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INTEGRALISMO

"Esiste un solo islam" dicono i musulmani europei

Secondo un sondaggio tedesco sui musulmani residenti in Europa la maggioranza ritiene che esista un'unica interpretazione dell'islam e nega il pluralismo. L'ideologia islamista si sta sostituendo alla religione.

Libertà religiosa 19_12_2013
Al Qaradawi

Un miliardo e seicento milioni di musulmani, che vivono in un’area geografica che si estende dal Marocco alle Isole Fiji, dallo Yemen all’Iraq, dagli Stati Uniti alla Cina interpretano tutti il Corano in modo univoco? Un miliardo e seicento milioni di musulmani rappresentano una comunità omogenea e uniforme? È evidente l’impossibilità di parlare sia di islam con la i maiuscola sia di islam al singolare. Esistono in teoria dei fondamenti, dei precetti comuni, i cosiddetti pilastri dell’islam, che potrebbero costituire il “minimo comun denominatore” tra tutti i musulmani, ma di fatto anche sui precetti fondamentali vi sono distinzioni e differenze ben precise.

Non è difficile intuire che un musulmano marocchino non potrà essere uguale a un musulmano indonesiano, così come un musulmano saudita non potrà assomigliare a un musulmano albanese, non fosse altro che per ragioni prettamente linguistiche e di sostrato sociale e storico. Basti pensare che solo il 13% dei musulmani è arabo ovvero l’87% non lo è. Inoltre i Paesi a maggioranza islamica con il maggior numero di abitanti non sono arabofoni. Mi riferisco all’Indonesia con 205 milioni, seguita dal Pakistan con 143 milioni, segue il Bangladesh con 123 milioni. Anche le principali minoranze islamiche nel mondo ci conducono a un mondo non arabofono: la minoranza islamica in India è di 174 milioni, in Cina supera i 20 milioni. Per venire a una realtà più vicina a noi l’Unione Europea 16 milioni di musulmani e l’Europa in senso lato 53 milioni. Accanto a noi la Turchia, non arabofona, con i suoi 69 milioni di abitanti. Quindi se è pur vero che tutti i musulmani recitano il Corano in arabo, per la maggior parte di loro è una lingua acquisita e certamente non è una lingua veicolare.

Inoltre se si parte dall’assunto che l’islam è una religione che per definizione non prevede intermediari tra il credente e Allah, quindi non prevede sacerdoti, non ha un’autorità equiparabile al Papa, ne consegue che se esistono un miliardo e seicento milioni di musulmani, potrebbero in teoria esistere un miliardo e trecento milioni di islam diversi.

Quindi dovrebbe essere naturale e ovvio affermare che il mondo islamico è composto di realtà e soprattutto di persone completamente diverse tra loro ed è quindi tutto fuorché un monolite. Purtroppo i risultati di un sondaggio, pubblicato nei giorni scorsi da Ruud Koopmans del Wissenschaftszentrum di Berlino, va nella direzione opposta. Su 9000 persone, residenti in Germania, Francia, Olanda, Belgio, Austria e Svezia, ma di origine turca e marocchina, circa il 60% ritiene “che i musulmani dovrebbero ritornare alle radici dell’islam” e il 75% crede che “è possibile un’unica interpretazione del Corano alla quale tutti dovrebbero attenersi”.

Quest’ultima affermazione lo scorso 25 novembre è stata rivolta alla sottoscritta da una giovane musulmana di Verona al termine di una mia conferenza sulla violenza contro le donne nel mondo islamico. La ragazza, nata in Italia da genitori tunisini, velata e accompagnata da altre giovani e da un ragazzo che le “custodiva”, ha criticato proprio la definizione di islam plurale, fatto di musulmani dicendo che «nell’islam esistono solo due grandi gruppi: sciiti e sunniti», che i sunniti sono la maggioranza e che comunque «esiste un’unica interpretazione valida del Corano». Quando le ho chiesto di indicarmi chi fosse il suo interprete di riferimento quando leggeva il testo sacro dell’islam, dopo qualche istante di imbarazzo, ha risposto di seguire l’interpretazione «dei grandi sapienti», usando un plurale che contraddiceva l’affermazione precedente. Nel momento in cui le ho chiesto di farmi un nome, mi ha risposto esitante che il suo interprete di riferimento era Yusuf al-Qaradawi, il teologo di riferimento dei Fratelli Musulmani, presidente del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca con sede a Dublino, che ha affermato quanto segue: «l’islam tornerà in Europa da conquistatore e vincitore, dopo esserne stato cacciato due volte – una volta da sud, dall’Andalusia, la seconda dall’Oriente, quando bussò più volte alle porte di Atene […] ritengo che questa volta la conquista non avverrà con la spada, ma tramite la predicazione e l’ideologia».

