Elezioni in India sempre meno democratiche. Modi diventa autocrate
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Il primo ministro Modi vuole "vincere facile" le elezioni ormai alle porte. Stretta finanziaria sul partito dei Gandhi all'opposizione, nuovo giro di vite contro le minoranze religiose.
Bene hanno fatto lo scorso 22 marzo i Vescovi cattolici indiani ad offrire le loro «suppliche per la purificazione della Chiesa e il bene della nazione», un’iniziativa decisa durante l'Assemblea della Conferenza episcopale, per scongiurare la preoccupante «polarizzazione religiosa senza precedenti che sta danneggiando l'armonia sociale e mettendo in pericolo la stessa democrazia».
Dal 19 aprile al 1° giugno quasi un miliardo di elettori dell’India saranno chiamati al voto, le ultime proiezioni del censimento rivelano che la popolazione indiana è composta per il 79,8% da indù, per il 14,2% da musulmani e per il 2,3% da cristiani. Le elezioni generali indiane si terranno in sette diverse tornate a seconda delle diverse aree del Paese e serviranno ad eleggere i 543 membri della Lok Sabha (Camera bassa del Parlamento). I risultati saranno resi noti tutti insieme il 4 giugno.
Più ci si avvicina all’inizio delle votazioni e maggiore si fa la stretta dell’apparato governativo fedele all’attuale Primo Ministro Modi nei confronti dei partiti o candidati avversari, inclusi i credenti di religioni non induiste. Dalla metà di marzo, con una offensiva a favore della trasparenza dei bilanci dei partiti politici, ben guidata da giudici e ministri, è iniziato un vero e proprio “terrorismo fiscale e giudiziario” nei confronti dei partiti e leaders di opposizione che hanno portato il 28 marzo, come ultimo esempio di una lunga lista di atti antidemocratici, alla richiesta verso il principale partito di opposizione indiano di pagare altri 18,2 miliardi di rupie (218 milioni di dollari) in tasse, nel chiaro intento di paralizzare finanziariamente il partito ”Indian National Congress” (INC) di Rahul Gandhi, nelle settimane precedenti l’avvio delle elezioni parlamentari nazionali.
Già il mese scorso, al maggior partito di opposizione erano stati congelati fondi per un totale di 2,1 miliardi di rupie (25,3 milioni di dollari), nel tentativo di rallentarne l’azione politica di opposizione. L'ex presidente del Congresso Rahul Gandhi e sua madre Sonia Gandhi erano già stati entrambi interrogati nel 2022 dall'agenzia per i crimini finanziari che stava indagando sulle accuse di riciclaggio di denaro contro la famiglia Gandhi. Rahul successivamente era stato condannato a due anni di reclusione, incarcerato nel marzo 2023 per diffamazione nei confronti di Modi, squalificato e poi riammesso in Parlamento, suscitando proteste e scalpore internazionali.
Sempre in questi giorni, un tribunale indiano ha esteso la custodia in carcere del leader dell'opposizione e primo ministro di Delhi Arvind Kejriwal fino al 1° aprile, già in carcere per l’accusa di corruzione relativa alla politica sugli alcolici del territorio della capitale. La sua detenzione, a meno di un mese dall'inizio delle votazioni in India è brutto colpo per il suo partito “Aam Aadmi” (AAP), fondato 11 anni orsono proprio per combattere la corruzione del paese, ma anche per la più ampia alleanza dei partiti di opposizione.
Tutti casi palesi di come il Primo Ministro in carica Narendra Modi e il suo partito induista al governo Bharatiya Janata Party (BJP), vogliano vincere facile le elezioni, ammaestrando con ogni strumento di potere la democrazia del paese ed eliminando gli avversari scomodi. La guerra per la vittoria di Modi non si indirizza solo verso gli avversari politici, il 23 marzo l'Alta Corte di Allahabad ha vietato le scuole islamiche nello Stato più popoloso del paese, nell'Uttar Pradesh, affermando che viola la laicità costituzionale dell'India e ordinato che gli studenti vengano spostati in scuole convenzionali. La decisione colpisce 2,7 milioni di studenti e 10mila insegnanti in 25mila madrasse. Il governo indiano, nel tentativo di trasformarsi sempre più in un paese esclusivamente induista, vuole marginalizzare le altre comunità religiose, a partire dai musulmani, ed infatti nella nuova legge sulla cittadinanza, si escludono i migranti musulmani.
Una stretta politica e religiosa promossa da Modi e dal suo BJP che i cattolici bene fanno a scongiurare, almeno per ora, con preghiere e digiuni. Il governo di Washington si detto preoccupato per le intimidazioni giudiziarie verso le opposizioni indiane ma, viste le decine di processi a cui è sottoposto Donald Trump in patria, Nuova Delhi ha avuto buon gioco a chiedere di non interferire.