Elezioni negli Usa, cosa bolle in pentola
Domani, negli Usa, si vota per le elezioni Mid Term: a metà mandato di Obama si rinnova gran parte del Congresso, cioè tutta la Camera e un terzo del Senato. Oltre a decidere il futuro dell'amministrazione democratica, queste elezioni sono anche un vero e proprio plebiscito per l'Obamacare.
Domani, 4 novembre, gli Stati Uniti tornano alle urne. Non si deve eleggere il presidente, il cui mandato scade nel 2016, ma si deve rinnovare gran parte del Congresso, il parlamento americano.
Solitamente i media italiani sono più attenti alle elezioni presidenziali e meno a quelle per le due camere del Congresso, chiamate Mid Term perché si effettuano a metà del mandato presidenziale. Eppure le Mid Term sono fondamentali per decidere gli equilibri di potere. Si rinnova tutta la Camera, che vota su tutte le politiche economiche e fiscali. E si rinnova un terzo del Senato, che vota anche sulla politica estera. Un presidente che gode della maggioranza al Congresso (come Obama nei suoi primi due anni di presidenza) può andare a gonfie vele nella realizzazione del suo programma. Un presidente privo di maggioranza, sia alla Camera che al Senato, è una “anatra zoppa”, incapace di far politica. Ancor meno attenzione è dedicata, dalle nostre parti, a una serie di referendum, anche su questioni etiche fondamentali e principi non negoziabili, che si terranno nei singoli Stati. Eppure saranno proprio quei referendum, specie quelli che riguardano l’aborto, a cambiare sensibilmente la vita dei cittadini che li voteranno.
C’è tanta carne al fuoco e, prima di tutto, la sfida si vince sui numeri. E quindi è bene vederne un po’: nel rinnovo di tutti i 435 deputati alla Camera, i repubblicani puntano a farne eleggere 246. Hanno già la maggioranza, ma mirano al record: sarebbe la più solida maggioranza repubblicana in tutta la storia del dopoguerra. In Senato, gli equilibri sono più delicati. Essendo la camera degli Stati, la lotta è più territoriale. I repubblicani sfidano i democratici per strappar loro sei seggi. In tre Stati possono aggiudicarsi una vittoria abbastanza facile: South Dakota, West Virginia e Montana. In altri quattro Stati, hanno buone chance di vincere: Alaska, Arkansas, Colorado e Louisiana. Nel caso si aggiudichino almeno sei seggi, avrebbero vinto la maggioranza. Perché ne basterebbero così pochi, visto che i senatori da eleggere sono 36? Perché, appunto, gli equilibri sono molto delicati e sottili. Dei 36 seggi senatoriali, 15 sono nelle mani dei repubblicani e 21 in quelle dei democratici. Sei senatori faranno la differenza.
Sulla riforma sanitaria, l’Obamacare, il presidente ha puntato tutta la sua reputazione. I repubblicani mirano a de-finanziarla e a respingerla, pezzo per pezzo. Vantata come un successo dall’amministrazione democratica, questa riforma, che mira a fornire una copertura medica (sempre privata) a tutti i cittadini americani, inizia a far acqua da varie parti. Aziende motivate da una forte etica cristiana, come Hobby Lobby (una catena di negozi di bricolage), hanno vinto cause contro l’obbligatorietà di assicurazioni per i loro dipendenti che includono anche contraccezione e aborto. Altri istituti religiosi si sono opposti e hanno vinto la loro causa. Mentre i primi studi sull’andamento dei prezzi delle polizze segnalano in modo allarmante un aumento dei premi, mentre la cronaca mostra in modo impietoso casi di famiglie, come quella della giovane Shannon Wendt, che hanno perso la precedente copertura assicurativa e stentano a pagarne una nuova più cara. Ma al di là dei casi singoli, quella dell’Obamacare è una scelta sistemica. Gli americani devono decidere chi deve curarli: i privati o lo Stato? L’Obamacare introduce il governo in un sistema sanitario ampiamente privato e competitivo. Non è solo questione di decidere “quanti” soldi, ma anche “chi” decide “come” usarli. Introducendosi nella sanità, il governo avrà più mano libera nel prendere decisioni etiche, su eutanasia, aborto e contraccezione, in primo luogo. Anche per questo motivo, i conservatori sono contrari e, in caso di vittoria repubblicana, faranno di tutto per smontare la riforma.
A livello locale, oltre a una serie di consultazioni su caccia, tasse statali, lavoro e resitrizioni al diritto di portare armi, si vota per la liberalizzazione della marijuana in Alaska, Oregon e nella capitale, Washington DC. Mentre la Florida dovrà decidere se legalizzare questa droga leggera solo a scopo terapeutico. Democratici e libertari sono favorevoli alla legalizzazione e indicano il Colorado (il primo a optare per la legalizzazione) come modello da seguire. I repubblicani sono contrari. Hawaii, Nevada, New Mexico e New York votano anche per una riforma dei finanziamenti ai loro sistemi di istruzione, chiedendo di aumentare le tasse (o di impiegare più buoni del tesoro) per fornire più fondi all’istruzione pubblica. Anche in questo caso, i conservatori sono contrari, nel nome della libertà di istruzione. Se i democratici vincono i loro referendum, gli Stati avranno più fondi da destinare alle scuole, ma anche un maggior potere decisionale per decidere i programmi.
Sui principi non negoziabili, sul valore e la definizione stessa della vita, in particolar modo, si decide con referendum in tre Stati: Colorado, North Dakota e Tennessee. “Aborto” (abortion) è diventata una parola tabù negli Usa, dunque negli articoli e nelle campagne elettorali referendarie, si trova solo il termine “personhood”, che non vuol dire “personalità”, ma indica la proprietà della persona, quando una creatura umana può definirsi tale. Negli Usa, va ricordato, non c’è alcuna legge sull’aborto, né gli americani hanno mai votato un referendum nazionale sull’interruzione di gravidanza, contrariamente all’Italia. Si tratta di una pratica resa libera, di fatto, da una serie di sentenze della Corte Suprema che hanno fatto da precedente, soprattutto la Roe vs. Wade del 1973. Ogni Stat ha però piena libertà di vietare l’aborto sul suo territorio. Ed è proprio su questo che si voterà domani.
Il Colorado, con l’Iniziativa 5, propone l’emendamento della sua Costituzione statale, inserendo la definizione di “persona” anche per i bambini non ancora nati. Inoltre propone di inserire nel suo codice penale un comma che includa le “persone umane non nate” quali possibili vittime. Nel North Dakota, l’emendamento proposto estenderebbe il diritto inalienabile alla vita agli uomini “in ogni stadio del loro sviluppo”, cosa che renderebbe illegale sia l’aborto che l’eutanasia. Infine, la proposta di emendamento della Costituzione del Tennessee, mira a introdurre già nell’articolo I una formula esplicita contro le pratiche abortive: “Nulla, in questa Costituzione, garantisce o protegge il diritto all’aborto, o richiede il suo finanziamento. Il popolo mantiene il diritto, attraverso i suoi rappresentanti e senatori eletti (a livello statale, non federale, ndr) a implementare, emendare, respingere statuti riguardanti l’aborto, comprese, ma non limitate a, circostanze di gravidanza risultanti da violenza sessuale o incesto, o quando necessarie a salvare la vita della madre”.
Si tratta di decisioni forti e radicali, che possono fare la differenza fra la vita e la morte. In confronto le proposte di riforme europee, come l’abortita (mezza) riforma spagnola sull’interruzione di gravidanza, sembrano ordinaria amministrazione.