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Conversioni

Ex lesbica: «La chiesa senza verità non salva nessuno»

Rosaria C. Butterfield, ex attivista Lgbt oggi moglie e mamma, si convertì grazie ad un pastore che osò sfidare la sua ragione.

Gender Watch 03_10_2018

Oggi Rosaria Champagne Butterfield è quello che mai e poi mai avrebbe né pensato né voluto diventare. Ma è più felice e compiuta di prima, come non lo sarebbe se chi riteneva che la sua non fosse una vita nella verità avesse taciuto per paura di rischiare. O pensando che in fondo accogliere le persone significa abbracciare la mentalità del mondo. 

Rosaria 22 anni fa viveva con una donna, la sua fidanzata la chiamava, ma i suoi vicini di casa, Ken, un pastore protestante, e Floy, sua moglie, non si limitarono a tollerarla o a disapprovarne comportamento lasciandola nel suo brodo. Decisero invece di amarla, ossia di dedicarle tempo, di legarsi a lei parlandole della Verità che libera e quindi portando il peso di una relazione di vera amicizia, per cui oggi Rosaria, mamma e moglie di un pastore protestante, ha raccontato di sé per far comprendere come la cultura dominante oggi, presente anche «nella chiesa», sia contro le relazioni, gli uomini, la verità e quindi la salvezza.

Il primo ricordo del pastore in lei è ancora nitido: «Si avvicinò, con in mano una tazza calda di caffè decaffeinato e scarsamente filtrato, e mi pose una domanda che mise le nostre diverse visioni del mondo in prospettiva: “Tu credi che ciò che è vero determini ciò che è etico? Oppure credi che quello che è etico determini la verità?». Ovviamente Rosaria provò irritazione per una provocazione che «rigettai come informazione viziata e volgare e risposi con anni di scolarizzazione dell’etica della situazione», quella che oggi va per la maggiore anche nella Chiesa cattolica oltre che in molte frange protestanti: «La verità prende forma negli occhi di chi la guarda». Insomma, in linea con l’ideologia femminista/gender, la donna era convinta che «la verità fosse una creazione culturale». 

L’irritazione di Rosaria però non prevalse sulla curiosità per quell’uomo che, in ogni caso si era interessato sinceramente a lei, a ciò che viveva e pensava, perciò cominciò un rapporto e un dialogo esattamente sui “diritti” delle persone che scelgono di vivere relazioni innaturali. «Questa era una questione sia personale sia politica per me. Mi identificavo come lesbica che viveva felicemente in una relazione impegnata con un’altra donna. La amavo nel modo che mi faceva sentire meglio. E mi prendevo cura della mia comunità queer», pronta a diventare «una professoressa universitaria con sufficiente sicurezza lavorativa e faccia tosta da trasferire dall’università alla strada la teoria queer», pensando di essere «dalla parte giusta della storia».

Ma nel frattempo il pastore della Syracuse Reformed Presbyterian Church e la sua famiglia erano diventati presenze costanti nella vita di Rosaria, tanto da condividere insieme pasti settimanali dove si parlava delle «questioni profonde e gravose della vita, della fede e della visione del mondo. Ci ascoltavamo e dove eravamo in disaccordo ci tornavamo su ancora la settimana successiva: spezzando il pane e parlando». Ma che cosa aiutò la donna a questa disposizione di ascolto oltre che l’offerta di un interesse per la sua persona e di un’amicizia reali? «Ventidue anni fa non era considerato “discorso d’odio” il fatto che Ken mi dicesse che mi accettava come lesbica ma che non approvava». Insomma, chi viveva nella comunità arcobaleno non era ancora portato, appena sentita una critica a denunciare: «Quelle divisioni, all'epoca, non avevano il peso accusatorio dell'attacco personale».

