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LA LETTERA DI UN PRETE

Et ne nos inducas ... in psicosi da Coronaviurus

“Da quando è stato sancito che Dio non induce nella prova o nella tentazione, Dio stesso sembra aver permesso qui in Italia questa prova. Che da questa drammatica situazione emerga un popolo cristiano e sicuro che Dio non può abbandonare nessuno “nella” tentazione, ma può permettere una pluralità di eventi purificatori della nostra fede. Giusto, ma su cosa poggia la nostra fede?”. La lettera di un sacerdote. 

Ecclesia 07_03_2020

Et non inducas in coronavirus … sed libera nos a malo

Mi pare particolarmente ironico che, da quando i Vescovi italiani hanno sancito ufficialmente che Dio non induce nella prova o nella tentazione, Dio stesso abbia permesso - e stia permettendo - qui in Italia questa prova, al limite di ogni tentazione. Ma d’altro canto si sa: Dominus Deus è ironico.

Speriamo solo che da questa drammatica situazione emerga un popolo veramente cristiano e sicuro (come è ovvio…ma forse non per certi eccellentissimi) che Dio non può abbandonare nessuno né “alla”, né “nella” tentazione, ma può permettere una certa pluralità di eventi chiarificatori (o purificatori) della nostra fede.

E già, il problema è proprio la fede. Come non ripensare alle parole del Signore: “Il  Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. È assolutamente certo che Dio può indurci (portarci, condurci) nella prova per verificare la saldezza della nostra fede! Dobbiamo chiedere al Padre sempre (in italiano e se non potremo in latino, in greco, in bengalese, in cinese o in arabo): non ci indurre in tentazione e liberaci dal male! Io credo che non riuscirò mai a chiedere al Signore una cosa inutile poichè il Signore non può abbandonare nessuno.

Detto questo mi pare che la parola d’ordine in questo periodo sia l’espressione “psicosi” declinata con altri termini: allarmismo, emergenza…

Questa “psicosi” - per quanto riguardi i risvolti sociali ed economici - sembra purtroppo un necessario passaggio verso un futuro così enigmatico. Purtroppo anche l’ambiente cristiano pare essere ugualmente segnato da quest’inquietudine: da un lato abbiamo le iper precauzioni normate dalle conferenze episcopali - a mio parere eccessive, ma non sono un virologo - dall’altro un certo substrato cristiano purista teme un piano satanico contro la Chiesa per sancirne la definitiva morte.

Ho letto in questi giorni mille giudizi allarmistici: dall’attacco alla Chiesa, alla preoccupazione per la legiferazione permanentemente della Comunione in mano; ed ancora: dalla privazione al popolo dell’Eucarestia, di Dio e della fede all’ansia per la chiusura delle piscine di Lourdes et cetera, et cetera… 

Ma su cosa poggia la nostra fede? Forse non si celebrano più Messe in Italia, In Lombardia, Veneto o Emilia Romagna? Forse che - in un periodo emergenziale - nella Comunione sulla mano c’è meno quantità di Gesù che sulla lingua? Forse la Madonna ha bisogno dell’acqua per fare miracoli? 

Dove son finite la ragione e la ragionevolezza?   

Come lei ben sa, noi sacerdoti continuiamo ad offrire ogni giorno il Santo Sacrificio (con o senza popolo) e le immense grazie Eucaristiche custodite dalla Chiesa sono elargite al nostro popolo tutte le volte che noi preti varchiamo le soglie dell’Altare in persona Christi. Per di più non abbiamo molte intenzioni in questo periodo e quindi molte Messe sono applicate “pro populo”, per le intenzioni del popolo.  

Mi scusi l’ironia, ma mi diverte pensare che questo virus abbia costretto molti teologi e preti a ribaltare - nella pratica - certe impostazioni figlie dello “spirito” del concilio che ci han spiegato fino alla noia che “è la comunità che celebra” o che “la messa ha senso solo con la comunità”. Aggiungo pure che a porte chiuse ogni prete potrà decidere se celebrare giustamente orientato cioè “coram Deo” (verso Dio, verso il Tabernacolo come dovrebbe normalmente essere) o “coram scamnis” (verso i santi banchi); spero giunga presto il tempo in cui avremo il coraggio di correggere queste storture teologico-populiste.

