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"PRIMAVERA" AL TRAMONTO

Egitto, una rivoluzione tutta da rifare

I militari stringono e per il popolo sono i nuovi dittatori. Ma saranno
i Fratelli Musulmani i probabili vincitori delle elezioni del 28 novembre.

Attualità 22_11_2011
Disordini in Egitto


La rivoluzione in Egitto è ricominciata? È mai iniziata? Oppure non si è mai arrestata? Qualunque sia la risposta, Piazza Tahrir al Cairo è nuovamente in preda agli scontri violenti. Più di quaranta morti e più di mille feriti negli ultimi tre giorni. Numerosi arresti Sembra di essere tornati al punto di partenza con l’unica differenza che al potere non c’è più il vecchio Hosni Mubarak, ma il Consiglio Supremo delle Forze Armate. Anzi, si potrebbe dire che alla vigilia delle elezioni parlamentari previste per il prossimo 28 novembre, la situazione sia addirittura peggiorata o per lo meno sia terribilmente confusa e caotica.

L’oggetto del contendere è il cosiddetto "documento al-Selmi", ovvero la "carta dei princìpi costituzionali" redatta dal viceministro per gli Affari Politici Ali al-Selmi, membro del Partito Wafd. Presentato lo scorso 1° novembre, il testo aveva lo scopo di delineare i princìpi sovracostituzionali e stabilire i criteri per la scelta dei membri dell’Assemblea costituente. Ebbene, il documento è stato stroncato da un numero elevato di forze politiche, tra cui il probabile futuro candidato Muhammad Baradei, il gruppo "Siamo tutti Khaled Said”" il movimento "6 aprile" e il Partito liberale al-Adl. Fino a questo punto, nessuno stupore: si tratta infatti di personaggi e di movimenti che, in occasione del referendum dello scorso marzo, si erano in linea di massima espressi contro la riforma costituzionale e a favore di una riscrittura ex novo della costituzione.

Tuttavia, la riunione del 1° novembre è stata boicottata anche dal Partito della Libertà e della Giustizia, ossia dai Fratelli Musulmani dalla Gamaat al-islamiyya, e dal partito salafita al-Nur, cioé dal fronte che si era schierato a favore degli emendamenti alla Costituzione. Allo schieramento del "sì" appartenevano anche l’esercito e il vecchio partito di Mubarak. Occorre del resto rammentare che, in occasione del suddetto referendum, la coalizione tra Fratelli musulmani, esercito e vecchio partito mubarakiano aveva ottenuto lo schiacciante risultato del 77,2% dei suffragi.

Otto mesi dopo, però, questo idillio sembra essere svanito. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate, che dal febbraio 2011 governa in modo collettivo il paese dei Faraoni, sembra avere deluso gli alleati. Alcuni punti del documento al-Selmi sono stati giudicati un eccesso di potere da parte del Consiglio. Nella "Bozza della Dichiarazione dei Principi Fondamentali per nuovo Stato egiziano" - questo il nome ufficiale del documento- si legge per esempio: «Solo lo Stato formerà le forze armate, che sono proprietà del popolo e che hanno come missione quella di proteggere il Paese, l’integrità, la sicurezza e l’unità del suo territorio e difenderne la legittimità costituzionale. Non è concesso a nessuna organizzazione o partito di formare corpi militari o paramilitari». E ancora: «il Supremo Consiglio delle Forze Armate è l’unico responsabile di tutte le questioni che riguardano le forze armate e di discutere il suo budget che dovrebbe comparire come un’unica voce nel bilancio annuale dello Stato. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate è anche l’unica istituzione competente ad approvare tutti gli atti che riguardano le Forze armate».

Ma l’affermazione che ha fatto saltare ogni alleanza, e soprattutto privato di credibilità al documento, è la seguente: «Se la bozza di costituzione preparata dall’Assemblea costituente include uno o più provvedimenti contrari ai principi basilari dello Stato e della società egiziana, ai diritti e alle libertà pubbliche che sono state previste per le prossime costituzioni, compresa la dichiarazione costituzionale del 30 marzo 2011 e le dichiarazioni costituzionali emesse sinora, il Consiglio Supremo delle Forze Armate, poiché detiene i poteri del presidente della Repubblica nella fase di transizione, richiederà all’Assemblea costituente di riconsiderare tali provvedimenti entro 15 giorni al massimo. Qualora l’Assemblea non accetti di farlo il Consiglio presenterà la questione alla Suprema Corte Costituzionale che emetterà una decisione sulla questione entro sette giorni dalla data della sottomissione del quesito».

Si legge anche che «qualora l’Assemblea costituente non completi la bozza di costituzione entro sei mesi, il Consiglio Supremo delle Forze Armate formerà una nuova Assemblea costituzionale». Non solo, ma l’Assemblea costituente rispetterà solo in minima parte la percentuale di rappresentanti eletti al Parlamento per ogni singolo partito, poiché i suoi membri saranno in gran misura scelti tra «tutti i segmenti della società egiziana». In poche parole, il Consiglio Supremo delle Forze Armate sta già mettendo le mani in avanti e si presenta come il nuovo dittatore da sconfiggere. Il risultato è quello di unire gli opposti: dai Fratelli musulmani ai partiti laici. Dalla sua parte solo i vecchi partiti, quali il Wafd e il Tagammù.

Questa mossa potrebbe anche essere un’arma di difesa nei confronti di una molto probabile schiacciante vittoria dei Fratelli musulmani alle prossime elezioni. Ciò non toglie che l’effetto immediato e la sensazione dominante in Egitto sia quella di un’ulteriore allontanamento dalla tanto agognata democrazia. Tutto questo conferma comunque che la democrazia, imposta dall’esterno o ottenuta rapidamente e senza una vera idea portante, non può avere come risultato una situazione idilliaca e facile. In Egitto è ormai evidente che l’esercito non voglia abbandonare il potere, che i Fratelli musulmani lo vogliano conquistare al più presto, che i liberali sognino di arrivare un giorno al potere. Ricordo come, durante il primo soggiorno al Cairo, un amico mi disse che in Egitto tutto funziona con il metodo IBM ovvero In shà Allah (Se Dio vuole), Bokra (domani), Maalesh (non importa)… e forse anche la democrazia segue purtroppo lo stesso metodo.