Egizi, badesse e santi: così onorarono la birra
Si pensa che la birra abbia più di sei millenni. La traccia più antica è stata trovata in Mesopotamia (di 3.900 anni fa la prima ricetta ritrovata). Il più antico monastero ad averla prodotta è quello italiano di Montecassino. I frati consideravano la birra un vero medicinale. L’aggiunta del luppolo fu un’invenzione monastica dovuta a Ildegarda di Bingen e a santa Brigida di Kildare è attribuito un poema che ne canta le lodi.
Ci sono alimenti che vengono dalla notte dei tempi, dei quali non si hanno tracce scritte che ne confermi l’origine o il momento della creazione.
La birra è molto antica, ma a differenza di molti altri alimenti, è menzionata delle fonti scritte, che ci fanno pensare che questa squisita bevanda esisteva già più di sei millenni fa. Infatti, sono stati condotti dei test chimici su brocche antiche in ceramica, che hanno rivelato che la birra è stata prodotta per la prima volta circa 7.000 anni fa sul territorio dell'attuale Iran: possiamo considerare che si tratta di una delle prime opere note di ingegneria biologica in cui è stato impiegato il processo della fermentazione.
La traccia più antica di birra è stata trovata in Mesopotamia. Si tratta di una tavoletta sumera di 6.000 anni fa che ritrae delle persone intente a bere una bevanda da un recipiente comune, utilizzando cannucce di paglia. Mezzo millennio più tardi, nella fascia di territorio compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, una tavoletta assira nomina per la prima volta il mestiere di birraio.
In una poesia sumera risalente a 3900 anni fa che onora Ninkasi, la divinità patrona della produzione della birra, troviamo la più antica ricetta esistente di birra. E la birra viene citata anche nell’“Epopea di Gilgamesh”, in cui viene servita al selvaggio Enkidu. La birra è presente in tutte le civiltà che coltivavano cereali, compreso l'Egitto, a tal punto che nel 1868 James Death ha proposto la teoria nel suo libro “The Beer of the Bible” secondo cui la manna dal cielo che Dio ha dato agli Ebrei era una birra a base di pane, simile al porridge, chiamata wusa.
In Europa – prima in quella del Nord e, in seguito, anche nel resto del continente – alcuni monasteri iniziarono a fabbricare birra per consumo interno già nell’VIII secolo. Nell’anno 1000 d.C. la birra passa da una produzione casalinga ad una prima produzione industriale; è così che nasce la figura del mastro birraio, che con la sua arte ha evitato molte malattie causate dall’acqua infetta, molto comune nel Medioevo. Il processo di elaborazione della birra eliminava invece i batteri. All’epoca era l’unica alternativa per monaci e per poveri, visto che nel Nord Europa non c’era vino (cosa che non succedeva nel Mediterraneo per ovvie ragioni) e il tè, il caffè e la cioccolata sono arrivati solo molto tempo dopo.
Il più antico monastero ad aver prodotto birra è quello italiano di Montecassino, seguito dal monastero benedettino di Weihenstephan, nei pressi di Monaco di Baviera e dalle abbazie belghe, ognuna delle quali possiede la propria birreria. E sono i monaci che, con il tempo, sostituiscono il tino di coccio con un recipiente in rame, che rende la birra migliore e ne fa un’eccellenza monastica. E sempre in tema di innovazioni, l’aggiunta del luppolo nel processo di fabbricazione della birra fu sempre un’invenzione monastica, dovuta a Ildegarda di Bingen.
Il luppolo, che è molto bello da vedere per via dei fiori che sembrano pannocchie e che ha delle proprietà terapeutiche già note, impedisce alla birra di deteriorarsi. Fino all’uso del luppolo, la birra era molto densa e un po’ dolciastra, a causa degli zuccheri dei cereali e si deteriorava presto. Infatti il luppolo agisce come antibatterico e conservante, donando stabilità alla birra e permettendole di mantenere a lungo le sue caratteristiche. L’innovazione portata dal luppolo è multipla: non solo combatte i batteri, ma consente alla birra di chiarificarsi, di decantare e depositare i frammenti solidi. Inoltre il luppolo porta un sapore amarognolo che, mescolato al dolce, da una grande armonia alla birra.