Da dove viene questa tendenza odierna ad accusare d’odio e ad allontanare chiunque dissenta, Rosaria lo ha spiegato parlando della teoria dell’“intersezionalità”, la cui premessa era che «la persona e la sua identità, chi veramente sei, è meglio determinato dalla quantità di oppressioni sociali che hai sofferto». Ma tale pensiero non si era ancora «trasferito dall’accademia alla strada». Inoltre allora le discriminazioni erano di carattere materiale, tipo «la razza, la classe…il peso del sessismo in una società di peccatori. Ma quando il femminismo strinse alleanza con Marx e Freud, passò dai numeri ai sentimenti» e «l’orientamento sessuale e l'identità di genere assunsero nuove forme». Quando idee come il "danno alla dignità" (il danno arrecato alla tua dignità dal rifiuto di qualcuno ad approvare il tuo peccato) hanno trovato posto nella legge civile, l'intersezionalità ha scatenato un mostro. E con quel mostro arrivò un messaggio: l'omosessualità non è un peccato; è un'estetica, un orientamento erotico o un modo di guardare il mondo e tutto ciò che contiene».

Ma quello che oggi non avrebbe forse permesso a Ken di avvicinare con libertà la sua vicina di casa sarebbe stato anche il fatto che, sebbene «il Vangelo è in rotta di collisione con questo messaggio», questa teoria si è introdotta anche nella Chiesa. Nonostante tutte queste difficoltà la donna è convinta però che «il popolo di Dio non dovrebbe mai lasciarsi schiacciare dalla moda odierna», anche se purtroppo il problema «non è quello che pensa il mondo, ma piuttosto le parti della chiesa evangelica che stanno permettendo al mondo di predicare sulla persona e l’identità - su ciò che le persone sono realmente ed ontologicamente e di ciò di cui hanno bisogno per prosperare». Poi Rosanne fa un’analisi sulle chiese protestanti impressionante, perché è anche la fotografia di quanto sta accadendo nella maggioranza delle parrocchie cattoliche. «Si verificano molte tragedie quando il mondo predica alla chiesa (e la chiesa ascolta) e una di queste è che le false conversioni si moltiplicano». Significa che molti si convincono «delle promesse del Vangelo ma non sono convertiti alla Verità del Vangelo».

Basti pensare alle prediche in cui «si predicano sermoni fatti di domande, ricollocando nella categoria dell’estetica ciò che Dio chiama peccato…respingono la verità di Dio…e rispondono alle domande con altre domande, senza risposte, sempre favorendo il punto di vista del peccatore rispetto a quella di Cristo crocifisso e risorto». È così che viene impedita la salvezza perché «il grande dono che il Signore Gesù offre al suo popolo, il dono del riscatto e del pentimento, non è più considerato necessario. La colpa si sposta dal peccato personale al pregiudizio percepito della chiesa». 

A ciò si aggiunge il problema dei social media, dato che, continua Rosaria, «invece che colpirci o cercare di distruggerci sui social, noi ponderavamo le nostre differenze e preparavamo un piatto caldo per il pasto del giovedì sera successivo. Questo ci permetteva di sorvolare su certe offese e di focalizzarci invece sul problema generale…Potevamo vederci come esseri umani anche attraverso le nostre differenze. E grazie a questa prospettiva, potevamo sederci al tavolo, spezzare il pane e parlare».

Proprio perché il problema di oggi non è il mondo ma la chiesa, Rosaria spiega che prima di incontrare gli altri gettando i famigerati ponti, bisogna che i cristiani conoscano «la propria cultura» e che rigettino l’intersezionalità accolta da parte della chiesa che si presenta «con l’ultimatum (amami, ama il mio cane…). È una visione del mondo che si fonda su un’antropologia non biblica…che rifiuta il peccato originale come peccato». Bisogna poi assicurarsi di «essere membri di una chiesa biblicamente sana…che impartisca rettamente la parola, i sacramenti», altrimenti «rifiuta tale appartenenza» per non essere «corresponsabile del peccato».

Solo poi, «quando ti siedi intorno al tavolo con il tuo nemico culturale…non una volta, ma settimanalmente, mostragli che la cultura non è il re. Ma Gesù. Fai delle buone domande e ascolta le risposte delle persone. Forse potresti cominciare con questa: “Credi che ciò che è vero determina ciò che è etico o che ciò che è etico determina ciò che è vero?”».

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