Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni Damasceno a cura di Ermes Dovico
LA FIGURA

Fabiano, un santo da invocare per non cedere al Potere

Eletto Papa da semplice laico, dopo i primi anni di pontificato relativamente tranquilli patì l’avvento al potere di Decio. L’imperatore ordinò che tutti avessero un libello attestante il sacrificio agli dei pagani. L’atteggiamento dei cristiani fu diverso, alcuni cedettero, molti - con san Fabiano in testa - resistettero. Anche fino al martirio.

Ecclesia 21_01_2022

Ieri, 20 gennaio, la Chiesa faceva memoria di san Fabiano. Davvero interessante la figura di questo cristiano del III secolo, fatto Papa sebbene al momento fosse un semplice laico. Pare non fosse neppure di origine romana, anche se residente nell’Urbe. Il suo predecessore è papa Antero, diciannovesimo vescovo di Roma, di cui sappiamo solo che guidò la Chiesa per quarantatré giorni, dal 21 novembre 235 al 3 gennaio 236, e che fu martirizzato sotto l’imperatore Massimino Trace per aver fatto raccogliere gli Atti dei martiri da alcuni notai e poi averli fatti depositare negli archivi della Chiesa di Roma.

San Fabiano ha la fortuna di vivere tempi tranquilli sotto l’imperatore Gordiano III, morto giovane intorno ai vent’anni, e l’imperatore Filippo, detto l’Arabo per le sue origini. Una parentesi pacifica, che vede anche feste solennissime per i mille anni della città di Roma, nel 248. Papa Fabiano tiene rapporti con i cristiani dell’Africa e dell’Oriente, e si dedica all’organizzazione ecclesiale nell’Urbe, dividendone il territorio in sette ripartizioni territoriali. Provvede inoltre a sistemare i cimiteri cristiani, e dà sepoltura a papa Ponziano, deportato in Sardegna ad metalla, cioè nelle miniere, e morto nel 235. Allora i papi non usavano certo compiacere il mondo e, quando la fede lo imponeva, disobbedivano all’imperatore, anche se per questo dovevano morire o finire ai lavori forzati nel buio delle terribili miniere sarde. Bei tempi!

Tornando a san Fabiano, per lui le cose cominciano a complicarsi quando, nel 249, il buon imperatore Filippo l’Arabo viene ucciso presso Verona dalle truppe del suo rivale Decio, il quale prende il potere con un programma di rafforzamento interno dell’Impero, contro i pericoli d’invasione ad opera dei barbari ormai alle porte. Per Decio l’opera di rafforzamento ha anche dei risvolti sociali. Per questo impone il ritorno all’antica religione della Roma pagana, per mere ragioni politiche. Capita spesso nella storia che si strumentalizzino questioni religiose, scientifiche, mediche per una pura questione di potere. Anche oggi, in fondo, si invocano a vanvera la religione, la scienza e la medicina per giustificare atti che non hanno nulla a che vedere con tali materie ma che rispondono solo ad una logica politica.

L’imperatore Decio decreta, quindi, che tutti i sudditi dell’Impero romano debbano proclamare solennemente la loro adesione al paganesimo tradizionale, compiendo pubblicamente un atto di culto, consistente nel partecipare al rito di immolazione di un animale sacrificale o nel bruciare incenso agli dei pagani. I partecipanti del rito ricevevano il “libellum”, una sorta di pass, di certificato attestante la qualifica di buon cittadino, il quale consentiva la possibilità di continuare a vivere nel consesso sociale. L’obbligo veniva fatto passare come un dovere civile e morale. Chi non voleva sottoporsi al rito imposto dall’imperatore, e non era in possesso del libellum, diventava automaticamente un fuorilegge, un reprobo, un nemico dello Stato.

A Roma furono costituite tre commissioni che convocarono, uno per uno, tutti i cittadini dell’Urbe. Aderirono quasi tutti, tranne i cristiani, per i quali quel rito significava tradire e rinnegare la propria fede. A onor del vero, raccontano le cronache che anche tra i seguaci di Cristo ci furono diversi atteggiamenti. Alcuni cedettero per paura, per interesse o perché comunque convinti si trattasse di un dovere sociale. Altri cercarono scappatoie di ogni genere per avere il libellum senza prestare il culto richiesto. La maggior parte, invece, espressero un risoluto diniego, respingendo pubblicamente l’imposizione e affrontando la morte.

Tra i primi a rifiutarsi ci fu proprio papa Fabiano, che morirà nel carcere Tullianum, ma non per morte violenta. Probabilmente fu lasciato morire di fame e di stenti. I cristiani lo hanno poi sepolto nel cimitero di San Callisto, lungo la Via Appia, onorandolo come martire, e l’iscrizione posta allora sul suo sepolcro è giunta fino a giorni nostri.

Ecco un santo oggi da pregare e invocare, per resistere saldi nella fede e rifiutare qualunque cedimento o compromesso col Potere quando è in gioco la fede.