Eutanasia Olanda, nel Paese dell'infanticidio legalizzato
Nei Paesi Bassi l'eutanasia è legale dai 12 anni in su. Ora si vuole estenderla anche nella fascia di età da 1 a 12 anni, per i bambini più piccoli. Fermo restando che deve esserci la volontà del bambino in questione. Le condizioni fanno dubitare che la scienza medica sia ancora seria.
L’accesso alle cure mediche è un diritto per tutti? La risposta non può che essere affermativa. Se l’eutanasia, nei paesi dove è stata legittimata, viene vista come “cura”, seppur estrema, per non soffrire, allora vien da sé che l’accesso all’eutanasia, al pari di qualsiasi altra terapia, deve essere concesso a tutti. Bambini compresi. Questo, ad esempio, accade senza limiti di età in Italia, a causa della legge 219/17, e in Belgio.
Nei Paesi Bassi per legge possono accedere all’eutanasia i bambini dai 12 anni in su e per quelli di età inferiore all’anno si applica il protocollo di morte di Groningen. Rimaneva un buco da colmare: la fascia di età che va dal primo anno di vita ai 12 anni.
Solerte ci ha pensato il Ministro della Salute Ernst Kuipers, del partito Democraten 66. Kuipers vorrebbe introdurre l’eutanasia anche per i bambini dai 12 mesi ai 12 anni tramite un regolamento dell’esecutivo senza passare dal Parlamento (ha inviato la bozza di questo regolamento alla Camera dei deputati solo per averne un parere riguardo alle parti rilevanti). La fretta di mettere a morte anche i bambini deriverebbe da pressioni ricevute dalle associazioni dei pediatri olandesi.
Quali sono le condizioni perché il bambino possa venire ucciso? La prima: il medico deve essere convinto, basandosi su “intuizioni mediche prevalenti, che il bambino soffra in modo disperato e insopportabile”. È richiesto anche un secondo parere medico. Dunque si manda a morte un bambino basandosi su mere intuizioni. Dal medico all’indovino, dalla scienza esatta all’opinione dubbiosa. Va da sé, comunque, che anche se certi che il bambino soffre, ciò non legittima il suo assassinio. Secondo requisito: il medico deve essere certo che non esista altro rimedio alla sua sofferenza. Ciò è scientificamente errato, perché le terapie antalgiche e, più estesamente, le cure palliative se a volte non possono eradicare il dolore, di certo sempre possono renderlo sopportabile.
Terza condizione: il medico deve parlarne con i genitori e – udite udite – anche con il minore in “modo appropriato alla comprensione del bambino”. Siamo proprio curiosi di sapere cosa potrà mai dire un medico ad un bambino, ad esempio, di un anno e mezzo sul tema eutanasia e soprattutto come farà a dirlo. Pure astrazioni giuridiche. Quarta condizione: l’eutanasia non deve avvenire contro la volontà dei genitori e – udite udite per la seconda volta – contro la volontà del bambino. Le riflessioni appena articolate si ripropongono qui, ma elevate al cubo perché, al fine di decidere della propria vita, le capacità di comprensione del fenomeno morte che può avere un bambino piccolissimo sono altrettanto minime, ancor più se tale fenomeno riguarda la sua persona. In più, quale giudizio morale di profondità adeguata al tema eutanasia potrebbe avere un bambino dai 12 mesi ai 12 anni? Perché se un bimbo di poco più di un anno può decidere della propria morte, allora, a fortiori, dobbiamo permettergli di votare e di sposarsi.
Quinto requisito: l’eutanasia deve essere l’extrema ratio, ossia si deve essere convinti che “la fine della vita sia l’unica possibilità ragionevole per rimuovere la sofferenza”. Come sempre si elimina il sofferente per eliminare la sofferenza, decretando così la morte non solo del paziente, ma anche della medicina intera. L’ultima condizione è quella che prevede che l’eutanasia debba avvenire secondo protocolli medici. Che l’eutanasia si distingua da qualsiasi altro volgare assassinio, please.
Il problema, a dire la verità, pare non essere tanto l’eutanasia infantile, ma la scienza medica, diventata anche lei ormai assai infantile.
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