Eutanasia per 'polipatologia', il nuovo baratro belga
In un articolo pubblicato sul Journal of Medicine & Philosophy, tre ricercatori (pro choice) sottolineano che in Belgio si stanno moltiplicando le aree “eticamente e legalmente problematiche” dell’applicazione della legge sull’eutanasia. Aumentano infatti i casi di pazienti uccisi per “stanchezza della vita” aggirando la legge con la diagnosi di una generica “polipatologia”.
Ora lo dichiarano anche gli scienziati: in Belgio l’ampliamento delle norme sull’eutanasia e la mancata vigilanza sul rispetto della legge stanno annullando ogni garanzia per il paziente. Ergo, siamo di fatto alla legalizzazione totale dell’omicidio con ogni generica “polipatologia”. Un articolo pubblicato nel Journal of Medicine & Philosophy, una rivista accademica internazionale, ha mostrato come la legge che ha legalizzato l’eutanasia nel 2002 in Belgio, più volte modificata per ampliarne la portata, stia ormai divenendo onnicomprensiva e, di pari passo, le guarentigie per i pazienti siano state pressoché eliminate.
Nell’articolo “Euthanasia in Belgium: Shortcomings of the Law and Its Application and of the Monitoring of Practice” (“L’eutanasia in Belgio: carenze della legge e della sua applicazione e del monitoraggio della pratica”), gli autori Kasper Raus, Sigrid Sterckx e Bert Vanderhaegen, dell’Università di Gand, sottolineano che si stanno moltiplicando le aree “eticamente e legalmente problematiche” dell’applicazione dell’eutanasia. È bene chiarire che nessuno dei tre autori è contrario all’eutanasia. Delle continue eccezioni e cedimenti delle norme belghe e olandesi verso nuove eccezioni e permessi di eutanasie, abbiamo detto anche noi sulla Bussola in questi anni. È sempre più chiaro che nelle legislazioni sull’eutanasia ogni nuova eccezione non conferma la regola, bensì diviene essa stessa punto di partenza di una nuova e più estesa regola.
Ebbene, i tre ricercatori dicono chiaramente nel loro studio che la portata della legge sull’eutanasia è stata estesa: la legge è passata “dall’essere usata per malattie gravi e incurabili all’essere usata per prevedere la stanchezza della vita”. Eppure, l’eutanasia in Belgio per “stanchezza della vita” non sarebbe permessa. Tuttavia, i medici aggirano la legge diagnosticando una generica “polipatologia”, definita dall’organismo di regolamentazione competente come “la concorrenza di più malattie croniche o acute” in una persona. In una definizione così ampia e confusa si possono fare rientrare tantissimi malati e anziani, ciascuno dei quali potrebbe chiedere l’eutanasia o potrebbe esser ‘terminato’ senza alcun problema perché “polipatologico”. I dati dell’ultimo Rapporto nazionale sull’eutanasia (CFCEE Rapport Euthanasie 2020, pp.12-18) dimostrano che la diagnosi di “polipatologia” è alla base del 17,9% dei casi di eutanasia, 461 morti su un totale di 2656 nel 2019.
In secondo luogo, gli autori dell’articolo affermano che “la consultazione obbligatoria di uno o due medici indipendenti può non riuscire a fornire una reale salvaguardia per il malato. I loro compiti sono abbastanza limitati e, soprattutto, il loro parere non è comunque vincolante. La decisione finale di eseguire l’eutanasia spetta al medico curante che può eseguirla anche contro il parere (negativo) dei medici consultati”. Anche se l’eutanasia fosse richiesta per una condizione psichiatrica, dicono gli autori, “l’obbligo di consultare uno psichiatra può essere aggirato trovando un’altra malattia o disagio di cui il paziente soffre”. Mal che vada, si può sempre ricorrere alla definizione generica di “polipatologia” e il medico di famiglia così potrà approvare l’eutanasia senza bisogno di chiedere pareri e coinvolgere uno psichiatra.
Infine, i tre autori dell’articolo lanciano accuse pesantissime sull’incompetenza e inadeguatezza della Commissione federale di controllo e valutazione per l’eutanasia (Fcece) che non sarebbe in grado di “controllare il rispetto dei vari criteri legali”, mentre mantiene una sostanziale autorità di (re)interpretare la legge sull’eutanasia come meglio crede. Nell’articolo i tre autori sottolineano anche i profondi conflitti di interesse all’interno della Commissione di controllo, dato che un certo numero di medici della Commissione praticano essi stessi l’eutanasia e spesso finiscono per esaminare i casi di altri colleghi. Una prova? In 18 anni dall’entrata in vigore della legge, solo un caso è stato deferito dalla Commissione al competente pubblico ministero federale perché aprisse un’indagine.
Da qui lo scalpore suscitato dalla grande indagine a Lovanio, in corso dal novembre 2020, su decine di casi in cui l’eutanasia sarebbe stata praticata in tutto il Paese in violazione delle leggi. Anche a causa di questa indagine giudiziaria, la Commissione, a fine gennaio 2021, ha voluto rivedere il regolamento interno per la valutazione dei casi di eutanasia: una serie di precisazioni procedurali che tuttavia non prevedono nulla sul conflitto di interessi tra e dei medici giudicanti e perciò non renderà più trasparente il loro operato. Dal 2002, anno in cui la legge per l’eutanasia è stata legalizzata in Belgio, l’ampliamento e la generalizzazione dei casi sono stati esorbitanti e stanno coinvolgendo, come in Olanda, anche i bambini e coloro che ritengono di aver già vissuto una “vita soddisfacente”. Chiunque pensi a legalizzare la falsamente detta “morte dignitosa” dovrebbe guardare al Belgio, dove ogni eccezione si impone come nuova regola e dove avanza la prassi di “curare” i sofferenti con la loro morte.