Embrioni cavie genetiche: un rischio troppo alto
Nature pubblica i risultati di una scoperta effettuata usando embrioni prodotti artificialmente per correggere un'anomalia cromosomica. E si è gridato allo scandalo parlando di Frankenstein da laboratorio. Ma è lecito moralmente intervenire sulla struttura genetica dell’uomo? Dipende sempre dal fine. E anche dal risultato e dai danni conseguenti.
Il 2 agosto scorso la rivista scientifica Nature ha pubblicato un articolo dal titolo “Correction of a pathogenic gene mutation in human embryos”, redatto da una nutrita equipe di ricercatori coordinati dall'Oregon Health and Science University. L’articolo scientifico illustra i risultati ottenuti in merito al tentativo di correggere un gene difettoso che può causare la cardiomiopatia ipertrofica, patologia che colpisce una persona su 500. La tecnica usata si chiama Crispr-Cas9. Semplificando molto, si tratta di tagliare il gene difettoso dalla sequenza cromosomica.
La notizia ha provocato scandalo. Già si parla di Ogm umani, di manipolazione genetica sull’uomo, di Frankenstein da laboratorio. Al di là delle risposte spesso dettate da emotività, è bene innanzitutto domandarsi: è lecito moralmente intervenire sulla struttura genetica dell’uomo? Come insegna la morale naturale l’atto è specificato dal punto di vista etico dal suo oggetto, cioè dal fine prossimo dell’agente (Catechismo della Chiesa cattolica n. 1751, Giovanni Paolo II Veritatis splendor n. 78, Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 18, a. 6). In questo caso il fine perseguito è terapeutico, quindi è un fine buono. Come posso intervenire su un cuore malato per curarlo, così è lecito intervenire su un gene malato per il medesimo scopo. Le finalità buone potrebbero avere anche altra natura: preventiva e perfettiva. Ad esempio sarebbe moralmente lecito apportare modificazioni genetiche per rendere le persone più resistenti a certi batteri oppure per potenziare alcune loro facoltà (ad esempio la memoria). Tutti interventi migliorativi e di carattere artificiale – cioè prodotti dall’uomo - al pari dell’uso di antibiotici per i batteri e di esercizi utili per sviluppare la memoria.
Non sono leciti invece quegli interventi genetici sugli embrioni che minano l’identità personale – ad esempio un futuribile cambio di sesso genetico – oppure meramente estetici (altro bisognerebbe aggiungere, ma qui ci manca lo spazio) – ad esempio volere il figlio biondo con gli occhi azzurri. In entrambi i casi non sussisterebbe né la finalità terapeutica, né quella preventiva, né infine quella perfettiva. In quest’ultima ipotesi infatti non potremmo dire che il nascere maschio è meglio che nascere femmina e che il bambino biondo è meglio di quello moro.
Al primo fine di un atto (oggetto dell’atto) però si possono aggiungere altri fini (intenzioni). E così potrei curare Tizio per amore del prossimo, per realizzare la mia vocazione di medico, etc. Tutti fini secondi buoni. Ma se il primo fine di un atto (oggetto dell’atto) è malvagio, le intenzioni buone non potranno mutare la natura dell’atto che rimarrà malvagia. E così il fine di uccidere un innocente (oggetto dell’azione malvagia) allo scopo di salvare 1000 persone (intenzione buona), non rende l’omicidio dell’innocente una buona azione. Né è lecito rubare per dare ai poveri. E’ il caso dell’articolo pubblicato su Nature. Infatti scopriamo che gli esperimenti condotti per trovare una cura al gene difettoso sono stati eseguiti su embrioni prodotti in vitro. Dunque la ricostruzione della ricerca svoltasi negli States sotto il profilo morale sarebbe la seguente: compio un’azione malvagia – produzione di embrioni con la fecondazione artificiale – per un’intenzione buona – trovare la cura per la cardiomiopatia ipertrofica. Mai lecito compiere il male anche per un fine buono (CCC n. 1753).
Qui perciò abbiamo il primo grosso inciampo di ordine morale. Ma ve ne sono altri. Un atto lecito non deve essere compiuto se promette più danni che benefici. Più in particolare nel calcolo dell’opportunità morale di compiere un atto in sé buono occorre soppesare il valore dei beni in gioco e il rischio di un eventuale danno, al fine di verificare se il gioco valga la candela. Facciamo il caso che la tecnica Crispr possa venire utilizzata su embrioni malati concepiti naturalmente e quindi che non si debba ricorrere alla fecondazione artificiale. Apprendiamo dalla ricerca che, seppur ci siano state migliorie nella tecnica, quest’ultima è ancora difettosa. Ad esempio non tutti i tagli avvengono nel punto esatto. Questo potrebbe provocare più danni di quelli che si vogliono riparare. Inoltre si è scoperto che il gene tagliato viene “ricucito” automaticamente dalla doppia elica cromosomica, rendendo quindi inutile la pratica. Allora si è pensato di sostituire il gene eliminato con uno artificiale, ma questo tentativo è andato in porto solo una volta su 42 tentativi. Infine la comunità scientifica nutre ampie riserve – nonostante i pareri contrari degli scienziati che hanno pubblicato i risultati della ricerca – sui rischi a danno del genoma. Infatti questo gioco del taglia, incolla e cuci può generare effetti imprevisti sulla rimanente struttura cromosomica della persona e dunque della sua discendenza, potendo provocare malformazioni, patologie genetiche gravi, etc. Quindi, anche a prescindere dall’inciampo della fecondazione artificiale, è prematuro applicare questo tipo di tecnica sugli embrioni malati a motivo degli scarsi risultati raggiunti. Il gioco per l’embrione non varrebbe la candela: tra una patologia certa ma comunque gestibile e conseguenze nefaste più gravi assai probabili è preferibile astenersi dall’applicazione di tale tecnica.
Questo vuol dire che dobbiamo abbandonare la tecnica Crispr che appare comunque promettente anche su moltissime altre patologie genetiche? No, ma occorre affinare la tecnica non sulla pelle degli embrioni che sono persone e che non possono essere usate come cavie da laboratorio.
Un’altra riserva su questo tipo di sperimentazioni sta poi nel fatto che gli embrioni prodotti in laboratorio sono destinati alla distruzione. Quindi si compie un atto in sé malvagio – fecondazione artificiale a scopo di ricerca - e poi se ne aggiunge un altro ancor più grave – l’uccisione diretta degli embrioni prodotti.
Qualcuno ha infine avanzato la seguente obiezione: questa tecnica genetica ora è usata per scopi buoni, ma in mani sbagliate in futuro potrebbe servire per finalità eugenetiche: per scegliere il colore dei capelli dei bambini, per deciderne l’altezza, etc. Questa obiezione rimanda, come prima accennato, all’ambito assai ampio della virtù della prudenza e quindi dell’opportunità di compiere alcune scelte. Se è altamente probabile che la ricerca X porterà più danni che benefici proprio a motivo delle cattive intenzioni di molti è meglio interrompere la ricerca. In genere però è bene incentivare la ricerca scientifica. Vero è che la ricerca sul nucleare ha prodotto ordigni letali, ma ha anche aperto a fonti di energia che, indirettamente, hanno salvato forse più vite di quelle provocate dalle bombe atomiche. D’altronde ogni strumento pensato per fini buoni può essere usato, pervertendone la natura, per scopi malvagi. E così una semplice zappa può diventare nelle mani di un malvivente un’arma letale. Ma non per questo non dobbiamo più fabbricare zappe.