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VITA

Embrioni, una strage non casuale

La fecondazione artificiale comporta
la crioconservazione degli embrioni. L'unico modo per evitare incidenti come quello di Roma è non praticarla.

Editoriali 03_04_2012
Fecondazione in vitro

Un banale guasto ha provocato la morte di 94 embrioni  crioconservati, che si trovavano in un centro per la fecondazione artificiale a Roma. Un’ecatombe che ha trovato spazio sui giornali italiani, perforando la solita cortina di silenzio e di complicità che avvolge il mondo dei figli in provetta.


Che degli embrioni umani muoiano così, come dei gamberetti andati a male perché il freezer di casa si guasta, è faccenda che imbarazza. Imbarazza innanzitutto i tecnici e i medici che sulla fecondazione artificiale hanno costruito la loro fortuna professionale ed economica, perché l’immagine che ne viene fuori non è bella, non è lucida, non è pulita e rassicurante come essi vorrebbero. E’, banalmente, una crepa nel mito della scienza perfetta che con tanto impegno hanno saputo costruire in questi anni, una scienza che non sbaglia mai, che non sopporta limiti, che risolve ogni problema dell’uomo.

E’ una macchia sul camicie bianco che più bianco non si può usato per trasformare il medico della provetta in una specie di missionario filantropo che regala (si fa per dire) un figlio alle coppie dolenti, ostacolate dalla Chiesa oscurantista dei no e dei divieti.

Ed è anche un clamoroso richiamo all’esistenza della vita embrionale – la grande assente dai giornali laici e illuminati – poiché il fatto che i piccoli esseri congelati siano morti significa - logica stringente lo vuole - che prima fossero vivi, benché prigionieri in quel moderno gulag tecnologico che è la crioconservazione.

Però non possiamo tacere che questi embrioni congelati e morti sono imbarazzanti anche per una certa parte del mondo cattolico. E precisamente per quella consistente e autorevole fetta ecclesiale che in questi anni ha deciso di costruire un mito parallelo; il mito della “fecondazione artificiale omologa buona nel rispetto della legge 40”.


La legge italiana, dicono costoro, vieta il congelamento di embrioni, e dunque sarebbe bastato rispettare la legge in vigore, e questa ecatombe di innocenti sotto azoto liquido non si sarebbe verificata. Questa tesi è complessivamente falsa. Infatti, da un lato è vero che il legislatore italiano abbia voluto escludere il ricorso sistematico all’azoto liquido (per altro con un esplicito rinvio alla legge 194, quella sull’aborto: il che significa che la tanto osannata legge 40 del 2004 si pone sotto l’ombrello teorico e pratico della legge abortista).

Ma è altrettanto vero – e chi tace questa evidenza o è ignorante o è in mala fede – che la stessa legge 40, all’articolo 14, dopo aver vietato la crioconservazione, recita testualmente al comma 3: “qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.”

Dunque, lo stesso legislatore apre un varco al ricorso al congelamento, e si capisce bene perché sia costretto a farlo: con la fecondazione artificiale si compie sempre un atto gravissimo di ingiustizia che non ha precedenti nella storia dell’umanità, producendo artificialmente uno o più esseri umani e collocando costoro in un luogo diverso dal grembo materno. Si attua cioè quella che il bioeticista cattolico Adriano Pessina ha chiamato dislocazione spazio temporale della gravidanza. Tradotto in soldoni, significa che con la provetta  l’essere umano embrione viene messo in un luogo in cui nessuna legge potrà veramente tutelarlo in maniera effettiva, perché basterà che la donna che ha deciso di produrlo cambi idea, per qualunque ragione, e a quel punto nessuno potrà obbligare la madre a sottoporsi al trasferimento, le cui probabilità di successo sono per altro bassissime (dell’ordine di qualche punto percentuale).


Spero che i lettori abbiano capito bene: una volta imboccata la strada della fivet, anche di quella “buona omologa secondo la legge 40”, il passaggio alla riduzione dell’embrione a oggetto è automatica. E il ricorso al congelamento, benché non necessario sempre, è una variabile statisticamente inevitabile. Si aggiunga che talvolta il ricorso al congelamento avviene per differire il momento del trasferimento, per dare il tempo alla donna di ristabilirsi dopo la stimolazione ovarica subita per prelevare i suoi ovociti.

Dunque, chi se ne va in giro a dire che si può fare Fivet evitando sempre il congelamento o è ignorante, o è in mala fede. Stiamo dicendo che il ricorso all’azoto liquido è, almeno in una certa percentuale, inevitabile se si vuole ricorrere alla provetta anche solo nella forma omologa.

E qual è il giudizio del Magistero della Chiesa sul congelamento di embrioni? Il documento Dignitas Personae, scritto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2008, è a questo proposito sconvolgente: “Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile”. Questo significa che non esiste una soluzione moralmente accettabile di fronte alla domanda: “che fare con gli embrioni congelati?” Illecita la loro distruzione intenzionale diretta, illecito il loro uso come cavie di laboratorio. Ma inaccettabile anche la loro adozione. E disumano anche tenerli in una prigione di ghiaccio. Insomma: l’unico modo di prevenire “incidenti” come quello di Roma è smetterla di produrre embrioni in provetta. Altro che apologia della legge 40.

E per concludere, un’ultima rivelazione contro ogni retorica della “fivet omologa buona”. Di quei 94 embrioni morti a Roma per “scongelamento”, sapete quanti ne sarebbero nati? Cominciamo con il dire che molti di loro sono morti all’atto violento del congelamento o sarebbero morti all’atto dello scongelamento; secondo il compianto genetista Angelo Serra, in misura pari al 50%. I sopravvissuti avrebbero intrapreso, in caso di trasferimento nel corpo di una donna, una strada quasi certamente destinata all’aborto. Ecco: alla fine, di quei 94 innocenti morti per scongelamento sarebbero giunti alla nascita meno di dieci fortunati. A essere ottimisti.

Queste sono le verità che dovremmo dirci e dovremmo dire alle donne e agli uomini che sono tentati dalle sirene della provetta; sono le verità che dovremmo leggere tutti i giorni sulla stampa cattolica. Giusto per non crioconservarci l’anima e il cervello.