematica come questa. Nella visione della Chiesa uomo e donna devono emergere insieme, non a scapito l’uno dell’altro, in un percorso di reciprocità. Perché allora non raccontare le storie di cambiamento? Perché non illustrare anche quali sono gli strumenti per curare un uomo violento?  Prendendo spunto dai comunicatori vicini a papa Francesco, viene quindi da chiedersi per quale ragione un giornale cattolico deve ridursi alle ‘bad news’ piuttosto che portare avanti esempi positivi di coppie che hanno superato insieme divisioni che sembravano insanabili?

I settimanali delle Edizioni Paoline concorrono a creare quel clima da epidemia di femminicidi che non trova riscontro nelle statistiche. Fatto sta che proprio sullo stesso numero dell'ammiraglia delle Paoline, un articolo di Mariapia Bonanate conferma che ogni anno sono circa 100 le donne uccise da uomini nel nostro Paese, un dato che secondo l'Istat resta praticamente costante dal 2002 e che registra perfino una leggera diminuzione negli ultimi tre anni. 

Numeri in linea con quelli evidenziati dall'Agenzia Europea per i diritti fondamentali (FRA), secondo la quale l'Italia è al diciottesimo posto sui 27 paesi Ue nella classifica degli abusi di genere. Paradossalmente, i paesi scandinavi Danimarca, Finlandia e Svezia sono quelli dove si registra il tasso più elevato di violenze, le stesse nazioni che da più tempo applicano programmi educativi volti alla promozione dell’uguaglianza di genere e all’emancipazione delle donne.

Ma pur volendo dedicare la copertina dell’8 marzo a questo dramma, anche se di dimensioni ridotte rispetto a quelle tratteggiate dalla martellante propaganda mediatica, le due testate avrebbero potuto affrontare anche altre tematiche di cruciale importanza che incidono sugli stili di vita e diritti fondamentali delle donne di quest'epoca. Da una rivista cattolica è lecito aspettarsi che venga dedicata almeno una riga al crollo delle nascite, al mancato sostegno alla maternità e alla mancanza di politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia.  

Tutto questo la dice lunga sulle capacità di percepire i problemi più diffusi di un universo femminile che si trova a fare i conti con cambiamenti antropologici epocali. Famiglia Cristiana e Credere non offrono quindi spunti di riflessione tanto diversi da qualsiasi altra rivista patinata rivolta ad un pubblico femminile ormai immerso nel pensiero unico dominante. Rimangono senza rappresentanza le voci di migliaia di ragazze che sognano di realizzare le loro aspirazioni di mogli, madri e lavoratrici in un'Italia in cui la questione della maternità e della filiazione è considerata un reflusso reazionario, anche in quei contesti culturali che dovrebbero contaminare il dibattito pubblico con un punto di vista più ricco, integrale, non conflittuale.

Non sorprende quindi che, sempre sul numero attualmente in edicola di Famiglia Cristiana, Andrea Riccardi riesca a parlare di Cina solo in termini di interscambio commerciale tra Roma e Pechino. In occasione della festa della donna, avrebbe potuto spendere un pensiero sul fatto che nascere femmina in Cina rappresenta molte volte una sentenza di morte, a causa della politica del figlio unico, solo recentemente abolita, e dei conseguenti aborti selettivi dei feti di sesso femminile. Un olocausto documentato dalle statistiche che certificano il più grande squilibrio del genere del mondo, con circa 40 milioni di donne che mancano all'appello per via di una folle politica eugenetica. Un disequilibrio che sta segnando anche l'India, dove l'aborto delle bambine femmine è un fatto economico e legato a questioni culturali. 

Insomma la scelta editoriale di questa settimana sembra essere dettata da quella mondanità tanto avversata da Papa Francesco. Massimo esempio dell'impegno femminile è infatti un’attrice come la Cucinotta che, solo nel 2013, sfilò come madrina del Gay Pride di Palermo. In più di un’occasione l'attrice siciliana ha esplicito anche il suo favore alle adozioni per le coppie omosessuali e ha detto che l'aspirazione a diventare genitori “non ha limiti”.

«Sono stata 10 anni in America dove i miei migliori amici gay erano papà e mamme fantastiche - ha detto l'attrice siciliana -. L'amore non dipende da con chi vai a letto, va al di là. Un figlio lo ami se sei gay o non sei gay, e questo non condiziona nulla. L'importante è che il bambino sia amato». Alla luce di quelle che il Santo Padre ha definito colonizzazioni ideologiche e della drammatica attualità che vede avanzare la barbara pratica dell'utero in affitto (sul quale non è stata fatta nemmeno una domanda), usare come testimonial del sentire femminile chi si pone con pervicacia e orgoglio su queste posizioni appare come l'ennesima resa al politicamente corretto.

Eppure non era molto difficile dare voce alle tante donne italiane che ogni giorno fanno i salti mortali per conciliare impegni in ambito professionale, sociale, confessionale e familiare. Donne che si spendono gratuitamente nella semplicità e nell'armonia della verità, lontane dalle luci della ribalta che strumentalizzano drammatici casi di cronaca per sostenere la necessità di distruggere quelli che vengono presentati come arcaici modelli patriarcali. Ma è chiaro che ormai di “Famiglia Cristiana” c'è rimasto solo il nome della testata.