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IL RICORDO

Emanuele Samek Lodovici, una vita per la Verità

Il 5 maggio 1981 la prematura morte del filosofo cattolico. Nel suo pensiero la passione per la verità, ricercata con rigore intellettuale e fede profonda.

Attualità 05_05_2011
Emanuele Samek Lodovici

 

Un insegnante ha effetto sull’eternità: non si può mai dire dove termina la sua influenza.
(Henry Adams).

Conobbi Emanuele Samek alla fine del liceo, invitato dal mio docente di religione ad un incontro  presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, a Torino.

Fu l’inizio di una frequentazione che sarebbe stata interrotta tre anni dopo dalla sua improvvisa morte. Ma l’amicizia no, quella non si interrompe. “Più forte della morte è l’amore..”; beh, vale anche per le grandi amicizie, in virtù della comunione dei santi.

Ero già deciso a studiare filosofia, grazie al mio docente, il prof. Fornero, che sarebbe poi divenuto autore di uno dei manuali più diffusi nei licei italiani.

L’incontro con Emanuele, che mantenne poi la consuetudine di tenere incontri dedicati a giovani studenti, anche presso case di amici torinesi, fu determinante per aprirmi orizzonti insospettati. Ero su posizioni genericamente esistenzialistiche e neo-illuministiche, che avrei poi lasciato.
Mi invitò a partecipare, nell’estate dopo la maturità, ad un convegno universitario a Urio, sul lago di Como. Accettai, e rimasi colpito dal clima di allegria e di amicizia creatosi tra i partecipanti, così come dalla loro capacità di ascoltare, nei momenti “accademici” le relazioni di docenti come Vittorio Mathieu e come appunto Emanuele Samek.

Ci parlò di memoria e di libertà. Quella conferenza, indimenticabile, fu per me l’inizio di un crescente interesse per Bergson, S. Agostino, Plotino e per  T.S. Eliot nei Quattro quartetti : “A che serve la memoria? A liberarci”.

Ecco una delle sue grandi doti: con una citazione sapeva aprirti una finestra e un intero mondo. Scoprii i fulminanti aforismi di Karl Kraus.

Ma Emanuele era capace di prenderti per il braccio e di invitarti ad andare con lui nella piccola cappella (oratorio, come più precisamente viene chiamato) della residenza di Urio; e lì di insegnarti a pregare, a tu per tu con Dio. Difficile non uscirne cambiati, e così fu. Ero andato al convegno “sulla fiducia” e per amicizia, ma senza alcuna intenzione di partecipare a momenti di formazione cristiana; ritornai trasformato in profondità. Emanuele fu così strumento della grazia, la quale sa trovare le sue strade, a volte con insospettabile rapidità.

Era uomo di totale disponibilità e di simpatici e generosi slanci: un pomeriggio non ebbe esitazione a spogliarsi e a lanciarsi in acqua per soccorrere al largo alcuni ragazzi in seria difficoltà per via del forte vento. Alla fine dovette ovviamente essere anche lui soccorso.

Poi, l’anno accademico e le lezioni universitarie. L’aula con lui si riempiva.
Emanuele Samek era il contrario del politically correct: non temeva di sparare ad alzo zero sul pensiero radicale, su certe forme di femminismo, sul marxismo che, allora (a fine anni ’70)  sembrava ancora vincente, e su un certo milieu clericale per il quale Hans Kung era il massimo…
Queste lezioni sarebbero poi confluite nel testo Metamorfosi della gnosi, che rimane fondamentale per chiunque voglia comprendere il cuore dell’attacco portato alla concezione cristiana dell’uomo e del mondo. Un attacco definito “micro strutturale” perché colpisce coloro che portano e trasmettono i princìpi e i valori, imponendo un nuovo modo di essere uomo, donna, figlio. Oggi questo è divenuto esplicitamente l’ideologia del gender.  Di tutto ciò si veda nel profilo biografico-intellettuale scritto dall’amico Giacomo Samek.

Pochi cenni, dunque, per ricordarlo con cuore grato e commosso.

Gli devo moltissimo, nell'orientamento intellettuale, umano e cristiano. Mi è di incoraggiamento nel ritrovare il quotidiano slancio di fronte agli studenti.

*docente di Storia e Filosofia a Torino