Europa, il paradiso dei jihadisti
La vicenda di Anis Amri, il 24enne tunisino su cui pende una taglia di 100.000 euro per la strage di Berlino, rispecchia perfettamente tutte le debolezze e le contraddizioni di un’Europa immobile e imbelle. Avrebbe dovuto essere espulso nel 2011, in un carcere italiano si è radicalizzato. E tanti jihadisti crescono in un continente che pare trasformato in una grande preda.
La vicenda di Anis Amri, il 24enne tunisino su cui pende una taglia di 100.000 euro per la strage di Berlino, rispecchia perfettamente tutte le debolezze e le contraddizioni di un’Europa immobile e imbelle guidata da governi incapaci di difenderne le frontiere e la sicurezza dei propri cittadini.
Amri avrebbe dovuto essere respinto in Tunisia nel 2011, quando arrivò in Italia insieme a 24mila connazionali inclusi migliaia di criminali fuggiti dalle prigioni travolte dalla rivolta che rovesciò il governo di Ben Alì, capitolo tunisino delle cosiddetta “primavera araba”. È stato in carcere, in Italia per 4 anni, ma in Germania per solo due giorni, ha utilizzato 12 nomi diversi e tre nazionalità a conferma che non è un “lupo solitario” ma il membro di una organizzazione ben strutturata. È sfuggito ai provvedimenti di rimpatrio anche per la complicità delle autorità tunisine che hanno ritardato oltre i termini di legge la procedure di riconoscimento. Comprensibile lo scarso entusiasmo di Tunisi all’idea di riprendersi un simile personaggio, ma sorprende soprattutto la pigrizia di Italia e Germania che avrebbero certo gli strumenti politici ed economici per imporre alla Tunisia, come agli altri Paesi di provenienza degli immigrati illegali, di riprendersi immediatamente i loro connazionali.
In Tunisia era ricercato per una rapina a mano armata (5 anni di condanna in contumacia), in Italia ha appiccato il fuoco alla scuola dove era ospitato come “rifugiato” subito dopo il suo sbarco (condanna scontata a 4 anni di reclusione e in carcere è probabilmente diventato un estremista islamico). Fonti investigative italiane affermano che Amri ha poi raggiunto la Germania nel luglio 2015 dopo che gli era stato notificato un provvedimento di allontanamento. Si stabilisce in Nordreno-Vestfalia, roccaforte dei salafiti, in un centro di accoglienza a Emmerich sul Reno, ma va spesso a Berlino dove si trasferisce nel febbraio di quest’anno non dopo aver stretto rapporti con il gruppo dell'iracheno Abu Walaa, il "predicatore senza volto", capo di una cellula jihadista di reclutatori per l'Isis e arrestato a Hildesheim lo scorso 8 novembre. Già tenuto d’occhio dalla polizia criminale tedesca che lo classifica come "pericoloso" è sospettato di cercare finanziamenti per l'acquisto di armi automatiche da usare in un attentato.
Da marzo a settembre viene sorvegliato e gli inquirenti lo scoprono coinvolto solo in traffico di droga senza però elementi che lo leghino al terrorismo. A giugno gli viene negato l'asilo ma ottiene un rinvio dell'espulsione perché (e la cosa è buffa) non ha i documenti anche se in agosto viene trovato su un autobus in Baviera con falsi documenti italiani. Resta in carcere solo due giorni, poi viene rilasciato perché non ci sono le condizioni per il suo rimpatrio. Quando ricompare fa strage in un mercato di Natale a Berlino con un camion. Il caso di Amri è lo specchio del suicidio dei governi d’Europa che non riescono a guardare in faccia la realtà.
Inutile negare che il problema sia l’islam (i terroristi sono tutti islamici) o sostenere o che sia solo un problema di “minoranze” quando i dati di una ricerca ISTAT dell’ottobre scorso ci dicono che due terzi degli immigrati di seconda generazione non si identificano con l’Italia (solo il 38% a?erma di sentirsi italiano) e il 43% dice di non sentirsi appartenente all’Italia per quanto riguarda tutti i doveri che la cittadinanza comporta». In Francia l’Institut Montaigne ha rilevato che la metà dei giovani musulmani francesi fra i 15 e i 25 anni si de?nisce “fondamentalista” e dice di rispettare la sharia, non la legge francese. Un sondaggio effettuato in Gran Bretagna dalla società demoscopica ICM nell’aprile di quest’anno conferma come ampie fasce della popolazione islamica rifiutino i principi di base della società liberale e libertaria occidentale (quella basata, per intenderci, sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo promulgata nel 1948 dalle Nazioni Unite) e addirittura sostengano i terroristi in Europa. Il dato più eclatante è che solo il 34% degli intervistati sarebbe disposto a denunciare alla polizia un sospetto terrorista, il 52% ritiene che l’omosessualità dovrebbe essere illegale e per il 47% valuta inaccettabile che gay o lesbiche insegnino in una scuola. Il 23% si dice a favore dell’introduzione della sharia in Gran Bretagna e il 4 per cento simpatizza con i terroristi suicidi, il 32% non condanna le violenze contro chi viene accusato di avere “offeso Maometto” e il 31% è a favore della poligamia.
In Germania sono schedati ma operano indisturbati quasi 10 mila salafiti dei quali almeno 1.200 considerati “pericolosi” dai servizi di sicurezza: la loro ideologia è quella di Isis e al-Qaeda e i loro imam controllano sempre più moschee grazie ai soldi provenienti dalle monarchie del Golfo Persico (e persino ai contributi del generoso e spesso cieco welfare tedesco) e propagandano concetti jihadisti che fanno presa soprattutto sui nuovi immigrati e sui figli degli immigrati degli anni scorsi. Ciò nonostante l’Europa (Italia e Germania in testa) continua ad accogliere chiunque paghi i trafficanti, spesso senza neppure pretendere di conoscere l’identità di chi sbarca. Sono quasi tutti musulmani, nessuno di loro avrebbe diritto all’asilo (neppure chi scappa da una guerra è autorizzato dal diritto internazionale a pagare criminali e andare dove vuole) eppure vengono tutti accolti, nessuno respinto e in pochissimi espulsi, neppure dopo aver compiuto crimini.
L’Europa, da terra delle libertà agognata dagli oppressi, è diventata il paradiso dei jihadisti. Invece accogliere a braccia aperte gli esponenti più accesi e facinorosi dell’slam estremista la Ue dovrebbe mettere fuori legge la sharia e incarcerare o espellere chi la pratica (anche annullando la cittadinanza concessa a troppi cultori del jihad). Un provvedimento che consentirebbe di liberarci di molte minacce e di comprendere quanti sono i veri “islamici moderati” in Europa.