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ELEZIONI REGIONALI

Eravamo tanto nemici: foto di gruppo di sinistra in Umbria

Chi l’avrebbe mai detto che Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Roberto Speranza sarebbero andati a braccetto in Umbria per fare un comizio tutti insieme? I Cinque Stelle, fino a poco fa, tuonavano contro la giunta umbra del Pd travolta dagli scandali. La sete di potere fa questo ed altro. Oggi la parola alle urne.

Politica 26_10_2019
La foto di gruppo PD-M5S in Umbria

Chi l’avrebbe mai detto che Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Roberto Speranza sarebbero andati a braccetto in “pellegrinaggio” in Umbria per fare un comizio tutti insieme? Ma Luigi Di Maio è lo stesso che tuonava fino a qualche mese fa contro l’ex giunta umbra coinvolta negli scandali della sanità e rivendicava una diversità morale nei confronti del Pd? Molti cittadini umbri queste domande se le stanno facendo, eccome. Probabilmente appaiono disorientati da una foto di gruppo alla quale Matteo Renzi, per scaltrezza e fiuto politico, si è sottratto. In caso di debacle della coalizione di governo domenica alle regionali umbre, l’ex premier potrà sempre dire che lui l’aveva detto, che l’alleanza era sbagliata e che l’obiettivo politico di Italia Viva non è di cementare l’attuale blocco giallo-rosso, bensì quello di aggregare sensibilità moderate, pescando a destra e sinistra.

Le regionali umbre appaiono quindi uno snodo fondamentale per l’attuale quadripartito che governa il Paese e che, al di là delle dichiarazioni di facciata, teme le urne di domani. D’altra parte a Perugia, Terni, Orvieto, Todi e altri centri minori nelle ultime tornate amministrative il vento è già cambiato e il centrodestra è maggioranza. Alle elezioni europee di cinque mesi fa la somma dei voti presi in quel territorio da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia supera il 50%. Difficile quindi ipotizzare un ribaltamento di fronte visto che il Conte bis appare più che mai diviso sulla manovra di bilancio e percorso da tensioni e rivalità interne.

Nell’atteggiamento della maggioranza di governo vanno evidenziate alcune ambiguità di fondo. Fino a ieri i suoi esponenti, da Conte a Di Maio, avevano sempre minimizzato la portata del voto umbro, definendolo un test locale senza riflessi sulla tenuta del quadro politico nazionale. Però ieri hanno deciso di fare un comizio a Narni per tentare disperatamente di smentire i sondaggi che, abbastanza unanimemente, danno vincente la coalizione di centro-destra. Nel comizio hanno illustrato le novità della legge di bilancio, hanno tentato di tranquillizzare l’elettorato umbro sulle voci di nuove tasse, definendole “fake news”, e hanno ostentato una compattezza che non esiste nella realtà, né sulla manovra d’autunno né su questioni più spinose, che sfiorano financo il tema della leadership. Pare esista, infatti, un patto tra Di Maio e Renzi per scalzare Conte da Palazzo Chigi.

Ecco perché la parata propagandistica di Narni rischia di rivelarsi un boomerang per il governo, qualora nelle urne a prevalere fosse il candidato di centrodestra. Se, nonostante il massimo dispiegamento di forze e la discesa in campo di tutti i leader nazionali, il centrosinistra dovesse perdere la guida dell’Umbria, si aprirebbe un caso politico. E il 26 gennaio 2020, quando si voterà in Emilia Romagna, quel caso potrebbe esplodere e mettere seriamente in crisi l’esecutivo qualora a prevalere fosse nuovamente il centrodestra.

Una seconda contraddizione ancora più stridente tra il dire e il fare riguarda il Movimento Cinque Stelle. All’indomani dello scandalo che aveva portato alla caduta della giunta umbra e all’indizione di nuove elezioni, i pentastellati avevano tuonato senza mezzi termini contro i dem, accusandoli di aver distrutto quella regione dell’Italia centrale, da sempre nelle mani della sinistra, trasformandola in una terra di brutale e spietata conquista del potere, nella sanità ma anche in altri ambiti della vita pubblica. Naturale quindi pensare che mai e poi mai i destini del movimento grillino potessero unirsi a quelli dei democratici. Ma la brama di potere fa miracoli ed ecco che ora Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti appoggiano lo stesso candidato alla Presidenza. E’ vero, è un civico, ma non poteva che essere così, visto che per un discorso di immagine mai e poi mai i dem avrebbero potuto appoggiare un candidato dei Cinque Stelle e viceversa i pentastellati un candidato Pd.

La foglia di fico del civismo ha dunque coperto una disinvolta e cinica operazione di puro potere, con evidente strumentalizzazione del candidato presidente e dell’ipotetica giunta di centrosinistra, che inevitabilmente sarebbe eterodiretta dai leader umbri di Pd e Cinque Stelle. Pur essendo quindi l’Umbria una piccola regione, il test elettorale di domani non potrà non avere riflessi nazionali. Nei Cinque Stelle, in caso di sconfitta, si accelererebbe la resa dei conti tra seguaci e avversari (sempre più numerosi) di Luigi Di Maio e nel Pd crescerebbero i malumori, che Matteo Renzi punta a fomentare per ingrossare le fila di Italia Viva. Matteo Salvini, invece, con i suoi alleati di centrodestra, avrebbe buon gioco nello sparare a zero contro l’esecutivo e nell’invocare elezioni anticipate in caso di prolungate difficoltà dell’esecutivo nel trovare la quadra sulla manovra di bilancio.