I monaci della Baviera sono anche autori, tra le altre cose, di un nuovo sistema di fermentazione della birra. Grazie alla sua conservazione nel fresco delle cantine, alcuni lieviti fermentano più lentamente, consentendo in questo modo una migliore conservazione della birra. Il procedimento prese il nome tedesco di lager, che significa, appunto, deposito, magazzino.
Nel 1516 la corretta preparazione della birra viene regolamentata da Guglielmo IV con un editto chiamato Reinhetsgebot, (“editto della purezza”). I frati consideravano la birra un vero medicinale dai poteri terapeutici e medicamentosi: veniva somministrata ai convalescenti come ricostituente, alle partorienti affinché producessero più latte ed usata come medicinale per migliorare la digestione e la circolazione del sangue.
Ci sono due tipi di birra monastica: di abbazia e trappista. La birra d’abbazia viene fabbricata con i metodi artigianali in uso nelle abbazie belghe durante il Medioevo. Molti monasteri sono ormai scomparsi o sono stati ceduti a proprietà laiche, a cui è stata venduta anche la ricetta della birra. Dunque con il termine Abbazia si indica solo la provenienza antica e monasteriale del metodo con cui vengono realizzate ancora oggi le birre d’abbazia. Un processo che prevede un’alta fermentazione, una rifermentazione in bottiglia e un prodotto finale corposo con grado alcolico tra i 6% e i 9%.
La rifermentazione può essere doppia, tripla o quadrupla. In Belgio vi sono circa 70 marche di birra d’abbazia, dedicate a monasteri, chiese, santi o altre comunità religiose. Nonostante ciò, la loro produzione è in gran parte laica e commerciale: tra le marche più note ricordiamo la Leffe, la Grimbergen, la Abbaye de Cambron ecc.
Le birre trappiste sono prodotte da secoli e ancora oggi dai monaci trappisti (ordine cistercense dalle regole antiche e austere, nato in Francia nel Seicento nel monastero di La Trappe, che ha resistito all Rivoluzione francese). L’ordine dei trappisti, molto attivo nella produzione della birra, ha raggiunto un grande successo a livello europeo. In passato esistevano numerose abbazie trappiste che producevano birra in vari Paesi, oggi ne sono rimaste attive solo dodici, ubicate in Belgio, Olanda, Germania, Stati Uniti, Austria e Italia.
Queste abbazie sono le uniche al mondo a poter produrre birra trappista e nel 1997 si sono riunite nell’Associazione Trappista Internazionale (ITA) con l’obiettivo di garantire il rispetto di un’etica di produzione e di commercializzazione molto rigida e di tutelare il marchio “Authentic Trappist Product”.
Gli esperti degustano la birra con la stessa attenzione con la quale si degusta un buon vino. È importante non solo il modo in cui si versa e la temperatura di servizio, ma anche il tipo di bicchiere che si sceglie per consumarla. A seconda del tipo di birra, i bicchieri variano: alcune birre richiedono il bicchiere alto e stretto, altre la coppa, altre ancora sono ottime in un boccale con manico, in un bicchiere a tulipano ecc. (foto).
A santa Brigida di Kildare (451-525), la santa che, secondo la tradizione, ha tramutato l’acqua in birra, badessa di uno dei primi monasteri irlandesi, che ha continuato l’opera di evangelizzazione di san Patrizio, è attribuito un bel poema postumo dedicato alla birra: "Vorrei un grande lago della birra migliore. Per il Re dei re. Vorrei una tavola carica di cibi più ghiotti. Per la famiglia del cielo. Che la birra sia distillata dai frutti della fede. E il cibo sia l’amore che perdona".