Elezioni anticipate. Conte e Salvini le vogliono
Porre fine prematuramente alla legislatura avrebbe, secondo il Capitano e l’Avvocato del popolo, l’effetto di premiare i pacifisti come loro e le forze antigovernative che predicano neutralità in guerra e massima focalizzazione sul rilancio dell’economia. Conte ha il coltello dalla parte del manico perché ha ancora in mano la più folta pattuglia di parlamentari
Si erano tanto amati, poi si erano tanto odiati, ora tornano a incrociare i loro destini. Sembra la trama di un tira e molla sentimentale, invece è la storia dei rapporti degli ultimi quattro anni tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Ufficialmente militano in schieramenti opposti, ma parlare di coalizioni in questa fase di grande subbuglio della vita socio-economica e anche politica, nazionale e internazionale, non sembra avere molto senso.
Con un governo di solidarietà nazionale che annacqua le differenze, ogni partito cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: da una parte sostiene l’esecutivo, dall’altra ne prende le distanze per compiacere il suo elettorato. Tuttavia, è un gioco che non può durare a lungo per il naturale logorìo che subirebbe Mario Draghi di qui al marzo 2023 (data di scadenza della legislatura) e per il galoppante sfilacciamento dei rapporti tra i partiti. Insomma, l’instabilità è dietro l’angolo, anche per la drammatica crisi che sta per abbattersi su famiglie e imprese, e dunque è comprensibile che gli “emarginati” di Draghi provino a rilanciarsi su un terreno diverso, quello della protesta contro il riarmo militare.
Giuseppe Conte è marginale nell’attuale quadro politico, non è neppure parlamentare e quindi deve puntare tutto sulla rivitalizzazione del Movimento Cinque Stelle, nonostante gli oppositori interni come Luigi Di Maio. Matteo Salvini è preoccupatissimo per il crollo verticale nei sondaggi e ritiene che di qui al voto della primavera 2023 il distacco dalla rivale Giorgia Meloni possa soltanto aumentare a beneficio di quest’ultima.
Porre, dunque, fine prematuramente alla legislatura avrebbe, secondo il Capitano e l’Avvocato del popolo, l’effetto di premiare i pacifisti come loro e le forze antigovernative che predicano neutralità in guerra e massima focalizzazione sul rilancio dell’economia, con una battaglia prioritaria per far scendere il costo di luce e gas. Si tratta di una sfida dal sapore populista, ma è l’unica che resta da combattere a entrambi per poter avere ancora un ruolo centrale nella prossima legislatura, senza essere definitivamente estromessi dai giochi.
Conte ha il coltello dalla parte del manico, perché ha ancora in mano la più folta pattuglia di parlamentari e dunque può almeno tentare di far cadere l’esecutivo o di tenerlo sulla corda. Non si dimentichi che la pensione per deputati e senatori alla prima legislatura scatta in automatico ai primi di settembre, quindi l’ipotesi di elezioni anticipate a ottobre, subito dopo l’estate, potrebbe trovare d’accordo molti pentastellati e leghisti che, in cambio della rinuncia ad altri sei-sette mesi di stipendio, potrebbero negoziare la ricandidatura con i rispettivi leader.
Più debole, invece, appare Salvini, che non può indossare fino in fondo i panni di Masaniello perché la Lega governa alcune delle regioni più produttive del nord, che vedono in Giancarlo Giorgetti un riferimento certo nell’attuale governo. Matteo è dunque tra l’incudine e il martello, perché da una parte vorrebbe rovesciare il tavolo e tuffarsi nella cosa che gli riesce meglio, cioè una nuova campagna elettorale a tempo pieno, ma dall’altra teme di perdere il controllo del suo partito.
E’ evidente che su questo scenario futuribile pesa come un macigno l’incognita guerra. Se il conflitto russo-ucraino cessasse a breve, Conte e Salvini avrebbero buon gioco nel portare avanti parallelamente il loro disegno, puntando sulla necessità di ridimensionare gli stanziamenti militari e di affrontare in via prioritaria l’incombente emergenza socio-economica che rischia di lasciare morti e feriti tra le famiglie e le imprese. Viceversa, se lo scenario internazionale si ingarbugliasse ulteriormente e non si arrivasse all’epilogo della guerra, sarebbe difficile spiegare agli elettori una eventuale ostinazione per il voto anticipato in autunno.
Al Quirinale pare siano preoccupati del gelo tra Conte ed Enrico Letta. I due, se andassero uniti alle elezioni, si contenderebbero la premiership e quindi devono distinguersi sui temi cruciali per i rispettivi elettorati. Non è davvero esclusa una corsa solitaria dei grillini, guidati da Conte ma anche supportati dal redivivo Alessandro Di Battista, in grado di catturare i voti dei duri e puri. Sarebbe un’occasione ghiotta per il centrodestra approfittare di questa divaricazione tra i due rivali, ma al momento la coalizione tra Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e cespugli centristi sembra tutto fuorchè un fronte unito.