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GUERRA IN EUROPA

Fallito golpe in Turchia, carri armati e scontri

In Turchia, i militari tentano la presa del potere, con un improvviso colpo di Stato ai danni del presidente islamico Recep Tayyip Erdogan. Dopo ore di panico e di combattimenti, il presidente pare aver ristabilito il controllo. Tutto il mondo musulmano è in ebollizione.

Esteri 16_07_2016
Il Tir usato dal terrorista usato per la strage di Nizza

A Nizza si contano ancora le vittime provocate da un terrorista islamico franco-algerino che ha trasformato in strage una notte di festa. E nel frattempo, in Turchia, i militari prendono il potere, con un improvviso colpo di Stato ai danni del presidente islamico Recep Tayyip Erdogan. Dopo le prime confuse notizie di combattimenti in corso a Istanbul e ad Ankara, i militari hanno lanciato il loro proclama. "Abbiamo preso il potere per proteggere la democrazia". Tutto il mondo musulmano è in ebollizione

Le prime notizie sono giunte poco prima delle 22 ora italiana. Notizie confuse: traffico bloccato sui ponti del Bosforo, a Istanbul, senza alcun motivo apparente. Poi gli spari al quartier generale della polizia, i carri armati per le strade e combattimenti ad Ankara. Era ormai evidente a tutti che si trattasse di una presa violenta del potere da parte di una fazione "consistente" dell'esercito. "Non un affare di un paio di colonnelli" come riferiva un funzionario dell'Ue alla Reuters. Gli scontri a fuoco sono scoppiati soprattutto fra esercito e polizia (leale al governo) nella capitale Ankara. I militari hanno fatto intervenire anche elicotteri e aerei per sostenere le loro operazioni.

Subito dopo l'inizio degli scontri, il premier Binali Yildrim ha dichiarato "illegale" l'azione delle forze armate ribelli e lo stesso presidente Erdogan, che ha definito i golpisti come "una struttura parallela" ha invitato il suo popolo alla resistenza. La popolazione è rimasta inizialmente passiva di fronte al turbine di eventi. Poi una folla di sostenitori dei militari golpisti si è riunita in piazza Taksim a Istanbul, mentre un altro gruppo ha occupato l'aeroporto internazionale di Istanbul dando il cambio all'esercito. I sostenitori di Erdogan hanno iniziato a scendere in strada, nelle due città principali della Turchia. Anche spronati dagli imam, che dalle moschee hanno chiamato il popolo alla resistenza. Tuttavia, fino alla mezzanotte di ieri, le sacche di resistenza civile pro-Erdogan erano molto sporadiche. Combattimenti si sono registrati sui ponti sul Bosforo. 

I messaggi di Erdogan e di Yildrim sono stati gli ultimi da parte delle istituzioni. L'esercito ha ben presto preso il controllo dei media, occupando le sedi della televisione di Stato. I social network hanno continuato a mandare online foto e notizie, ma poco prima di mezzanotte anche Twitter è stato soppresso. L'esercito ha lanciato il suo proclama subito dopo l'inizio delle operazioni: "Abbiamo preso il potere per proteggere la democrazia". Dopo 15 anni di governi islamici, dopo che la democrazia turca era stata profondamente scossa dal sistema di potere di Erdogan, i golpisti promettono paradossalmente (dopo un'azione di forza) di ripristinare la legalità e soprattutto la laicità turca. Hanno nominato un governo provvisorio, il "Consiglio di Pace" di cui si sa ancora pochissimo. 

E Recep Tayyip Erdogan che fine ha fatto? Il presidente, che era in villeggiatura a Marmaris, sul Mediterraneo, dopo aver rilasciato le prime interviste  è letteralmente sparito. Fonti vicine ai militari lo davano in volo per la Germania, dove avrebbe chiesto asilo politico. Rifiutato dalle autorità tedesche per non complicare le relazioni con la Turchia. Successivamente si è diffusa la notizia che fosse in volo per l'Italia. E a questo punto saremmo anche noi involontariamente protagonisti nella tragedia turca. Fonti dell'Akp (il partito islamico) erano invece convinte che il presidente fosse ancora in Turchia, in viaggio per Ankara, dove potrebbe lanciare una controffensiva. 

Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. I ministri dell'Ue, in trasferta in Mongolia, hanno espresso preoccupazione. "Calma e rispetto per le istituzioni democratiche" è l'appello lanciato da Federica Mogherini. E il segretario di Stato americano John Kerry, in visita a Mosca durante il golpe, ha auspicato per la Turchia "pace e continuità", un non troppo velato sostegno a Erdogan. Sostegno che poi è arrivato in modo ancora più esplicito dal presidente Barack Obama, che ha invitato tutti i partiti a "sostenere il governo democraticamente eletto". Benché i giochi siano ancora aperti (non si sa ancora quanto l'esercito sia coeso), gli effetti del golpe si riverberano sulle regioni confinanti. In Siria, la notizia del colpo di Stato è stata festeggiata da Assad, che vede in Erdogan il principale sponsor dell'insurrezione. In Iran, le autorità hanno disposto la chiusura immediata delle frontiere.

Tutti temono lo scoppio di una guerra civile in un paese che costituisce un ponte, anche geografico, fra l'Europa e le zone politicamente più calde del pianeta. E stiamo parlando di uno scenario possibilissimo. I partiti d'opposizione denunciano il golpe. La marina non segue i ribelli dell'esercito. All'1 di notte (ora italiana) un primo elicottero dei golpisti è stato abbattuto da un F16 di un reparto dell'aviazione fedele al presidente. Potrebbe essere il primo colpo di una tragedia molto vasta.

Aggiornamento 2 del mattino: quando la posizione di Erdogan pareva ancora traballante, nuove notizie da Istanbul e Ankara danno invece per spacciato il golpe, con gli ammutinati in piena ritirata e il grosso dell'esercito ancora leale al presidente. Erdogan è di nuovo in territorio turco, pronto a riprendere il controllo.

Aggiornamento 8:30 del mattino: il premier Yildrim ha dichiarato che la situazione è completamente sotto controllo. Le unità golpiste dell'esercito, rimaste in minoranza, si sono arrese. Erdogan, atterrato a Istanbul sano e salvo, circondato dai suoi supporters, ha tenuto la sua prima conferenza stampa alle 4 ora italiana. La prima cosa che ha dichiarato, dopo la denuncia del tentativo di golpe, è la sua intenzione di epurare l'esercito. Epurazione che è già iniziata, per altro, con l'arresto di 754 militari, ufficiali e soldati semplici. I morti sono 64, soprattutto civili. Fondamentale è stato il sostegno dato ad Erdogan da Obama, i leader dell'Ue e della Nato. Altrettanto fondamentale la spaccatura interna alle forze armate, il fattore che più di ogni altro ha determinato il fallimento dell'operazione militare. Infine, ma non da ultimo, nessuno degli oppositori di Erdogan ha appoggiato politicamente il golpe, nemmeno il partito Hdp (a maggioranza curda e oggetto di crescenti pressioni da parte dell'Akp) e neppure Fethullah Gulen, oppositore islamico perseguitato e in esilio. Erdogan è ora di nuovo saldamente al potere. Come lo userà?

Aggiornamento 11 del mattino: il nuovo comandante in capo delle forze armate, il generale Umit Dundar, dichiara che 104 ufficiali golpisti sono stati uccisi e 1563 arrestati. Avverte che diversi ufficiali dell'esercito regolare sono ancora nelle mani dei golpisti e tenuti come ostaggi. Sale il bilancio complessivo delle vittime non militari, fra civili e membri delle forze dell'ordine: 90 morti e 1154 feriti. Erdogan afferma che i responsabili "pagheranno caro" il loro atto di "tradimento e ribellione". 

di Stefano Magni

 

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