La ragazza veronese e il sondaggio tedesco confermano la profezia di Qaradawi, confermano che l’ideologia che si sostituisce alla religione diventa sinonimo di esclusione, di opposizione e contrario di inclusione e dialogo. Nel 2005 Fethi Benslama, psicanalista francese di origine tunisina, pubblica un pamphlet dal titolo provocatorio “Dichiarazione di non sottomissione ad uso dei musulmani e di coloro che non lo sono” (Flammarion, Parigi) in cui denuncia esplicitamente questo meccanismo perverso: «Perché non sottomissione? Il centro di gravità dell’alienazione che veicola l’ideologia islamista consiste nell’attribuire al nome islam il significato esclusivo di sottomissione a Dio, ovvero asservimento a coloro che pretendono di parlare in suo nome». Nel 2006 anche il filosofo musulmano Abdennour Bidar scriveva il saggio “Self Islam” in cui affermava: «È giunto il momento, credo, di chiedersi quale sia il significato stesso della parola ‘islam’, che si è sempre sostenuto significhi sottomissione. Poiché il problema dell’islam è proprio la sottomissione».

Bidar approfondisce ulteriormente il concetto nel 2008 nel saggio “L’islam senza sottomissione. Per un esistenzialismo musulmano” (Albin Michel, Parigi): «L’idea di un islam del me o islam del sé, ovverosia un islam che viene dall’interno, di uno sforzo di autodefinizione dell’individuo, di autocostruzione della sua identità culturale attraverso il musulmano self-made, il musulmano che ha scelto il rapporto che vuole intrattenere con la propria cultura islamica. Questo musulmano libero si costituisce in quanto tale con i propri mezzi. Lo fa attraverso una presa di distanza critica verso l’eredità ricevuta dalla tradizione religiosa e dal costume sociale, e attraverso la riappropriazione personale di ciò che, in questa eredità, è giudicato dalla sua coscienza come degno di essere assunto, rivendicato e a sua volta trasmesso». Ebbene, è proprio questa riappropriazione di sé che l’estremismo islamico, dai Fratelli musulmani ai salafiti, non vuole. L’estremismo islamico ragiona dividendo le azioni in lecite e illecite, definisce libertà l’imposizione di regole che devono essere seguite e fa prevalere la ummanità, ovvero l’appartenenza alla umma, sulla umanità.

Il concetto di umma tanto caro agli estremisti, poiché annienta il singolo e la sua libertà, viene purtroppo alimentato e giustificato dalla convinzione, molto diffusa tra le istituzioni occidentali, che esista una comunità islamica omogenea che si erge al di sopra delle appartenenze nazionali e delle differenze sociali e linguistiche. Uniformando islam e musulmani, annullando le differenze si trasforma l’islam in una sorta di totalitarismo che sfocia in un pericoloso manicheismo che contrappone non solo il bene, rappresentato dall’islam, e il male, rappresentato dall’occidente, ma anche il bene, rappresentato da un fantomatico islam vero e unico, e il male, rappresentato da tutti quei musulmani che vivono la propria religione senza sottomettersi ai diktat di chi si erge ad autorità in un contesto che non la prevede.

Il sondaggio tedesco ha confermato l’esistenza di un problema sul territorio europeo che corrisponde alla diffusione sempre più capillare dell’ideologia deleteria che finirà per uccidere le prossime generazioni di musulmani che si vedranno accusate di estremismo, e quindi saranno emarginate e attaccate, per colpa dell’operato dei detentori del potere islamico. Solo comprendendo e facendo capire, a musulmani e non, che l’islam va obbligatoriamente coniugato al plurale si potrà sperare in una convivenza pacifica tra persone e non a uno scontro di civiltà cui aspirano sia estremisti islamici che estremisti occidentali. Solo comprendendo che chi lotta contro l’estremismo islamico non deve e non può essere tacciato di islamofobia si riuscirà a sconfiggere il vero razzismo che nasce da quel relativismo ipocrita che porta ad accettare attenuanti culturali e religiose a scapito dei diritti umani universali e che vuole che i musulmani siano arretrati e retrogradi, abbiano le barbe lunghe, maltrattino le donne, e che le musulmane debbano indossare il burqa o il velo ed essere sottomesse. Ma non è così e sono molti i musulmani a ricordarcelo.