Sulla ricezione eucaristica vorrei ribadire che - seguendo la tradizione - io personalmente trovo inappropriata la ricezione della Comunione sulla mano; per grazia di Dio nella mia parrocchia -anche per colpa di un sacrilegio Eucaristico - l’allora Vescovo Negri ed io concordammo sulla esclusiva ricezione della Santa Comunione sulla lingua. Questa non è sede per approfondire ma il recente libro di don Federico Bortoli chiarisce profondamente il senso di questa tradizione latina e non solo. Tuttavia, mi confidava un confratello - che ha applicato scrupolosamente l’indicazione dei vescovi sulla Comunione in mano - che alcuni parrocchiani più legati alla Tradizione si son rifiutati comunicarsi sacramentalmente durante la Messa: questo mi rammarica. Certo, li capisco sulla questione del rispetto e della venerazione…ma… è il Signore! Mi torna in mente l’episodio evangelico dove Pietro, pur nel rimorso del suo rinnegamento, non ha esitato neanche un istante a tuffarsi nell’acqua per raggiungere a nuoto il Signore che lo aspettava a riva; alla sola espressione “è il Signore” si è tuffato con il solo desiderio di “comunicare” con il Risorto; o anche la corsa piena di gioia e curiosità di Pietro alla notizia della Risurrezione di Cristo. 

Insomma la fede e l’affezione a Cristo generano un “movimento” spontaneo e non impostato verso di Lui ne va da sé che l’auto-esclusione di alcuni fratelli dall’Eucarestia indebolisce la preoccupazione sulla mancanza di Messe e di Sacramenti. Ribadisco che questa norma (Comunione in mano) a mio modo di vedere non è affatto una cosa positiva, tuttavia mi aspetterei giudizi più eroici in questa emergenza.

Aggiungerei anche timidamente che la Vergine Maria ha bisogno di veder in noi la fede, l’offerta sincera del sacrificio, la conversione… ne va da se che per concedere un miracolo (che compie il Signore) può usare acqua, terra, fuoco, grandine, un Rosario consumato dall’utilizzo o altro. Si potrebbe obiettare che il metodo che la Madonna offre passa per il segno dell’acqua ma questo non è il mezzo esclusivo della grazia.

Caro direttore, ci è chiesto un sacrificio inevitabile in questo momento: tanti nostri fedeli desiderano l’Eucarestia (ricordo comunque che non è vietato ricevere l’Eucarestia poiché si può sempre chiedere al Sacerdote) ma forse questa prova ci aiuterà a comprendere il valore proprio di questo sacro tempo di Quaresima del sacrificio con negl’occhi l’immagine di Cristo indotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal maligno ed il grande desiderio degli ebrei dopo la schiavitù di entrare nella Terra Promessa. 

È sempre difficile scegliere un sacrificio quaresimale… tutta questa vicenda porta in se un sacrificio ed un’occasione proposti ed imposti dalla realtà.

Perché un'occasione? Riflettevo in questi giorni sui famosi “tre giorni di buio” che molti mistici raccontano nelle loro visioni. Ovvio che nulla è dogmatico di queste rivelazioni personali tuttavia rileggendole mi colpisce molto il fatto che i mistici chiedano di non uscire di casa per nessun motivo in quei giorni così difficili e terribili, invitano a rimanere nelle proprie dimore illuminati dalle candele benedette, pregando ed affidandosi alla misericordia di Dio. Se tutto questo fosse vero sicuramente non si riuscirebbe ad andare a Messa, forse i preti celebrerebbero per la salvezza del loro popolo il Sacrificio e per tanti il tempo d’oscurità sarebbe un evento di sano giudizio e di liberazione. In questo ipotetico tempo di “vendemmia divina” l’uomo sarebbe solo, solo con la propria fede, aggrappato a quel rapporto personale col Signore che ciascuno di noi - hic et nunc - deve coltivare. Caro direttore, mi chiedo: e se queste situazioni difficili come il Coronavirus fossero delle timidissime prove generali? Chi lo sa!? Certo è che il valore del nostro rapporto col Signore in questo tempo deve diventare la misura della speranza.

Vorrei concludere ricordando alcune parole rinfrancanti dell’inno di quaresima vesperale composto dalle Trappiste di Vittorchiano: “Liberati dal giogo del male…noi giungiamo alla terra di prova dove i cuori saran resi puri”. La “terra di prova” serve a render puro il cuore. Ed ancora: Tu “cammini con noi nel deserto per condurci alla santa montagna sulla quale s'innalza la Croce”; il Salvatore accompagna la strada (il deserto) dei suoi figli e li porta a comprendere la grandezza del vero Sacrificio, quel Sacrificio che illumina i nostri sacrifici con la potenza della grande Verità. 

La fede dunque o è roccia o è sabbia: “Su Te, roccia che t'alzi fra noi, troveremo difesa ed appoggio”. 

La vittoria pasquale che intravvediamo in questo inizio di quaresima è dunque il “luogo teologico” da contemplare poichè “dalla morte passando alla vita giungeremo alla terra promessa”. La ringrazio di cuore per la paziente lettura. Buon lavoro!

*Diocesi di San Marino e Montefeltro