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SICUREZZA

Evasione Gagliano, i costi dell'utopia

Bartolomeo Gagliano, fuggito durante una licenza premio, è un pluriomicida, non un serial killer. Alla fine è stato racciuffato, ma la vicenda mette in risalto tutti i punti deboli e le contraddizioni del nostro sistema giustizia.

Cronaca 22_12_2013
Bartolomeo Gagliano

Ah, i titoli dei giornali! E dei telegiornali! E cosa non si farebbe, nelle redazioni, per l’audience o una copia in più! Tutti, diconsi tutti, hanno chiamato e continuano a chiamare «serial killer» quel Bartolomeo Gagliano scappato dal carcere di Marassi mentre era in permesso per poi essere riacciuffato due giorni dopo  a Mentone, Francia. Ma, se non andiamo errati, il «serial killer» è uno che uccide le persone, appunto, in serie, secondo una logica tutta sua ma precisa: le prostitute, le donne bionde, i bigliettai degli autobus perché era un bigliettaio colui che lo aveva molestato da bambino… Gente che non ha fatto nulla al serial killer ma che viene ammazzata solo perché appartenente a una determinata categoria.

Invece, il Gagliano non è affatto un serial killer, bensì un assassino semplice. Ha ucciso tre persone e tutte e tre per motivi suoi, motivi efferati e discutibili quanto si vuole ma pur sempre definiti e con un senso. Ora, quest’uomo, che la polizia definiva armato e pericoloso, è stato in giro per il Paese e pure all’estero, ed è la terza volta, a quanto risulta, che le forze dell’ordine hanno dovuto dargli la caccia. Non è qui il caso di deprecare l’accaduto, perché lo hanno già fatto molti commentatori sui media. Sappiamo, infatti, che il direttore del penitenziario è caduto dalle nuvole quanto alla pericolosità dell’evaso, il quale ha ucciso una o due volte mentre era in permesso fuori dal carcere.

Questi permessi sono firmati da un magistrato, ma anche qui sarà l’inchiesta (promessa dal ministro competente) a chiarire se ci sono responsabilità. L’evaso era armato, ripetiamo. Dunque, si è procurato una pistola. Dove, come, quando? Vabbe’, potevamo sperare solo di non incapparci, perché per chi ha già l’ergastolo (se ce l’ha: com’è noto, al buonismo imperante il «fine pena mai» sembra troppo crudele) un omicidio in più non fa differenza.

Tuttavia, negli stessi giorni la magistratura ha negato a Berlusconi la possibilità di recarsi a Bruxelles per presenziare, invitato, a un convegno del Partito popolare europeo. È vero, al Berlusca è stato ritirato il passaporto, ma nella Ue non serve, si circola con la semplice carta d’identità. Si teme che, come Craxi, approfitti del viaggio per fuggire in un Paese dove non c’è l’estradizione? Tutto può essere, per carità, ma la particolare pericolosità sociale del Cavaliere ci sfugge, specie se paragonata a quella del killer di Genova.

Il tribunale di sorveglianza che ha concesso i vari permessi al nostro evaso ha detto che il suo «è stato il caso più studiato negli ultimi anni» (fonte: Corsera) e che l’ultimo permesso «è stato rilasciato su basi legittime, dopo un lungo studio delle relazioni che riportavano da tempo una compensazione del disturbo psichiatrico, lucidità, capacità di collaborare, tranquillità e nessun rilievo psicopatologico». Ah, ma allora… se è così possiamo stare tranquilli. D’altra parte, la Costituzione dice che il reo deve essere «recuperato», ed è questo pezzetto di Costituzione uno dei più rispettati dal moderno buonismo, anche clericale.

A questo punto, non si capisce perché si continui a chiamare Penale il Codice, e non Recuperatorio. Nessun delinquente deve essere «punito», bensì «recuperato» e «reinserito» a spese del contribuente (di lavoro forzato –horresco referens- per ripagare almeno in parte il danno inferto alla società non se ne parla neppure, pena il linciaggio a chi osi proporlo). A spese del contribuente, dicevamo, e non di rado anche fisiche da parte di uno che o non è stato «recuperato» bene o non ha voglia di esserlo. O che ai tentativi di «recupero» ha preso talmente gusto da non voler più tornare, costi quel che costi, in galera. Pare, infatti, che il nostro Gagliano abbia deciso di darsi alla macchia quando non gli è stato consentito di lasciare Genova per recarsi a Savona, dai parenti, per le feste di Natale. Comunque, se lo avessimo incontrato, meglio fare come ha fatto quel poveraccio che è stato costretto ad accompagnarlo in macchina al porto e poi cedergliela, la macchina: accontentarlo e non farlo innervosire. Naturalmente, la paura (il malcapitato in questione, un panettiere, ancora tremava durante l’intervista) e il tempo perso nessuno ve li risarcirà. Contentatevi di essere rimasti vivi.